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Arte

I bestiari

La malattia non è una punizione divina, così da medico ho affrontato il mio tumore

Il dottor Corrado Lodigiani, Primario all’Unità Ospedaliera - Malattie Emorragiche di Rozzano a Milano, racconta come ha affrontato il suo tumore al sangue all'età di 47 anni

“Senza paura e malattia la mia vita sarebbe una barca senza remi”. Edvard Munch

L’etimologia della parola malattia deriva dal greco malakia (debolezza) e dal latino male-aptus (malconcio), successivamente anche definita male-actio (malattia indotta o causata da un’azione errata).

L’argomento malattia suscita in ognuno di noi reazioni differenti, soprattutto quando viviamo questa delicata esperienza in prima persona. C’è chi vive una semplice influenza come un dramma e chi affronta la sofferenza, quella vera, con assoluta imperturbabilità e resilienza; c’è chi, meschinamente, trae forza dalle sofferenze altrui e chi invece per sua natura sa sostenere e sorreggere empaticamente l’altro, nel suo percorso di cura. Molte malattie suscitano compassione, mentre altre, ancora oggi, risultano incomprese o difficili da gestire nella loro complessità. C’è chi, da sano, si finge malato per assentarsi dal lavoro, e chi invece è realmente cagionevole, ma rifiuta l’idea di perdere anche solo un giorno lavorativo.

Nel regno animale, ogni specie reagisce nei confronti della malattia secondo codici comportamentali propri. I gatti – magiche presenze terrestri – scelgono il ritiro, sia che si tratti di una malattia temporanea, sia che si tratti di una malattia che li condurrà alla morte. Il commiato è insito nel loro istinto naturale, nascondersi in quanto malati, li sottrae da potenziali predatori i quali potrebbero attaccarli, poiché deboli e privi di forze.

La malattia, per un animale o un essere umano, è di fatto un’esperienza traumatica, è un evento che rompe un equilibrio nella sua continuità. Ogni malato ripone nel proprio Medico Curante tutte le sue speranze di guarigione, considerandolo eroico e immune dalla malattia fisica o da altri incidenti di percorso
che la vita può riservare nella sua imprevedibilità o fatalità, ma cosa accade quando è un Medico ad ammalarsi? Come vive il suo stato di malattia? Come vive il passaggio da Medico a Paziente? L’ho chiesto al dottor Corrado Lodigiani, Primario presso l’Unità Ospedaliera – Malattie Emorragiche di Rozzano – Milano – e questa è la sua storia.

La storia è complessa. Ho scoperto di essere affetto da gammopatia monoclonale di significato indeterminato, detta MGUS, (monoclonal gammopathy of undetermined significance) attorno agli anni 2005 – 2006. La gammopatia monoclonale è un’alterazione delle elettroforesi delle proteine, la quale può a volte sfociare in quello che viene definito mieloma multiplo, ossia un tumore del sangue.

Come si è presentata questa malattia?

L’ho scoperto semplicemente attraverso dei controlli di routine, se non ricordo male facendo degli esami occasionali per la Medicina Preventiva del Lavoro. Non so nemmeno se definirla malattia, perché di fatto a livello scientifico è un’alterazione biochimica delle elettroforesi delle proteine.

Per questo, poco fa, l’ha definita complessa?

Non solo. In quegli anni, mi riferisco alla diagnosi del 2005-2006, la situazione sembrava assolutamente gestibile, facevo controlli semestrali o annuali, gestendo questa gammopatia monoclonale, continuavo pertanto a condurre serenamente la mia esistenza, di fatto per molto tempo i valori della curva dell’elettroforesi sono rimasti stabili e pressoché buoni, poi però è accaduto l’inaspettato.

Mi sembra di intuire, nelle sue parole, che qualcosa nel corso degli anni è cambiato, dico bene?

