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Il report

Covid, a maggio 779 casi: in netto calo rispetto ai 1.366 di aprile

Tre anni, tre mesi e cinque giorni. Tanto è durata la fase in cui il covid è stato considerato un'emergenza globale, o meglio, un'emergenza internazionale di salute pubblica

Situazione ancora in miglioramento per quanto riguarda il numero dei nuovi casi di Covid: nel mese di maggio se ne sono registrati 68.833, contro i 92.968 del mese di aprile.

Scende anche il tasso settimanale di positività, dal 6,9% al 5,6%.
Ritoccano ancora una volta i minimi il numero dei test effettuati: 1.147.000 nel periodo.

Sono stati 654 i decessi dovuti al Covid nel mese di maggio, in linea con il dato precedente (649).
Diminuiscono i ricoverati in Terapia Intensiva, che passano da 99 a 75.
Calano anche le presenze nei reparti covid: da 2.980 a 2.004.

L’occupazione dei posti letto si attesta al 3,2%, rispetto al 4,7% precedente, mentre quello relativo alle Terapie Intensive scende dall’ 1% allo 0,7%.
In ribasso il numero dei pazienti in isolamento domiciliare: sono 119.704 (erano 126.953).
Scende l’indice Rt, ora sotto l’1, mentre l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti cala da 39 a 25.

Lombardia e Bergamo
In Lombardia nell’ultimo mese si sono registrati 9.744 casi di Covid-19, in notevole ribasso rispetto al mese precedente, quando erano stati 15.660. Sono stati 134 i decessi, in leggero rialzo rispetto ai 129 del mese scorso. Nello stesso periodo i ricoverati con sintomi sono diminuiti da 192 a 105, mentre i pazienti in terapia intensiva sono al momento solamente 2.
Il tasso di occupazione nei reparti covid è del 3,4%; praticamente azzerato quello in T.I.

Sono 1.841 i pazienti in isolamento domiciliare (erano 3.146).
L’indice di contagio ogni 100 mila abitanti scende da 41 a 23.

Anche in provincia di Bergamo i nuovi casi sono calati: sono 779 quelli relativi all’ultimo aggiornamento mensile, erano 1.366 quelli delle quattro settimane precedenti.
All’Ospedale di Bergamo, per la prima volta dall’inizio della pandemia, non si registrano ricoverati né in Terapia Intensiva, né in nessun altro reparto causa Covid.
Sono 120 i bergamaschi in isolamento obbligatorio e 2 quelli in isolamento fiduciario.
I decessi nel mese sono stati 7, lo stesso numero di aprile.

La fine dell’emergenza
Lo scorso 5 maggio, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha annunciato che il Covid-19 rimane una minaccia per la salute pubblica, ma non è più un’emergenza sanitaria internazionale.
Tre anni, tre mesi e cinque giorni. Tanto è durata la fase in cui il covid è stato considerato un’emergenza globale, o meglio, un’emergenza internazionale di salute pubblica (Public Health Emergency of International Concern, PHEIC). Era il 30 gennaio 2020 quando si prendeva questa decisione, mentre la Cina raggiungeva i 9.658 casi confermati e i 213 decessi.

La decisione dell’Oms è motivata soprattutto dall’importante diminuzione di morti e ricoveri per infezione da SARS-CoV-2 e dagli alti livelli di immunità di popolazione raggiunti grazie ai vaccini e alla diffusione dei contagi.
“È tempo di passare dalla modalità di emergenza alla gestione del Covid-19 insieme alle altre malattie infettive” ha dichiarato Ghebreyesus, invitando i vari Paesi a non abbassare la guardia, a non smantellare i servizi sanitari costruiti in questi tre anni e a non far passare il messaggio che il pericolo covid sia ormai alle spalle.

Per l’opinione pubblica la decisione passerà probabilmente inosservata: la politica ha deciso di trattare il covid come una questione non più di importanza primaria già da tempo e anche le misure di prevenzione che sembravano destinate a rimanere, come l’uso delle mascherine in alcuni luoghi, stanno decadendo un po’ dappertutto.

