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Brescia

Processo Ubi, le motivazioni della Corte d’Appello: “Nessun patto occulto”

Ecco perché gli 11 imputati sono stati assolti anche in secondo grado

Bergamo. Nessun patto occulto. Così come aveva sostenuto il Collegio del tribunale di Bergamo, anche la Corte d’Appello di Brescia ha ritenuto insussistente l’accordo parasociale che per l’accusa i vertici di Ubi non avrebbero comunicato a Bankitalia e Consob.

Lo si legge nelle motivazioni della sentenza che, lo scorso 17 aprile, assolse i 14 imputati con la formula “perché il fatto non sussiste”. Dei 31 imputati che finirono a processo uno solo venne condannato in primo grado a 18 mesi: Franco Polotti, ex presidente del Consiglio di gestione accusato di un presunto ostacolo alla vigilanza relativo a un finanziamento percepito da una società a lui attribuita.

Il “cuore pulsante” di tutta l’inchiesta è quindi caduto e in appello è caduta anche l’unica condanna. I giudici esprimono infatti dubbi “circa l’effettiva dolosità della sua (di Polotti) omessa indicazione”. Se l’indicazione non c’è stata, è riconducibile “ad un atteggiamento di mera superficialità o negligenza”.

Nulla era stato nascosto secondo i giudici di secondo grado. Le due associazioni di soci Amici di Ubi per Bergamo e Alp per Brescia, come già osservato in primo grado, “non erano affatto occulte ma anzi mostravano un’indiscutibile dimensione pubblica, segnata dalla diffusione all’esterno dei propri atti costitutivi, in sostanziale coevità alla genesi del nuovo soggetto bancario, e da acconce comunicazioni agli organi di vigilanza”.

In primo grado l’ex amministratore delegato di Ubi Victor Massiah, la responsabile della raccolta deleghe Gemma Baglioni, il referente delle operazioni assembleari Enrico Invernizzi e l’ex direttore responsabile in Ubi Marco Mandelli erano stati assolti per intervenuta prescrizione, ma il Collegio aveva comunque riconosciuto un tentativo di alterare l’elezione dell’assemblea attraverso le deleghe in bianco a favore della lista di Andrea Moltrasio.

I quattro imputati hanno presentato appello chiedendo di essere giudicati nel merito: la Corte d’appello ha escluso il tentativo  in quanto la loro azione non si può dire “abbia inquinato un numero di voti capace di alterare la maggioranza assembleare” e non avrebbe nemmeno potuto farlo.

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