Esatto, nel 2017 i componenti e i valori del tracciato dell’elettroforesi hanno iniziato ad aumentare e nel 2018 hanno avuto un picco significativo, successivamente ho iniziato a percepire un dolore alle scapole e alla colonna vertebrale, quindi mi sono sottoposto a risonanza con esito di lesione litica, la quale insieme all’anomalia del tracciato elettroforetico hanno portato alla diagnosi, in tutta la sua chiarezza: mieloma multiplo.

Come l’ha vissuta questa diagnosi?

Penso di essere una persona coraggiosa, tuttavia non so quali siano gli strumenti per fronteggiare una diagnosi, se con coraggio o altro, forse il mio unico vantaggio, se così lo possiamo definire, è stato conoscere scientificamente questo problema, mi occupo di problematiche correlate alla coagulazione del sangue e quindi essendo una
branca dell’ematologia, sapevo perfettamente cosa fosse un mieloma multiplo. Avevo 47 anni quando ho ricevuto questa diagnosi, ero diventato Primario da circa quattro anni e quindi mi trovavo nel pieno della mia attività professionale, stavo iniziando a raccogliere i frutti relativi a ciò che avevo implementato all’interno dell’ambito lavorativo, pertanto innegabilmente un po’ di destabilizzazione l’ho avvertita. Il Medico mi diede la notizia inviandomi la diagnosi definitiva tramite messaggio sul cellulare il 31 Dicembre 2018 alle ore 21:30, non lo dimenticherò mai. Ero in montagna, a cena con mia moglie, mio figlio e un suo amico, ora voglio dire, è vero che sono un Medico e che la diagnosi dentro di me l’avvertivo, ma ricevere una diagnosi cosi delicata, la sera del 31 Dicembre l’ho trovata una modalità direi bizzarra, per non utilizzare altri termini; non tanto per la comunicazione della diagnosi tramite messaggio ma piuttosto perché riferita il 31 Dicembre, quando ognuno di noi, solitamente, sta trascorrendo quella serata circondato dai propri affetti oppure è immerso in un clima di serenità e di festa. Me l’avesse comunicata il 2 Gennaio avrebbe avuto, su di me, tutto un altro impatto, anche perché non cambiava nulla, anzi avrei visto in questo Medico empatia e attenzione nei miei confronti, ma così non è avvenuto; per questo motivo non ho voluto mi seguisse nel mio percorso di cura.

 

bestiari - malattia - giovanni fornoni

Morbus – collage fotografico e inchiostro 30×40 cm. 2023

 

Quindi il problema, a monte, sono le modalità con cui vengono comunicate le diagnosi, più che le diagnosi in sé, è questo che vuole dire?

Esattamente, penso che il tatto e la capacità nel comunicare determinate diagnosi siano prerogative fondamentali, soprattutto se svolgi o vuoi svolgere decentemente la professione di Medico. Potremmo anche ampliare questa argomentazione, non solo facendo riferimento alle diagnosi, ma anche nel percorso di cura di un paziente. Le faccio un esempio, sperando possa servire anche a coloro i quali leggeranno questa intervista, molti pazienti, soprattutto riferendomi a questa specifica diagnosi, si trovano a leggere i foglietti illustrativi delle terapie, detti anche bugiardini, i quali sono tutt’altro che rassicuranti, se in quelle circostanze non hai accanto un Medico che ti sostiene ed è pronto e accorto nell’approfondire e rassicurare, il percorso di cura può realmente diventare tortuoso, innescando dubbi, frustrazioni e sconforto nei pazienti.

Il mieloma multiplo è quindi curabile?

