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Tribunale

Morto in ditta a 38 anni: chiesti 3 anni e mezzo per il titolare della Diesse Rubber di Filago

Nelle richieste del pm anche 2 anni per il datore di lavoro della vittima e 1 anni e 4 mesi per l'autista del muletto sul quale era caricata la bobina da 275 chili che ha schiacciato Matteo Regazzi

Bergamo. La pena più elevata il pubblico ministero Giancarlo Mancusi l’ha chiesta per Giuseppe De Stasio, titolare della Diesse Rubber Hoses spa di Filago, azienda dove il 5 novembre 2018 l’elettricista 38enne Matteo Regazzi subì un infortunio che lo portò al decesso nel giro di un paio di settimane. Tre anni e mezzo per lui, 2 anni per Cesare Previtali, datore di lavoro di Regazzi, titolare della Elettrobonatese di Bonate Sopra e 1 anno e 4 mesi per Lucian Sturzu, l’operaio che guidava il muletto e che, secondo l’accusa, avrebbe sbagliato manovra facendo cadere una bobina di 275 chili addosso all’elettricista.

Quel giorno infatti, secondo la ricostruzione dell’accusa, il mulettista procedeva ad una velocità superiore rispetto a quella prevista dalla manovra che si apprestava a fare. Infatti Sturzu face una curva stretta e poi frenò di colpo: è a quel punto che la bobina cadde dal muletto e schiacciò Matteo Regazzi. L’elettricista doveva smontare dei locali compressori ed era intento a riavvolgere dei cavi. Era accucciato a terra, di spalle, quando la pesante bobina gli è finita addosso.

Il pm nella sua requisitoria ha evidenziato che, secondo l’accusa, la Diesse Rubber non aveva provveduto a realizzare una segnaletica a terra adeguata al tipo di movimentazioni che avvenivano in azienda. Non solo, i muletti utilizzati non sarebbero nemmeno stati idonei al trasporto di bobine di quel tipo.

L’avvocato Francesca Pierantoni assiste la sorella di Matteo, Veronica, che si è costituita parte civile. “Ci sono stati maldestri tentativi di dare la colpa alla vittima rispetto a quanto accaduto – ha dichiarato il legale -. Ma lui era lì, rannicchiato, non intralciava nessuno, non dava nessun fastidio”.

Secondo l’avvocato, nel corso del processo, alcuni testimoni avrebbero messo in dubbio che l’elettricista fosse morto a causa di uno schiacciamento provocato dalla bobina. Anche perché quel giorno, all’arrivo dei sanitari del 118, non c’era nulla accanto o sopra il corpo di Regazzi. “Eppure Matteo non è morto per un raffreddore, ma per un politrauma da schiacciamento. E la mamma ci ha assicurato che uno dei testimoni, il giorno dopo l’incidente, era andato in ospedale per vedere come stava suo figlio e le aveva espressamente riferito che era stato investito dalla bobina”, ha continuato il legale.

“Chiedo quindi un risarcimento per la perdita dell’unico fratello di Veronica, al quale era molto legata. La mancanza di Matteo la sua famiglia la sente ogni giorno, anche ora che sono passati 5 anni dalla sua morte. Durante questo processo i genitori e la sorella hanno dovuto rivivere gli ultimi istanti di vita del loro figlio, del fratello. Chiedo quindi un risarcimento di 115mila euro, che scende a 95mila considerando il fatto che Veronica ha già percepito 20mila euro dall’assicurazione. In subordine chiedo una provvisionale di 60mila euro”, ha concluso l’avvocato.

I genitori di Matteo Regazzi sono già stati risarciti civilmente.

La prossima udienza, fissata per il 31 maggio, sarà dedicata alle difese mentre la sentenza è prevista per il prossimo 13 luglio.

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