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L'addio alla scrittrice

“Michela Murgia, donna dalla fede incrollabile”: il ricordo di Maria Grazia Panigada

La direttrice artistica delle stagioni di Prosa e Altri Percorsi della Fondazione Teatro Donizetti, ricorda Michela Murgia, la scrittrice che ha lottato per i suoi ideali fino alla morte avvenuta nella notte del 10 agosto 2023

“Non poteva non nascere in Sardegna. In lei si intrecciavano la forza potentissima dell’uomo, della natura, della vita e della morte”, così Maria Grazia Panigada, direttrice artistica delle stagioni di Prosa e Altri Percorsi della Fondazione Teatro Donizetti, ricorda Michela Murgia, scomparsa a Roma all’età di 51 anni nella notte del 10 agosto.

Era il maggio scorso quando sul Corriere della Sera veniva pubblicata l’intervista rilasciata dalla scrittrice sarda ad Aldo Cazzullo. Con una lucidità disarmante annunciava di avere un tumore al quarto stadio, con metastasi “già nei polmoni, nelle ossa, e al cervello”.

Nelle settimane successive l’abbiamo sentita dire che stava vivendo il tempo della sua vita perché era finalmente libera, l’abbiamo vista in udienza da Papa Francesco e sulla copertina del pride issue di Vanity Fair da lei diretto sopra la scritta “La famiglia è di tutti”.

Ha combattuto fino alla fine per i suoi ideali, ha voluto lasciare un’eredità, un termine definito da lei stessa “pomposo”. In realtà si tratta di un segno del suo passaggio che sarà impossibile da dimenticare.

“È stata una voce provocatoria, decisa, sicura. Una donna forse anche fragile. Amava fare teatro perché si divertiva. Negli ultimi mesi della sua vita ha condiviso una lezione importante, la stessa che si impara a teatro: assaporare il momento, cogliere l’attimo per essere dove si è chiamati ad essere di volta in volta nella vita”.

La coerenza ha segnato l’esistenza della vita della scrittrice: “L’andare a vivere con la sua famiglia queer è stato per Michela come un ritorno alle origini. Mi ricorda la famiglia di Accabadora, il romanzo da lei scritto che è diventato uno spettacolo teatrale prodotto dalla Fondazione Teatro Donizetti. Anche in quel caso, i legami, l’affetto e l’amore non erano determinati dal sangue”.

“La prima volta che ho incontrato Michela Murgia non è stato di persona – continua Panigada – ma attraverso la sua voce, ascoltando l’audiolibro di Accabadora, una storia a cui ho ripensato negli ultimi mesi proprio dopo l’intervista rilasciata al Corriere: da quel momento ha condiviso il tema della morte e del passaggio, gli stessi che ritornano nel romanzo. In tutto questo ho rivisto la donna che ho conosciuto dalla fede indistruttibile”.

“Il vero incontro tra noi è stato in occasione della presentazione del suo libro “Ave Mary” che mi avevano chiesto di moderare. Lì ho conosciuto la sua fede molto profonda e al tempo stesso critica nei confronti della Chiesa Cattolica. Una determinazione che si intrecciava alla perfezione con le sue origini sarde”.

“Dopo qualche anno, la richiamai. Insieme a don Giuliano Zanchi, curavo ‘Le città invisibili’ una rassegna in cui veniva chiesto agli artisti contemporanei di misurarsi con le scritture del passato.  Michela Murgia scrisse un testo teatrale su Santa Caterina da Siena, interpretato da Arianna Scommegna e diretto da Serena Sinigaglia”.

“Poi nel 2017 c’è stato lo spettacolo su Accabadora fortemente voluta dalla regista Veronica Crucciani. Tra lei e Michela è nata una grande amicizia. Michela rimase entusiasta di quel lavoro – seppur fosse un testo non scritto da lei ma dalla drammaturga Carlotta Corradi – a tal punto che nonostante gli impegni fece in modo di essere presente alla conferenza stampa di lancio del progetto. Noi eravamo onorati del fatto che l’autrice del romanzo ci avesse concesso i diritti per fare un riadattamento teatrale”.

“La rividi tempo dopo a Roma, in uno spettacolo in cui lei interpretava Grazia Deledda. Amava il teatro perché è vero, bello anche se difficile. Un po’ come era lei”.

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