Anni fa, non lasciava scampo e la diagnosi pertanto era assolutamente infausta, mentre in questi ultimi anni – soprattutto nello specifico campo del mieloma – c’è stata una vera e propria rivoluzione in termini di cura, direi straordinaria. Attualmente viene considerata ancora una malattia incurabile, non esiste pertanto una guarigione, ma le cure attuali portano ad una possibilità di cronicizzazione della patologia, grazie a delle terapie, le quali in alcuni periodi, consentono addirittura di neutralizzare questo tumore e queste cellule patologiche che proliferano in modo eccessivo, oppure tenendole sopite per un certo periodo di tempo. Un caso analogo e illustre che sento di poter nominare poiché lui stesso ha reso pubblica questa patologia è il pianista Allevi. Siamo sulla stessa barca. Entrambi abbiamo ricevuto il trapianto di midollo osseo.

Nemmeno con il trapianto quindi è possibile debellare completamente questa malattia?

Sono guarigioni transitorie, a volte propriamente dette “remissioni” le quali possono durare mesi o anni, ma successivamente e inesorabilmente la malattia si ripresenta e quindi bisogna sempre sperare che ci sia una terapia diversa, poiché non ha senso ripetere la precedente, in quanto considerata fallimentare. Quindi è un continuo
“match” con la malattia, anche attraverso terapie impegnative come la chemioterapia associata ad immunoterapia. Ecco perché prima sottolineavo quanto sia importante comunicare correttamente questa diagnosi e quanto successivamente sia opportuno spiegarla e approfondirla seriamente nella relazione Medico/Paziente.

Penso non sia facile vedersi paziente quando solitamente la propria vita è dedicata a prendersi cura dell’altro. Quanto le è pesato doversi assentare dal suo ruolo di Primario?

Durante la chemioterapia e immunoterapia, sono riuscito a non assentarmi dal lavoro, pertanto nei sette mesi di cura ho continuato a lavorare, per quel che mi riguarda le dirò che lavorare è stato in qualche modo utile e terapeutico, poiché quotidianamente cercavo di essere positivo e propositivo nei confronti dei miei pazienti, di fatto probabilmente era un modo per farmi forza e reagire, ma anche un monito per aiutare quei malati particolarmente demotivati e demoralizzati, ai quali spesso ho detto: “Guardi me, anch’io ho un tumore eppure sono qui, lavoro e la sto assistendo; insieme ce la possiamo fare”. Da paziente ho compreso quanto sia fondamentale, in un percorso di cura, non sentirsi abbandonati dai proprio Medici e dai propri Infermieri. Per un paziente, nella sua fragilità, sono loro il vero centro vitale di benessere temporaneo e/o permanente. Sebbene la tecnologia sia un valido aiuto, non dobbiamo perdere l’aspetto umano, poiché una carezza, un sorriso, uno sguardo benevolo, rimangono impagabili ed estremamente fondamentali. La gestualità nella sua autenticità e nella sua purezza, è più di una terapia, mi creda, aiuta moltissimo soprattutto dal punto di vista psicologico.

Ha parlato di tecnologia. Oggigiorno molti di noi cercano diagnosi e soluzioni on-line, a volte sostituendosi persino ai nostri curanti, cosa ne pensa a riguardo?

La rete, al giorno d’oggi, è un ottimo mezzo ma bisogna avere gli strumenti interpretativi idonei per rapportarsi a quelle che sono le tematiche scientifiche e mediche. Approfondire va bene, ma solo dopo aver ricevuto le diagnosi dai propri Medici, avvalendosi inoltre di siti qualificati e non esplorando siti estemporanei o mal gestiti. Non facciamoci auto-diagnosi o auto-terapie da soli tramite internet.

Oriana Fallaci considerava il suo tumore come un “alieno” o un “intruso”, mentre Michela Murgia rifiutò di considerarlo come un nemico da sconfiggere, non le piaceva utilizzare aggettivi come “battaglia” o “guerra da sconfiggere” – lei cosa ne pensa?

