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L'analisi

Umberto Gaibotti ucciso dal figlio, Stefania Rota dal cugino, la lite tra fratelli a Mozzo: “In famiglia un omicidio su due”

È il filo che lega i principali fatti di cronaca che si sono verificati nel 2023 in Bergamasca. Parola a due esperte: Emi Bondi della psichiatria del Papa Giovanni e Carmen Pugliese, ex magistrato della procura orobica

Stefania Rota, uccisa in casa a Mapello dal cugino Ivano Perico lo scorso febbraio, colpita in testa con un batticarne dopo un probabile scatto d’ira. Gianluca Maffeis, morto il 29 giugno in ospedale dopo una lite tra le mura domestiche col fratello Lorenzo a Mozzo. E infine Umberto Gaibotti, accoltellato venerdì 4 agosto dal figlio Federico nel giardino della villetta di Cavernago, al culmine di un’altra lite. Tre morti, tutte maturate in famiglia. È il filo che lega i principali fatti di cronaca che si sono verificati quest’anno in Bergamasca, anche se non è una novità: dai tempi di Caino e Abele l’ambiente familiare è teatro (anche) di scene cruente.

“È proprio così. La maggioranza degli omicidi viene commessa tra persone che si conoscono, che hanno legami affettivi – commenta Emi Bondi, presidente della società italiana di psichiatria e direttore del dipartimento di salute mentale dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo -. Di solito sono delitti che hanno un’elevata componente emotiva e passionale, del resto le emozioni e i sentimenti più forti si sperimentano in famiglia. Sia in senso positivo che negativo – aggiunge -. Pensiamo banalmente a quante liti ereditarie ci sono. Alcune persone sono disposte a perdere diecimila euro al casinò, ma le cose possono cambiare quando cifre anche inferiori sono connesse a un valore simbolico, magari legato all’affetto dei genitori. A quel punto subentrano meccanismi inconsci. E quando c’è discontrollo sull’emotività e gli stati d’animo, chi è più vicino rischia di trasformarsi in un bersaglio”.

A proposito, non vanno trascurati i disagi che attanagliano o attanagliavano i protagonisti di queste drammatiche storie. Perico, 61 anni, ex agente di commercio, stava attraversando quello che i suoi legali hanno definito un “periodo buio” e un mese prima del delitto era stato ricoverato in psichiatria. Ha ammesso di avere ucciso la cugina per un contenzioso su una proprietà in comune, frutto di un’eredità di famiglia. Anche Gianluca, 31 anni, era alla prese con un disagio psicologico che stava cercando di sconfiggere con l’aiuto del fratello minore. “Due bravi ragazzi, si volevano bene” assicura chi li conosce. Poi, una sera, le cose sono degenerate dopo un banale diverbio in discoteca. E Federico Gaibotti, 30 anni, con problemi di tossicodipendenza. Pare avesse chiesto al padre dei soldi per la droga: per soddisfare un’altra volta i suoi bisogni, oppure per saldare un debito. Alternava momenti di lucidità a momenti di grave alterazione. “Io stesso avevo firmato due accertamenti sanitari obbligatori”, ha spiegato il sindaco di Cavernago Giuseppe Togni.

 

Carmen Pugliese

 

“Durante la mia trentennale esperienza non ricordo molti casi di omicidi interfamiliari – commenta lo storico ex magistrato della procura di Bergamo, oggi opinionista televisiva Carmen Pugliese (nella foto qui sopra) -, ma posso dire che sono forse i più complessi, perché ancor di più che in altri casi, dove il movente è più evidente, occorre analizzare le motivazioni che fanno scattare l’improvvisa molla omicida e valutare la personalità dell’autore. Il caso di Cavernago mi sembra particolarmente grave perché scatta l’aggravante dell’aver commesso il fatto contro l’ascendente (in questo caso il padre, ndr) e la prospettiva dell’ergastolo. Esaminando questi casi, notiamo che ognuno ha un suo peculiare movente. Ad ogni modo, resta l’amarezza di dover constatare la precarietà dei rapporti familiari, la scarsa importanza degli affetti nascenti da vincoli di sangue e del rispetto verso il genitore”.

L’Istat ha tracciato un quadro molto chiaro del fenomeno: quasi la metà degli omicidi vengono consumati proprio tra i nuclei familiari. Le vittime uccise in una relazione di coppia o in famiglia – si legge nell’ultimo report disponibile, datato 2021 – sono 139, vale a dire il 45,9% del totale. Non è possibile stabilire un movente per tutti gli omicidi, ma statisticamente la ragione principale è legata a “liti, futili motivi e rancori personali” (45,9%). Al secondo posto i “motivi passionali” (11,6%), seguono quelli “economici”. Ma sono solo freddi numeri.

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