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Festa della repubblica

La Repubblica Italiana fondata sulla Costituzione in vigore dal 1° gennaio 1948

La Costituzione vieta la ricostituzione del partito fascista; impone a partiti e sindacati di dotarsi di ordinamenti democratici; stabilisce i diritti civili, politici, sociali; afferma il principio della solidarietà sociale, il diritto al lavoro, la tutela della proprietà nei limiti delle superiori esigenze sociali

Nell’Assemblea costituente “ci furono anche manifestazioni muscolari”, però in poche ore “tutte le diatribe erano superate e l’Assemblea scrisse con una mano sola il dettato costituzionale”.

Uno dei “padri costituenti”, il piemontese Oscar Luigi Scalfaro – futuro presidente della Repubblica e strenuo difensore della Carta – evoca le frequenti scazzottate e i furibondi contrasti tra i 556 deputati in un clima da guerra fredda. Settantacinque fa l’Italia si dotava di una nuova Costituzione democratica, repubblicana, antifascista.

Il 22 dicembre 1947 l’Assemblea costituente, dopo 170 sedute, approva il testo di 139 articoli con 453 sì e 62 no. Il 27 dicembre la Costituzione è firmata dal napoletano Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato e primo presidente della Repubblica; dal comunista genovese di origini astigiane Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea costituente; dal democristiano trentino
Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio e segretario della Democrazia cristiana. Il 28 dicembre, in esilio ad Alessandria d’Egitto, muore Vittorio Emanuele III.

La Carta entra in vigore il 1° gennaio 1948.
Dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale, l’Italia torna lentamente alla normalità e la gente riacquista fiducia. Il 9 maggio 1946 Vittorio Emanuele III abdica a favore del figlio Umberto II, tentando di influenzare il referendum costituzionale del 2 giugno: 12.717.923 (54,3%) per la Repubblica, 10.719.284 (45,7%) per la Monarchia. Le ultime vere elezioni erano state nel 1921, poi era calata la notte della dittatura fascista. Nel 1946 per la prima volta votano le donne. Il Piemonte, terra dei Savoia e della Resistenza, mantiene un sostanziale equilibrio. Torino, come Milano,
sceglie in larga misura la Repubblica: 61,45 per cento contro 38,55 su 1,3 milioni di elettori, esclusi 550 fascisti radiati dalle liste, 1300 detenuti e 350 donne “che abitano in case con le persiane sempre chiuse”.

A Torino e Cuneo la Monarchia raccoglie 920 mila voti contro 1,22 la Repubblica. L’elettorato castiga la monarchia, delegittimata per l’appoggio a Mussolini, alla «marcia su Roma», alle violenze squadristiche, all’alleanza con la Germania di Hitler e alla guerra. Il 13 giugno 1946, dopo 34 giorni di regno, Umberto II, da vero «signore», lascia Roma e va in esilio a Cascais in
Portogallo. È il tramonto di una dinastia durata quasi mille anni.

Insieme al referendum gli italiani eleggono l’Assemblea costituente: 556 “padri” e solo 21 “madri”, 20 partiti: Democrazia cristiana 35,2%, socialisti 20%, comunisti 19%. Il 28 giugno 1946 De Nicola è eletto presidente provvisorio. Il torinese Giuseppe Saragat il 9 gennaio 1947 fonda il Partito socialista dei lavoratori italiani, dal 1951 Partito socialista democratico italiano. Dagli americani, De Gasperi ottiene consistenti aiuti e il 2 febbraio 1947 esclude i social-comunisti dai ministeri chiave in prospettiva filo-occidentale. La politica economica, tracciata dal cuneese
Luigi Einaudi, segue un orientamento liberista.

I “padri costituenti” sono figure di spicco.
In Italia – DC: Giulio Andreotti, Emilio Colombo, Alcide De Gasperi (segretario), Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Guido Gonella, Achille Grandi, Giovanni Gronchi, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati, Giovanni Leone, Raimondo Manzini, Enrico Medi, Lodovico Montini, Aldo Moro, Mariano Rumor, Antonio Segni, Benigno Zaccagnini. PSI: Lelio Basso, Pietro Nenni (segretario), Luigi Preti, Ignazio Silone. PCI: Giorgio Amendola, Giuseppe Di Vittorio, (Leo)Nilde Iotti, Pietro Secchia, Umberto Terracini, Palmiro Togliatti (segretario, nato a Genova da famiglia subalpina).

L’Italia unita dal 1861 conserva lo Statuto albertino del 1848. Il fascismo non lo sopprime formalmente ma lo altera nella sostanza. Secondo gli storici la Costituzione subisce “la congiunta influenza del liberalismo, del cattolicesimo democratico, del socialcomunismo”.

I tre partiti di massa e antifascisti Dc, Psi e Pci vogliono lasciarsi alle spalle l’odiata dittatura ed evitare in ogni modo che un solo uomo abbia un potere  troppo grande. La Costituzione vieta la ricostituzione del partito fascista; impone a partiti e sindacati di dotarsi di ordinamenti democratici; stabilisce i diritti civili, politici, sociali; afferma il principio della solidarietà sociale, il diritto al lavoro, la tutela della proprietà nei limiti delle superiori esigenze sociali.

Sistema parlamentare “mitigato” con suddivisone dei poteri – Il potere legislativo spetta al Parlamento, in posizione centrale, diviso tra Camera dei deputati e Senato della Repubblica, entrambi elettivi. Il potere esecutivo è affidato al presidente del Consiglio, nominato dal presidente della Repubblica, e ai ministri. Il potere giudiziario spetta alla magistratura autonoma e indipendente. Il capo dello Stato, eletto ogni sette anni, deve garantire il corretto funzionamento delle istituzioni.

Pio XII vorrebbe uno Stato confessionale cattolico ma De Gasperi è contrario
La Costituzione recepisce i Patti Lateranensi del 1929. Nella notte del 25 marzo 1947 con 350 sì e 149 no è approvato l’articolo 7: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti non richiedono revisione costituzionale”.

Con la riforma del Concordato del 1984, la religione cattolica non è più religione dello Stato. Una curiosità: si bandì un concorso per il nuovo stemma. Lo vinse il designatore torinese Paolo Paschetto ma i giornali definirono il bozzetto “una tinozza”, i cattolici esigevano la croce, i comunisti falce e martello. De Gasperi fece fare una nuova gara e su 197 progetti rivinse Paschetto ma con lo “stellone”, apprezzato da tutti. Papa Pacelli voleva uno stato confessionale cattolico come in Spagna, ma De Gasperi non era d’accordo.

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