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La recensione

Grande serata al Pianistico con Giuseppe Albanese e la magia evocativa del cinema

Al Donizetti le colonne sonore di Nino Rota, Nyman, Morricone e Williams rese al meglio dai virtuosismi del pianista faentino, fino alla stupenda interpretazione contemporanea di “Succede ai pianoforti di fiamme nere” di Boccadoro

Bergamo. Un viaggio tra alcune iconiche colonne sonore del cinema, svolto attraverso un processo di contaminazione dell’Anti Avanguardia novecentesca. Un viaggio che ha portato gli ascoltatori in altri mondi, sempre in crescendo, quello proposto da Giuseppe Albanese, pianista faentino protagonista al Festival Pianistico sabato 27 maggio sul palco del teatro Donizetti.

Una serata iniziata con il doveroso omaggio alle popolazioni colpite dall’alluvione in Emilia Romagna, per le quali la presidente del Festival Daniela Gennaro Guadalupi e Giorgio Berta, presidente di Fondazione Donizetti, hanno comunicato che verrà loro devoluto l’incasso della serata. Una terra martoriata, dalla quale proviene proprio il faentino Albanese, che ha raccontato la terribile situazione vissuta sul proprio territorio, ringraziando per la decisione presa dai presidenti.

La triste realtà ha lasciato subito spazio alla fantasia cinematografica, attraverso il trillo dei campanelli ed alle variazioni di sonorità della Suite tratta da “Il Casanova” di Fellini, scritta dallo storico compositore Nino Rota. Nata su abbozzi di lavorazione per la pellicola, la suite sinfonica (nella versione per pianoforte) ha proposto sette movimenti capaci di richiamare una Venezia a tratti magica, come nel brano “Venezia, Venaga, Venusia”.

Da Fellini a Jane Campion e il suo “Lezioni di piano”, dal quale Albanese ha proposto due brani, entrambi ad opera del compositore inglese Michael Nyman. L’evocativo e raffinato “Big my secret” ha lasciato spazio a “The heart asks pleasure first”, con melodia ed arrangiamenti eleganti che portano con sé un’eco di musicalità scozzese.

La sezione dedicata al cinema si è conclusa poi con due brani diventati iconici nella storia delle colonne sonore. Si tratta della delicata e allo stesso tempo virtuosistica “Playing love” di Ennio Morricone, seguita da un altro tema musicale portante come “Hedwig’s Theme”, scritto da John Williams per la saga di Harry Potter, con il suo tema modale saltellante, che ha visto Albanese esibirsi in virtuosismi mossi tra intervalli minori fino allo sviluppo dei cromatismi, capaci di attrarre il pubblico con la loro forza evocativa.

Dalla musica per film alla contemporaneità, con i “Preludi da viaggio”, scritti nel 2021 da Nicola Campogrande. Dagli accordi leggeri e saltellanti di “Appello urgente”, che ricorda il richiamo del pubblico in sala, Albanese passa alla delicatezza di “L’arte di prendere posto”, per concludere con le note rade e ricercate di “Elogio della discrezione”.

Dal movimento umano alla riflessione musicale riferita al mondo naturale di “Piano music n.2” (“Study on the Giant Swallows”) e “Piano music n.6” (“Rain Portrait”) di Emanuele Casale, nei quali il pianista ha mostrato tutta la propria abilità nella resa frenetica (anche onomatopeica) del volteggiare delle Rondini Giganti, attraverso un movimento frenetico che l’ha portato, senza soluzione di continuità, da una parte all’altra della tastiera.

Frenesia e resa tecnica ineccepibile che sono emerse al meglio in “Succede ai pianoforti di fiamme nere” di Carlo Boccadoro. Il titolo riprende quello di un quadro di Enzo Cucchi, raffigurante un pianoforte in fiamme che brucia all’interno di un vulcano. Fiamme che descrivono al meglio le “ventisei pagine di puro inferno” (come descritte da Albanese) che compongono l’opera. Rapide scale che si uniscono a contrasti e dinamiche estreme, svolte con una maestria tecnica ed un dinamismo impressionanti: una difficoltà di esecuzione incredibile, giustamente premiata da un lungo applauso da parte del pubblico.

Dopo la prova tecnica di virtuosismi e trilli simili ad un crepitio del brano di Boccadoro, Giuseppe Albanese ha fornito ancora una volta prova della propria maestria con l’esecuzione di “Réminiscences de Norma” (S.394) di Franz Liszt: un richiamo a Bellini che ha messo di nuovo alla prova il pianista con arpeggi e cambi dinamici. Cinque brani in totale che, ancor più delle colonne sonore, hanno permesso a Giuseppe Albanese di esprimersi grazie alla propria capacità tecnica espressa in maniera egregia sul palco del Donizetti.

Un luogo che, per una sera, ha visto il pianista faentino diventare anche ambasciatore della propria terra martoriata, in una serata che è diventata esempio concreto di solidarietà. Esempio lampante di come la musica (e la cultura in generale) siano vita, capaci di andare oltre i luoghi deputati per cercare di diventare conforto nella quotidianità.

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