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La sentenza

Omicidio di Treviglio, Silvana Erzembergher assolta perché incapace di intendere e volere

Esclusa anche l'aggravante dei futili motivi. La decisione della Corte d'Assise: la 71enne dovrà scontare almeno 5 anni in una Rems, la struttura per gli autori di reati infermi di mente e socialmente pericolosi

Bergamo. Silvana Erzembergher assolta perché incapace di intendere e volere al momento dell’omicidio del vicino di casa, il 61enne Luigi Casati freddato con quattro colpi di pistola la mattina del 28 aprile 2022. Quel giorno la 71enne sparò altri tre proiettili, ferendo gravemente anche la moglie della vittima, Monica Leoni, miracolosamente sopravvissuta all’agguato nel cortile sotto la loro abitazione.

Proprio perché incapace, la Corte d’Assise non hanno riconosciuto l’aggravante dei futili motivi, stabilendo per l’anziana almeno 5 anni di detenzione in una Rems, la residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi. Il pm Guido Schininà ne aveva chiesti 10.

La sentenza era nell’aria. Del resto, i giudici avevano deciso di non disporre un’ulteriore perizia psichiatrica (quella richiesta dalle parti civili) ritenendo sufficienti le tre consulenze tecniche già prodotte: due (quelle prodotte da accusa e difesa) giunte alla stessa conclusione, ovvero che l’omicida fosse incapace di intendere e volere.

Silvana Erzembergher, è emerso nel processo, sarebbe in preda a un “disturbo delirante”, un delirio cronico basato su un sistema di credenze illusorie che finiscono con l’alterare l’approccio con la realtà di chi ne soffre. In pratica, sarebbe convinta di essere vittima di una cospirazione: di essere spiata, inseguita, molestata dai vicini. “In carcere – si è detto – sentiva ancora i campanelli”. Gli stessi che era convinta suonassero i vicini di casa per non farla dormire.

Ovviamente non era così, ma poco importa se la realtà dice il contrario. La 71enne non avrebbe manifestato alcun segno di pentimento o ravvedimento aveva spiegato l’avvocato difensore Andrea Pezzotta, che nell’udienza di martedì mattina (9 maggio) ha riportato ai giudici la “solidarietà” dei parenti della donna alla famiglia della vittima, chiedendo per la sua assistita l’assoluzione e il non riconoscimento dell’aggravente.

Sulla diagnosi di “disturbo delirante” aveva concordato la criminologa Cristina Colombo del San Raffaele di Milano, chiamata come testimone delle parti civili nel processo per omicidio volontario aggravato. La dottoressa aveva però avanzato la necessità di altri accertamenti. Secondo lei, la decisione di sparare non era necessariamente collegata alla patologia, poiché il disturbo delirante non compromette totalmente la libertà di scelta. “Se c’erano problemi – è il suo ragionamento – Silvana Erzembergher poteva anche rivolgersi alla polizia o cambiare casa. La scelta di sparare è stata influenzata dalla patologia, ma non si può dire che ne sia stata determinata al cento per cento”.

Già un anno prima Monica Leoni aveva denunciato la 71enne per un’aggressione; sempre sotto casa, con un bastone. Ma per un errore burocratico i carabinieri non erano risaliti alla pensionata, a cui in teoria andava tolta la pistola.

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