Treviglio. È stata consegnata martedì (25 luglio) nella sala del consiglio comunale la medaglia d’Onore conferita dal Presidente della Repubblica alla memoria di Ernesto Cerea, prigioniero dei lager nazisti. Presenti alla cerimonia anche Paolo Vavassori, presidente dell’Anrp (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia) e i tre figli di Cerea: Lorenzo, Stefano e Paolo Angelo.
Ernesto – doppia Croce al merito di guerra – nacque a Mornico al Serio serio il 6 luglio del 1922, ed emigrò a Treviglio il 9 dicembre del 1929. Di professione meccanico, venne chiamato alle armi il 30 gennaio del 1942 a Chiavari.
Il 6 luglio dello stesso anno partecipò con la 37sima compagnia mista divisione Modena alle operazioni di guerra nei Balcani. Dal 18 Novembre del 1942 all’8 settembre 1943 fu prigioniero nei lager nazisti, dove fu costretto a lavorare per l’economia di guerra del Reich. Liberato dagli alleati il 25 maggio del 1945, rientrò a Treviglio il 6 ottobre dello stesso anno. Ricevette il distintivo d’onore per i patrioti volontari della libertà, che furono deportati nei lager per aver rifiutato di collaborare con l’invasore e la repubblica di Salò.
“Con la legge numero 296 del 2006 La Repubblica Italiana ha concesso una medaglia d’onore ai cittadini italiani militari e civili che nell’ultimo conflitto mondiale furono deportati e internati nei lager nazisti e, nel caso il diretto beneficiario sia deceduto, al famigliare più stretto – commenta Vavassori -.
Io rappresento l’associazione nazionale reduci dalla prigionia e dall’internamento per la guerra di liberazione e loro familiari, nata con lo scopo di conservare e custodire le storie di coloro che hanno vissuto nei campi di prigionia e di internamento, trasmettendole alle nuove generazioni. Nell’arco degli anni a tale fine l’Anrp ha promosso lo studio, la raccolta e la valorizzazione a livello nazionale e internazionale di documenti sulla prigionia e sull’internamento, con particolare attenzione alle testimonianze orali e scritte dei prigionieri.”
Toccante la dichiarazione di uno dei suoi figli: “Ci si aspetta che un’esperienza come questa possa incattivire una persona, e invece no. Mio padre era una persona molto buona, con tanta voglia di lavorare e trasmettere il suo amore per la libertà e per la pace”.
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