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Delitto di mapello

La lucida furia del cugino di Stefania Rota: la uccide e per oltre due mesi depista le indagini

Dopo l'omicidio, Ivan Perico ha abbassato le tapparelle, ha chiuso la porta a chiave, fatto sparire documenti e carte di credito, ha mentito alle amiche che cercavano la donna e usato la sua auto

Mapello. È stata colpita alla testa, al viso e al collo Stefania Rota. Con una violenza tale da provocarle una estesa frattura al cranio, una ferita e un ematoma al volto. Anche l’osso ioide e la cartilagine della carotide erano rotte.

Una furia omicida che gli inquirenti attribuiscono a Ivan Perico, 61 anni, suo parente alla lontana e vicino di casa. Una furia lucida, considerato che il presunto assassino, dopo il delitto, ha adottato tutta una serie di cautele per evitare di far scoprire il cadavere. E c’è riuscito per ben due mesi e 10 giorni.

Mentre Stefania era stesa sul pavimento del soggiorno della sua abitazione con la testa spaccata, Ivan, secondo la ricostruzione della procura, ha abbassato tutte le tapparelle della casa, ha chiuso le imposte e le saracinesche, la porta a chiave, ha fatto sparire i suoi documenti e le carte di credito. Ha raccontato bugie alle amiche della donna, ha spostato la Fiesta blu tra Mapello e Ambivere.

Il giorno in cui Stefania Rota è stata uccisa era l’11 febbraio 2023 e ci sono numerosi indizi che lo provano. I carabinieri durante la perquisizione dell’appartamento di via XI Febbraio hanno trovato uno scontrino del supermercato Conad con quella data. C’era anche “un’agenda del 2023 dove la vittima riportava quotidianamente tutto quello che faceva durante la giornata – si legge nell’ordinanza d’arresto del gip – e l’agenda documentava la compilazione proprio fino al giorno in questione”.

Su quest’ultima pagina c’era scritto: “Alzata alle 8.40, colazione al bar, rifornimento di benzina, supermercato Conad al centro commerciale di Curno”.

Ivan Perico è anche l’ultima persona che ha sentito Stefania al telefono. I due avevano iniziato a telefonarsi il 16 luglio 2022 ed hanno smesso di colpo l’11 febbraio 2023. Quel giorno l’uomo ha chiamato la cugina alle 13.13 e i due si sono parlati per circa 8 minuti. Poi l’ha richiama alle 14.36: una telefonata di soli 5 secondi, l’ultima della donna. A quelle che sono arrivate nei giorni seguenti, provenienti da numeri di amiche e altre persone, la 62enne non ha mai risposto. Nessuna chiamata in entrata dall’utenza di Ivan Perico.

Quello della 62enne non è stato quindi un dramma della solitudine. Nonostante fosse una donna riservata le sue amiche non si erano dimenticate di lei. Sono state due di loro a segnalarne la scomparsa alle forze dell’ordine, non certo il parente arrestato.

Sentita dai carabinieri, una di loro ha riferito che all’inizio di marzo, non avendo notizie di Stefania, si era recata alla sua abitazione e, non trovandola, aveva citofonato a Ivan, con il quale l’aveva vista qualche volta camminare in paese ad Ambivere. Perico aveva risposto che Stefania non c’era, era via per lavoro, sarebbe tornata sabato. L’amica aveva riprovato poco prima di Pasqua ed “era stata avvicinata da Perico, il quale aveva riferito che la parente era andata a lavorare lontano, da una persona per la quale aveva già lavorato in passato e che le dava 1.500 euro. Aveva detto poi che sarebbe tornata dopo Pasqua e che sua moglie l’aveva vista 15 giorni prima”.

“Nelle informazioni false rese dall’indagato all’amica della vittima – si legge nell’ordinanza – si evidenzia chiaramente il tentativo di nascondere la morte della donna. L’unica seria spiegazione di tale comportamento può allo stato individuarsi nella volontà dell’indagato di occultare la propria azione omicida”.

Analizzando e sovrapponendo il traffico telefonico e telematico del telefonino di Perico al tracciato del Gps dell’auto di Stefania Rota, gli inquirenti hanno scoperto che, a spostare la vettura, era stato proprio Ivan. Il 10 aprile alle 7.38 del mattino l’auto era stata spostata dal parcheggio di via Foscolo a Mapello a quello di via Bellini ad Ambivere.

Secondo il gip sussistono quindi le esigenze cautelari ed ha applicato la misura del carcere per il pericolo di reiterazione del reato.

L’uomo viene infatti definito “portatore di una personalità violenta e pericolosa“, “un individuo che ha ucciso una persona, con la quale aveva una frequentazione assidua, e di cui ha occultato il cadavere, evidenzia l’assenza di qualsiasi pietà ed empatia per la persona uccisa, anche solo per il suo cadavere. Il pericolo che una persona capace di tali azioni possa essere indifferente alle comuni regole etiche è attuale e concreto”.

Le indagini non sono comunque concluse: bisognerà ora individuare il movente del delitto e se l’arrestato sia in possesso delle chiavi dell’auto e dell’abitazione di Stefania Rota.

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