Bergamo. Salario minimo sì, salario minimo no. Il Governo si spacca sull’argomento ed è notizia di qualche ora fa la proposta di una raccolta firme decisa e sostenuta da un campo largo. Una mossa unitaria, quella di Pd, M5S, Azione, Alleanza Verdi Sinistra e +Europa, volta ad incalzare la Premier Meloni per far sì che la paga minima salga a 9 euro l’ora. Una questione che scuote l’aula, o meglio le aule, e che coinvolge anche i parlamentari bergamaschi. No dall’area centrodestra, con Fratelli d’Italia in prima fila e Lega e Forza Italia a correre, sì convinto invece da quella del centrosinistra.
Andrea Tremaglia, Fratelli d’Italia: “Sono per il no, assolutamente. Come del resto il mio partito. E nello spiegare le ragioni, faccio anche una premessa, quella cioè che la direttrice europea che racconta in tal senso e che dovrebbe trovare compimento ed esecuzione nel 2024 non dice e non impone il concetto e la conseguente applicazione del salario minimo, piuttosto invita quei Paesi che non hanno a disposizione gli strumenti forniti dalla contrattazione nazionale di introdurla. E per quanto riguarda l’Italia siamo coperti, in termini di lavoratori dipendenti, al 97%. La parte residuale è quindi minima. Crediamo piuttosto che il tema sia un altro, quello cioè della detassazione, riducendo il cuneo fiscale, cosa che in parte è già stata fatta. È culturalmente sbagliato infatti far passare il messaggio che da noi gli stipendi siano bassi e che le aziende pagano poco. Non è affatto così. Piuttosto la pressione fiscale è molto alta. E se la volontà sottesa al salario minimo è il desiderio di garantire un salario più consistente ai lavoratori, allora l’unica soluzione è tagliare le tasse”.
Così Devis Dori, Alleanza Verdi Sinistra: “L’Alleanza Verdi e Sinistra ha lavorato assieme a tutte le opposizioni alla proposta di legge unitaria sul salario minimo, depositata alla Camera settimana scorsa. La necessità di un intervento a garanzia dell’adeguatezza delle retribuzioni dei lavoratori, in particolare di quelli in condizione di povertà anche per colpa dell’inflazione, era già un elemento qualificante del nostro programma elettorale, che ora trova compimento. L’articolo 36 della Costituzione richiede che al lavoratore sia riconosciuta una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa per sé e per la propria famiglia: non si può attendere ulteriore tempo. La proposta di legge prevede che: al lavoratore di ogni settore economico sia riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, salvo restando i trattamenti di miglior favore; a ulteriore garanzia del riconoscimento di una giusta retribuzione, venga comunque introdotta una soglia minima inderogabile di 9 euro all’ora, per tutelare in modo particolare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro, nei quali è più debole il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali; la giusta retribuzione così definita non riguardi solo i lavoratori subordinati, ma anche i rapporti di lavoro che presentino analoghe necessità di tutela nell’ambito della para subordinazione e del lavoro autonomo; conformemente anche a quanto previsto nella direttiva sul salario minimo, sia istituita una Commissione composta da rappresentanti istituzionali e delle parti sociali comparativamente più rappresentative che avrà come compito principale quello di aggiornare periodicamente il trattamento economico minimo orario; sia riconosciuto un beneficio economico a sostegno dei datori di lavoro per i quali questo adeguamento risulti più oneroso”.
Daisy Pirovano, Lega: “La questione del salario minimo non va affrontata con superficialità, utilizzandola come mero slogan elettorale. Il problema del lavoro in questo paese è evidente, ma la questione del salario minimo a mio avviso deve essere un percorso inserito nella contrattazione collettiva e non può assolutamente prescindere dalla riduzione del cuneo fiscale, dalla defiscalizzazione sui rinnovi e da un miglior livello di welfare aziendale”.
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