Anche se la dichiarazione dell’Oms rischia di comportare un ulteriore rilassamento, secondo molti osservatori mantenere troppo a lungo lo status d’emergenza avrebbe comportato altri rischi, come la perdita di credibilità dell’Organizzazione e l'”indebolimento” dell’istituzione stessa di emergenza sanitaria, una carta da giocare soltanto in situazioni di estremo pericolo.

Ciò che occorre sottolineare, è che la fine dell’emergenza non equivale alla fine della pandemia: il virus del covid è qui per restare. Per esempio in tutto il mondo, nell’ultimo mese, il Covid-19 ha causato una morte ogni tre minuti e questi sono solamente i decessi di cui abbiamo notizia.
Occorre che l’opinione pubblica si ricordi che la questione covid è tutt’altro che finita, soprattutto perché ci sono ancora, oltre ai decessi, persone ancora ricoverate per l’infezione, altri che soffrono di long covid, che ci sono pazienti vulnerabili che non hanno potuto vaccinarsi e per il fatto che il virus continua ad accumulare mutazioni che faranno emergere nuove varianti.

A questo proposito, è notizia di questi giorni che in Cina si sta propagando una nuova variante denominata XBB. Sembra sia alquanto pericolosità in termini di diffusione (si stimano dai 40 ai 60 milioni di contagi a settimana), ma non è ancora certo sia anche più letale.
Tuttavia, gli esperti del gruppo consultivo Oms, a proposito delle future composizioni dei vaccini Covid, sottolineano che “i lignaggi discendenti da XBB hanno una maggiore entità di evasione immunitaria dagli anticorpi neutralizzanti”. Quindi nelle future formulazioni dei vaccini “dovrebbero esserci le varianti più recenti, ovvero i lignaggi discendenti da XBB.1”.

Il contagio nel mondo
Dall’inizio della pandemia l’Oms ha registrato quasi 7 milioni di morti per covid, anche se il bilancio reale dei decessi per il nuovo coronavirus potrebbe essere tre volte più drammatico. Oggi l’Oms riporta diverse decine di migliaia di morti per covid ogni settimana, e secondo quanto scritto su Science, alcune stime sostengono che la mortalità in eccesso per covid è ancora di circa 10.000 morti al giorno nel mondo.
L’ultimo aggiornamento ci riporta che sono quasi 770 milioni i casi confermati dall’inizio della pandemia, ovvero quasi il 10% della popolazione mondiale, ma con diversa incidenza fra i diversi continenti; infatti, siamo al 35% in Europa, al 33% in Oceania, 21% in Nord America, 16% in Sud America, 6% in Asia e solo l’1% in Africa. Ovviamente parliamo solo di dati ufficiali: ben diverso sarebbe il conteggio reale soprattutto per quanto riguarda Asia e Africa.

Come suddetto, i decessi sono ormai 7 milioni; relativamente all’incidenza sulla popolazione i dati peggiori si registrano in Sud America con 3.138 decessi per milione di abitanti, segue il Nord America con 2.700, molto vicina all’Europa con 2.575. Meno incidenti gli altri continenti, ma anche qui vale la motivazione del minore tracciamento.
Il dato mondiale è 890 per milione di abitanti; ne consegue un tasso di letalità dello 0,9%.

In valore assoluto i 10 Paesi con più contagi sono attualmente:
Stati Uniti: 103,5 milioni con 1.128.000 decessi;
Cina: 100 milioni con circa 120.000 decessi;
India: 45 milioni (532.000 vittime);
Francia 39 milioni (163.000 vittime);
Germania 38,4 milioni (174.000 vittime);
Brasile: 37,5milioni (702.000);
Giappone 33,8 milioni (75.000);
Corea del Sud 31,5milioni (34.600);
Italia 25,8 milioni (190.000);
Regno Unito 24,6 milioni (226.000).

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