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Centrodestra

Sindaco di Bergamo, Luca Tiraboschi: “Pronto, amo la mia città, ma il mio nome dev’essere condiviso”

L'ex manager di Mediaset, per la terza volta corteggiato dal centrodestra, non si nasconde. E sulle similitudini con Gori risponde: "Diversi, anche politicamente. Lui un topo di città, io di campagna"

Bergamo. “Ho dato la mia disponibilità a mettermi in gioco per le amministrative del 2024. Amo Bergamo: è la mia città, la guardo e la vivo costantemente. Ho tempo, energia e volontà. Sono pronto. Questa volta sì”.

Non si nasconde Luca Tiraboschi, ex manager Mediaset, per 35 anni impegnato in televisione e diviso tra il ruolo di direttore di Italia Uno e Canale Cinque, ruolo ricoperto proprio dopo la scelta di Giorgio Gori, attuale sindaco del capoluogo lombardo, di lasciare l’incarico per darsi alla politica. Oggi, diviso tra la Svizzera, dove vive e dove svolge la professione di scrittore e fumettista, e Bergamo, dove torna praticamente ogni settimana, anche perché i suoi affetti più cari, tra cui la figlia Margherita, la seconda, vive qui. Un salto anche in Valle Brembana non manca mai di farlo, dove, peraltro, lo raggiungiamo telefonicamente. Le sue quotazioni salgono, proprio per via di una chiamata che pare sia arrivata da Fratelli d’Italia, primo partito in Italia, alla ricerca di una figura civica da candidare, in accordo con la coalizione, per la sfida dell’anno prossimo.

Il suo nome è stato sempre accostato alle ultime tornate elettorali che hanno coinvolto Bergamo. Prima nel 2014, poi nel 2019, ora nel 2023: è la terza volta che la politica del territorio torna a bussare alla sua porta e questa volta l’epilogo è differente.

Nel 2014 a contattarmi fu l’allora dirigenza del Pdl che, ai tempi, era il primo partito in Italia. Mi lusingò moltissimo la proposta, ma il mio fu un rifiuto immediato per via del fatto che ero all’apice della mia carriera. Lavoravo ancora in televisione e non me la sentii di accettare. Poi fu la volta del 2019 dove la Lega mi corteggiò e fui ad un passo dal dire sì. Partecipai infatti anche ad una serie di riunioni. Poi il destino volle altro: un problema molto grosso mi portò via dall’Italia, mi trasferii in Svizzera per risolverlo. Ma senza successo. Sono un uomo di vecchio stampo, molto onesto, quando sbaglio lo riconosco e quando non riesco a centrare un obiettivo o a risolvere una questione pure. In questo caso è andata così. Per via di quella faccenda mi sono dimesso da Mediaset e fui costretto a dire di no. Oggi la situazione è differente e per questa ragione ho dato la mia disponibilità e sono pronto a mettermi in gioco, facendo una premessa fondamentale.

Quale?

Quella che, se mai fosse, il mio nome deve essere condiviso. E questo discorso credo valga per qualunque altra figura si prenda in considerazione, non solo la mia. La scelta deve essere infatti chiara, definitiva, frutto di una visione comune. Bando ai personalismi o ai protagonismi, questo è quello in cui credo. Del resto anche la mia esperienza professionale lo racconta: ho lavorato in team per moltissimi anni, so perfettamente quanto è importante e proficuo il lavoro del gruppo e quanto meno quello del singolo. Quella che si prenderà dovrà essere una volontà maturata dunque senza strappi, remando tutti dalla stessa parte. Non voglio infatti che ci siano divergenze o incomprensioni. Del resto si vince solo se si corre uniti, animati dai medesimi obiettivi. Certi che il passo successivi sarà quello di dialogare immediatamente con il territorio che non solo va visto e osservato, ma anche e soprattutto ascoltato, cercando di dare voce a quante più persone possibili, associazioni o categorie. In questo credo moltissimo. Io, ad esempio, amo stare in mezzo alla gente, prendo i mezzi pubblici, cerco di mettermi in discussione dialogando con tutti. Sono fatto così. E credo che i bergamaschi abbiano tutto il diritto, a scelte fatte, di poter esprimere la preferenza politica su una città che appartiene prima a loro che a tutti gli altri. La decisione finale appartiene ai cittadini, come è giusto che sia, nel massimo rispetto della democrazia.

La sua figura è molto simile a quella dell’attuale sindaco, Gori: entrambi manager d’esperienza, con una carriera nel mondo della televisione e persino con la stessa laurea in architettura. Crede che sia una casualità o una scelta mirata?

Ci sono molte similitudini tra me e Gori, ma anche molte differenze, soprattutto caratteriali. Giorgio (Gori ndr) è certamente un uomo capace, ambizioso e con grandi risorse. E anche quanto ha fatto per Bergamo lo dimostra. Io sono una persona capace di prendersi le sue responsabilità fino in fondo, molto onesto intellettualmente oltre che un grande combattente. Ma siamo diversi, anche caratterialmente. Diciamo così: io sono più un topo di campagna e lui uno da città. Io giro con la camicia a quadrettoni con il risvolto alle maniche e lui in giacca e cravatta (ride ndr). Ma anche io come lui, divento un leone quando mi metto in mente qualcosa. Per quanto riguarda questo impegno, se davvero fossi il candidato, la vivrei come una forma di ringraziamento nei confronti della mia città, come la possibilità di restituire qualcosa a Bergamo. Per il resto credo che non ci siano parallelismi da fare, anche la visione politica che abbiamo è differente.

Il centrodestra ha più volte dichiarato, per bocca dei suoi protagonisti, che l’attuale amministrazione ha fatto molto, alcune cose bene, altre no. Ma non tutto è da buttare. Anche lei la pensa in questo modo?

In questo momento non ho nessun diritto e nessuna autorizzazione per dire ciò che di buono o meno è stato fatto dall’amministrazione Gori. Credo che questi temi, trattati anche nello specifico, siano davvero argomenti importanti e di sostanza che andranno trattati più nel momento in cui si parlerà di programma che facendo un’analisi complessiva.

Come dire, tempo al tempo.

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