A me semplicemente è bastato non considerare questo tumore come una punizione, una sfortuna o un destino infausto, tuttavia lo considero un avvenimento della vita non piacevole che va affrontato, convivere con questa malattia non sempre è stato facile, poiché in alcune circostanze ha compromesso seriamente moti aspetti della mia vita personale, un viaggio oltreoceano per me ora è impensabile poterlo programmare poiché potrebbe espormi a rischi di infezione molto alti, sono reduce da cinque polmoniti gravissime durante le quali ho realmente rischiato la vita. Parliamoci chiaro, qualsiasi essere umano spera di non morire o meglio spera di non soffrire, nel mio caso ciò che mi spaventa maggiormente non è la morte, ma la sofferenza. Morire, a volte, può essere persino una liberazione.

Durante la malattia c’è qualcuno o qualcosa a cui si è aggrappato?

Ai miei affetti, alle persone a me care, a mio figlio. Ho molto pensato anche ai miei genitori, ormai ottantenni, ai quali ho dato senz’altro un dolore, non volevo soffrissero per me. La malattia porta preoccupazioni e frustrazioni, non solo a se stessi, ma anche alle persone che ci stanno accanto. A volte persino farsi una semplice doccia è un problema, perché mancano le forze, se uno non ha accanto qualcuno che lo sostiene diventa tutto più complicato, questo se non altro a me non è accaduto. Comunque la malattia è tua, solo tua, il dolore, la sofferenza, la tristezza sono solo di chi li vive, col rischio aggiunto di “trasferirle” a chi ci è accanto, quindi oltre all’essere malati occorre avere anche molta consapevolezza e capacità nel gestire la propria malattia e il proprio spettro emozionale. Dopo il trapianto ho persino avuto una recidiva, lì ammetto di aver avuto un cedimento psicofisico molto serio, ecco perché avere un obiettivo è importante, il mio non era quello di sconfiggere la malattia, ma la sofferenza. Così, tra la vita e la morte ho voluto approfondire il discorso della recidiva chiedendo il parere ad altri esperti e ho cambiato Ospedale, affidandomi alla cure di un Medico che ho scelto, non solo per la sua straordinaria competenza professionale, ma anche per la sua innata empatia, mi sono sentito accolto, ascoltato e non solo curato attraverso un farmaco, ma curato nella mia complessità di paziente e individuo. Pertanto mi sono sottoposto ad una terapia sperimentale chiamata CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T cell therapies) presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di via Venezian, qui a Milano.

Crede in Dio?

Sono cattolico, ma non molto praticante. Durante la malattia non ho mai pregato per me, ma ho pregato per altri, l’ho sempre fatto ancor prima che sopraggiungesse questa malattia, ogni mattina recito una preghiera pensando a tutte le persone che soffrono e non solo per questioni correlate alla malattia, come saprà la sofferenza ha molteplici aspetti. Non penso che la malattia venga debellata pregando Dio, così come non penso che la malattia sia un suo castigo o una sua punizione, penso sia un percorso della nostra esistenza, tuttavia quando ho saputo che molti miei pazienti hanno pregato per me, non nego che mi sono commosso, oltre ad aver provato una profonda riconoscenza e gratitudine nei loro confronti.

Quando ha iniziato a stare meglio, c’è qualcosa che ha voluto fare assolutamente?

Ho preso un cane e ho acquistato una casa a Venezia. Volevo fare qualcosa di significativo per me. Il mio cane, Emma (chiamata così in onore di Emma Thompson) m’ha nutrito di un amore incondizionato che solo gli animali sanno trasmettere. Venezia, invece, oltre ad emozionarmi, racchiude da sempre la mia passione per la bellezza, per l’arte, per la cultura…e poi c’è il mare.

Come vede la Sanità attualmente, come stiamo andando?

Io posso esprimermi sulla realtà Lombarda, poiché è quella che da Medico conosco meglio, ed è un’eccellenza, tuttavia mi sento di dire che la Sanità Italiana è una delle migliori al mondo, se non addirittura la migliore. Sicuramente ci sono anche dei problemi che vanno affrontati e non taciuti.

Quali?

