• Abbonati
La polemica

“Noi medici di base non siamo il filtro per l’ospedale: chiariamo il nostro ruolo”

La Federazione Medici di Medicina Generale Bergamo invita a riflettere sulle problematiche dei camici bianchi

Riceviamo e pubbblichiamo una nota della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale Bergamo che prende spunto dai numerosi articoli dei gironali sull’ambulatorio ad accesso diretto e da alcune affermazioni rilasciate a Bergamonews dal professor Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto Mario Negri.

Ancora una volta ci sentiamo in dovere di rispondere a nuovi attacchi alla medicina del territorio, che, purtroppo, hanno ripreso a farsi frequenti e che insistono, ormai da diversi mesi, sui medesimi punti partendo dai soliti, errati, preconcetti che non ci stancheremo mai di smentire. In questi giorni il pretesto è stato l’ ”ambulatorio ad accesso diretto” avviato dal Policlinico San Marco di Zingonia, su cui già molto è stato detto e sul quale abbiamo in diverse occasioni espresso le nostre perplessità.

Tentiamo di dare risposte per punti a quanto viene, ormai almeno settimanalmente, riportato sui giornali.

1. “I sindacati dei medici di medicina generale non vogliono partecipare alle Case di Comunità”: sono in corso, ormai da mesi, tavoli con la parte pubblica non solo a livello locale, ma anche regionale e nazionale, in cui il nostro sindacato si è messo a disposizione per trovare le soluzioni più adatte a declinare il D.M. 77 sul territorio, considerando le peculiarità della nostra professione e le profonde carenze, strutturali ma soprattutto di organico, in cui versa l’assistenza sanitaria territoriale della nostra regione (come in altre del centro nord). Chiaro è che se la CdC viene intesa solamente come uno spostamento dell’indirizzo del nostro ambulatorio, per accorpare solo fisicamente i nostri studi e lasciare sguarniti i centri periferici, siamo e saremo assolutamente contrari, ma soprattutto sarebbero assolutamente contrari i cittadini. Il cambiamento deve passare attraverso il potenziamento delle medicina del territorio, attraverso l’implementazione di una rete efficiente ed una maggiore integrazione dei processi e dei percorsi, e su questo ci stiamo impegnando quotidianamente e continueremo a farlo.

2. “I medici di famiglia lavorano 15 ore a settimana”: basterebbe controllare i flussi prescrittivi per capire che mediamente un Medico di Assistenza Primaria lavora dalle 10 alle 12 ore al giorno, e accanto all’attività ambulatoriale (sempre di gran lunga superiore agli orari dichiarati) deve garantire l’assistenza domiciliare ai suoi assistiti allettati ed espletare le (troppe!) incombenze burocratiche. Chi fa paragoni con le 38 ore settimanali di attività ospedaliera non considera che anche in ospedale non tutto il tempo del medico viene trascorso con il paziente di fronte. Inoltre basterebbe leggere anche solo superficialmente l’accordo collettivo nazionale dei medici di famiglia per comprendere come il rapporto di convenzione sia di fatto un rapporto esclusivo con il SSN, probabilmente ancora più esclusivo della dipendenza ospedaliera. Tra l’altro ormai da anni è previsto il corso di formazione specifica in medicina generale, che diventa di fatto un percorso esclusivo e preclude il mercato libero professionale, che poteva esistere molti anni or sono quando i medici conseguivano più specializzazioni. Non vi è dubbio che l’attività dei medici di medicina generale andrebbe meglio coordinata e integrata, ma questo è compito delle Aziende Sanitarie, più avvezze alla centralizzazione ospedaliera che alla complessità della rete territoriale. Questo comunque è anche il nostro obiettivo.

3. “I medici di famiglia devono essere dipendenti”: posto che questo sarebbe, conti alla mano, economicamente insostenibile per il sistema sanitario, che dovrebbe fornire ambulatori, auto, autista, personale di studio, utenze varie, ecc…, si verrebbe a creare una situazione paradossale in cui di fatto sarebbe impossibile garantire la copertura dei periodi di ferie e malattia, che, ad oggi, sono totalmente a carico del medico. Lavorare 38 ore a settimana sarebbe ridurre quanto già ora la medicina generale, con sacrifici non indifferenti dal punto di vista professionale e -soprattutto – umano, garantisce. E’ profondamente ingiusto, oltre che errato, sostenere che la convenzione dei medici di famiglia non sia parte del SSN. A chi lo sostiene ricordiamo che è stata voluta nella legge 833/78 proprio per garantire al cittadino la libertà di scelta, con un minimo di concorrenzialità, che rappresenta un supporto importante per una scelta fiduciaria destinata a durare negli anni. La libertà di scelta oggi è resa difficile dalla carenza di professionisti, ma non è questo il motivo per disconoscerne l’importanza: la fiducia in una struttura non sostituirà mai la fiducia, consolidata dal tempo, con un professionista: questo periodo di ricambio generazionale non deve farcelo dimenticare.

4. “Se i medici di famiglia lavorassero di più ridurrebbero gli accessi ai pronto soccorso”: nulla di più errato, anche nell’ipotesi discutibile che il problema del pronto soccorso sia solo quello dell’accesso. Affermazioni come queste denotano una scarsa conoscenza del territorio e una profonda ignoranza circa il ruolo dei Medici di Medicina Generale. I pazienti, negli ultimi anni, accedono ai PS in maniera maggiore anche perché eseguire visite ed esami strumentali in tempi brevi, senza ricorrere al privato, è diventato sempre più difficile e spesso prevale la paura per una condizione clinica magari non realmente urgente, ma percepita come tale. Diversi studi, sia nazionali che internazionali, documentano che costituire una sorta di “guardia medica diurna” non influenza il numero di accessi in PS. Ma la cosa che più infastidisce in questo tipo di dichiarazioni è il fatto che molte figure, anche di spicco, non comprendono che la medicina generale non è riducibile a mero filtro dell’ospedale, ma trova la sua ragion d’essere in una presa in carico del paziente ad un livello completamente differente. Se l’ospedale è chiamato a risolvere le acuzie e una singola visita si conclude in se stessa con una diagnosi e una terapia, la medicina del territorio è, e ci auguriamo possa rimanere, deputata alla presa in carico le patologie croniche, rimanendo di fatto il luogo più importante in cui vengono attuate misure di prevenzione primaria e secondaria efficaci.

Consci che la diatriba non possa esaurirsi con questa, ennesima, presa di posizione riteniamo importante far sentire la nostra voce e ci rendiamo, ancora una volta, disponibili, a qualsiasi livello, per portare avanti le nostre idee nell’interesse, in primo luogo, dei cittadini.

L’esecutivo FIMMG Bergamo

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
leggi anche
Silvio Garattini
L'intervista
Ambulatorio a pagamento per saltare la fila, Garattini: “Forte campanello d’allarme”
medico, dottore, sanità, ambulatori diffusi
Le assegnazioni
Arrivano 29 nuovi medici: potranno prendere in carico fino a 25.000 pazienti oggi scoperti
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI