Un’icona: Barbie lo è stata e lo è tutt’ora, tant’è che il 21 luglio uscirà nelle sale cinematografiche l’omonimo film. La bambola più famosa al mondo diventerà una persona in carne ed ossa, interpretata dall’attrice Margot Robbie.
Venerata dai collezionisti, Barbie non è sempre stata apprezzata da tutti. Secondo i suoi detrattori, il pericolo principale del giocattolo era quello di rappresentare un cattivo modello per le bambine, un’aspirazione difficile da raggiungere (corpo perfetto, fidanzato e amici perfetti, carriera perfetta), con il rischio di scatenare problemi di identità o l’insorgere di malattie come l’anoressia. Eppure, la bambola era nata con l’obiettivo di donare alle bambine un nuovo modello a cui aspirare, con una carriera e una vita indipendente.
Barbara Millicent Roberts è il suo nome completo, in onore della figlia degli ideatori: “Barbara”, da cui nasce il nome “Barbie”. Paladina del lavoro e degli hobby, ha praticato diversi sport e infinite professioni: medico, hostess, veterinaria, astronauta, insegnante, presidente e tante altre ancora. Ruoli che hanno rappresentato uno stimolo alla realizzazione personale delle bambine e un modello a cui aspirare.
Ma Barbie nel corso degli anni ha anche rappresentato un mezzo di inclusività. Christie, una delle prime bambole di colore, venne prodotta nel 1968 ma sono state create diverse linee improntate all’inclusività, come le ultime bambole sul mercato con la sindrome di down.
Nel corso dei suoi 64 anni di vita, la produzione ha avuto alti e bassi: con la nascita delle Bratz nel 2001 la vendita subì un importante calo, anche se il brand Barbie è sempre rimasto un punto fermo nell’immaginario collettivo. La casa a più piani, l’auto decappottabile rosa e l’immenso guardaroba erano il sogno di tante bambine; come le acconciature e gli accessori che hanno segnato l’infanzia di molte ragazze.
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