La carenza di Medici e soprattutto di Infermieri, la carenza di strutture ospedaliere in molte zone d’Italia, o in zone dove i soldi sono stati investiti e spesi male. Diversamente, là dove esistono strutture straordinarie e all’avanguardia ci sono difficoltà causate della mancanza di personale sanitario. Va detto che un Infermiere, oggi laureato, svolge un lavoro pesantissimo ma non viene assolutamente sostenuto nelle sue turnazioni orarie – anche attraverso una retribuzione congrua e adeguata, questo purtroppo in Italia non avviene. Queste “carenze” portano la professione ad essere vista come poco attraente – rimane sì una missione – ma il lavoro, proprio perché tale, passa anche da una “riconoscenza” economica adeguata. Mentre per i Medici le questioni medico-legali sono sempre più articolate e difficili da gestire, e questo le assicuro che non è semplice e a volte diventa un deterrente. Allo stato attuale la Sanità Italiana ha gli stipendi più bassi d’Europa, quindi è comprensibile che un giovane Medico o un Infermiere, preferisca migrare in Francia, Germania, persino in Spagna, poiché le modalità di lavoro e gli stipendi sono maggiormente adeguati.

È un peccato perché noi mediterranei siamo speciali, poiché rispetto ai nordici, oltre alla nostra eccellente professionalità ci contraddistinguiamo per la “pietas”, ossia il prendersi cura degli altri indistintamente, anche nella cura dei più deboli e degli emarginati, rispettandoli nella loro integrità di individui. Il Medico italiano è difficile
che ragioni come un Medico anglosassone, il quale ad esempio nei confronti di un fumatore potrebbe non curarlo con il Sistema Sanitario Nazionale, poiché le sue patologie sono la conseguenza del suo essere fumatore e quindi dovrebbe provvedere alla sua salute pagando di tasca sua. Ho portato l’esempio dei fumatori ma potremmo
estenderlo anche a tanti altri fattori, ecco la Sanità Italiana non ragiona in questi termini, noi non seguiamo questo modus operandi, noi abbiamo un Sistema Sanitario Nazionale che garantisce le cure, eticamente, senza distinzioni o discriminazioni.

C’è qualcosa che vorrebbe consigliare a chi, in questo momento, ha ricevuto una notizia sconfortante in merito al proprio stato di salute?

Consiglierei di non scoraggiarsi e di cercare assolutamente un Medico con il quale instaurare un rapporto significativo in quella che è la dimensione Medico/Paziente. IlMedico va cercato, a tutti i costi. A volte può sembrare freddo o distaccato per difesa o timidezza, ma nella costruzione della relazione difficilmente un paziente si sentirà
rifiutato. In una malattia grave, è necessario sentirsi curati da un Medico che in qualche modo vuole il nostro bene, che si interessi a noi, non come numeri, ma come esseri umani. Così come consiglio a tutti i pazienti di aprirsi e di raccontarsi – la comunicazione è importante – poiché nell’apertura si trovano le ragioni per cui vale la
pena vivere, anche da malati.

La ringrazio per averci parlato della sua esperienza e del tempo che mi ha dedicato.

Grazie a lei e in bocca al lupo per i suoi Bestiari.

 

bestiari - malattia - giovanni fornoni
Corrado Lodigiani

 

Dott. Corrado Lodigiani, Direttore UO Trombosi e Malattie Emorragiche IRCCS Humanitas Research Hospital Rozzano – Milano.

* Giovanni Fornoni ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano.
All’attività di artista affianca quella di docente. Con i suoi Bestiari sovrappone o accosta la condizione umana a quella animale, indagando simbolicamente fatti di
cronaca contemporanea, mettendo in rilievo verità ataviche, antropologiche, sociali e culturali.

Immagine dell’opera: Morbus – collage fotografico e inchiostro 30×40 cm. 2023
Freepik archive, image reworked by the Artist

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