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Ballando di architettura

Scuola di Polizia e la lezione di Stefano Bollani al Lazzaretto fotogallery

Venerdì sera oltre 2.000 spettatori si sono gustati la seconda serata di Bergamo Jazz Estate, in cui l’istrionico pianista ha presentato una sezione ritmica nuova di zecca, composta dal contrabbassista Gabriele Evangelista e dal batterista Bernardo Guerra

Bergamo. Di Stefano Bollani ce ne sono (almeno) sette, come i re di Roma: lo scrittore, l’imitatore, l’intrattenitore radiofonico, il divulgatore televisivo, il pianista e il compositore.

Il fatto è che quando il Bollax si mostra in pubblico non si capisce mai quale dei sette lui sia, per cui si resta sul chi va là e ci si lascia trasportare.

Con questo spirito, venerdì sera oltre 2.000 spettatori si sono gustati la seconda serata di Bergamo Jazz Estate, in cui l’istrionico pianista ha presentato una sezione ritmica nuova di zecca, composta dal contrabbassista Gabriele Evangelista e dal batterista Bernardo Guerra.

Il concerto inizia con Bollani che dà il “la” a Evangelista, mentre Guerra si sistema lo sgabello.

Neanche il tempo di esaurire gli applausi che il trio si lancia in un pezzo quasi pop con cui i musicisti prima si scaldano e poi s’inseguono, come sulle montagne russe.

L’abilità nell’alternarsi con disinvoltura tra il pianissimo e il fortissimo è una delle doti di questo ensemble che da subito si mette in mostra e non delude.

Una volta finito il primo pezzo e chiarito a tutti il significato del termine “dinamica”, il trio passa alla seconda lezione, quella sull’interplay.

È sbalorditiva la facilità con cui i tre musicisti si scambiano assoli tra loro, come delfini ammaestrati, malgrado l’età di uno sia pari a quella degli altri due sommata. O forse proprio grazie a questo.

L’eye contact è un altro aspetto peculiare di questa band: raramente si sente contare il tempo o chiamare il finale, tutto è racchiuso negli occhi, nelle espressioni facciali (le smorfie di piacere, l’aggrottarsi della fronte) e in qualche dittongo che sembra uscire quasi involontariamente, come in un lungo scambio di tennis.

Poi la prima pausa, il leader saluta il pubblico, fa presente che questa sera verrà eseguito il repertorio di un contemporaneo dal suo stesso nome (uno dei sette re, presumo) e si riparte, con un 7/8 alternato a un 6/8.

Poi è la volta di un valzer con misure maggiori e minori che si danno il cambio a velocità diverse, come un giro su quelle giostre in legno in cui convivono animali che non stanno vicini neanche allo zoo. Sarà per questo che il brano s’intitola Il Camelopardo, o forse sono le droghe di oggi a non esser buone come quelle che usava Debussy, scherza il Bollax.

Insomma, in questo concerto succede di tutto, i ritmi variano rapidamente, da uno shuffle a un be-bop a un dixieland, pure gli strumenti cambiano timbrica, i pezzi si susseguono senza sosta, e dopo aver fischiettato il tema di Incontri ravvicinati del terzo tipo, è il momento dell’unico brano cantato, Arrivano gli alieni.

E ancora si vola, quando tutti e tre i suonatori diventano percussionisti, pizzicano, raschiano, bussano, suonano, rispondono, – C’è nessuno? – Son l’idraulico!

Bollani sempre sornione, Evangelista fa da collante, Guerra oscilla tra impercettibili assoli di spazzole e mitragliate degne del finale di Whiplash.

Arriva il consueto botta e risposta col pubblico, interrotto bruscamente dal grande capo il quale ammonisce i suoi sodali che “Sta arrivando la Polizia Musicale, già abbiamo preso una multa per eccesso di velocità nel pezzo di prima”.

Resta il tempo per Il Pataffio, tema portante della colonna sonora che lo scorso maggio gli ha meritato il David di Donatello.

Infine il consueto ringraziamento a Roberto Valentino e a Bergamo Jazz che tante volte lo ha ospitato.

E, dulcis in fundo, una rivisitazione a 200 chilometri orari dei Flinstones, l’unico pezzo non suo, dice, ma scritto da image0.jpegimage1.jpegimage2.jpegimage3.jpegimage4.jpeguno che di soldi ne ha fatti, e parecchi.

– Altrimenti non sarei qui stasera, ironizza.

La solita macchietta.

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