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Era l’8 agosto 1956

Il ricordo a Endine Gaiano di Assunto Benzoni, morto nella tragedia di Marcinelle

Aveva 30 anni: perse la vita tra le 262 vittime (136 italiani) della miniera belga, lasciando la moglie Giulia, una figlia Yvonne e un’altra – Assunta – nata orfana al rientro della famiglia in Italia

Fra i 262 minatori che l’8 agosto del 1956 persero la vita a Marcinelle in Vallonia, 136 erano italiani e una di queste vittime era bergamasca, Augusto Benzoni, di Cerete, morto a 30 anni.

Era uno dei tanti forzati di un mestiere che non cambia mai: quello di far le valigie e recarsi in un “altrove” sconosciuto in cerca di lavoro per sbarcare il lunario della propria famiglia, che aveva portato con sé nel Belgio. Con lui, la moglie Giulia Andreoli e la primogenita Yvonne. Quando avvenne la sciagura, Giulia era incinta della seconda figlia, portata a nascere poi in Italia e chiamata Assunta, per tutti Assuntina, in ricordo del padre che non conobbe.

Partendo per il Belgio, Assunto – che era nato il 15 agosto del 1926 – coltivava il sogno di tutti: cambiar vita, assicurare un futuro dignitoso a sé stesso, alla famiglia che andava crescendo. Triste il rientro in Italia alla morte del marito e padre. Giulia tornò nella casa paterna a Piangaiano nel Comune di Endine Gaiano, dove i genitori facevano i mezzadri del conte Martinoni. Qui vive ultranovantenne Lina Andreoli, cugina di Giulia, da cui raccolse molte confidenze su quegli anni e quel durissimo lavoro. Ancora oggi ricorda un particolare, che sa quasi di presentimento. “Quel giorno – dice Lina, con memoria e lucidità di ferro – Assunto non se la sentiva di scendere in miniera. Poi prevalse però l’innato senso del dovere che portava quasi a sentirsi in colpa se non si fosse andati a lavorare. “Vado perché è necessario. Bisogna tener su le giornate”. È l’ultimo ricordo che ha lasciato in eredità”.

Morte la mamma Giulia e la sorella Assunta, sono molti a Piangaiano e parecchi provenienti anche da fuori che si rivolgono a Yvonne per avere una testimonianza diretta su quella catastrofe e sulla morte di papà. Lei ripete sconsolata a tutti che purtroppo ha un vuoto incolmabile nel cuore, ma non ha ricordi diretti del padre, perché aveva soltanto 2 anni. Sa quel poco che le notizie di allora consentivano, con la certezza che quello fu un lutto non solo di paese ma di tutta la valle accorsa numerosa ai funerali.

Valerio Bettoni, ideatore degli incontri biennali dei “Bergamaschi nel mondo” quand’era Presidente della Provincia (1999-2009), risale al cimitero della Rova, a Endine Gaiano, ogni anno l’8 di agosto, per rendere omaggio alla memoria di Assunto Benzoni. Lo farà anche domani: “Quando ci fu il funerale – ricorda ancora con commozione – io facevo il chierichetto. Rimasi impressionato dall’imponente partecipazione. Non avevo mai visto così tanta folla. Sono migliaia e migliaia i bergamaschi che hanno messo radici in ogni continente. Questa è un’Italia che ha onorato il Paese nel mondo, pagando anche con la vita una dura scelta: merita la gratitudine della memoria”.

La tragedia di Marcinelle – sono parole dell’attuale premier, Giorgia Meloni – rappresenta “un tassello della nostra vicenda nazionale e di una necessaria memoria storica condivisa”, valori per i quali si batté lo storico Ministro per gli italiani nel mondo, Mirko Tremaglia. Fu proprio lui peraltro a proporre nel 2001 la data dell’8 agosto, ricorrenza della tragedia epocale di Marcinelle, per la Giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, che si tiene da quell’anno. Anche i belgi, come altre nazioni in quegli anni della ripartenza dopo la seconda guerra mondiale, avevano bisogno di manodopera.

Cercavano soprattutto braccia, sorvolando drammaticamente sulle condizioni disumane in cui quelle ondate di migranti venivano tenuti: il fattore “uomo” veniva molto dopo e la strage nella miniera di Marcinelle lo evidenziò in termini strazianti agli occhi dell’Europa. In base a un accordo sottoscritto nel 1946 con il Belgio, l’Italia avrebbe inviato emigranti per avere rifornimenti di carbone.

I nostri emigranti bergamaschi in Francia e in Svizzera, soprattutto contadini, boscaioli, muratori e manovali, si ritrovarono spesso alloggiati in baracche di legno, isolati su monti, la maggior parte senza famiglia (nella Confederazione Elvetica era proibito dall’iniquo Statuto dello stagionale, soppresso nel 2002) ma almeno vivibili; in Belgio, i minatori di Marcinelle – nonostante le promesse dell’accordo – furono sistemati nelle baracche che erano state destinate ai tedeschi prigionieri di guerra.

Immaginabile l’inferno in cui dovevano lavorare, sudare, rischiare senza vedere la luce del giorno quelle centinaia di minatori costretti dentro le viscere del Bois du Cazier, quasi mille metri sottoterra nella regione mineraria di Charleroi. E fu un inferno di fuoco quello in cui perirono i 262 minatori di Marcinelle, tra i quali il nostro Assunto Benzoni.

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