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La riflessione

I diritti dei lavoratori: un lungo percorso segnato da conquiste e non ancora concluso

Per risalire alle origini di questa festa occorre volgere lo sguardo agli Stati Uniti e tornare indietro di oltre un secolo, esattamente al 1866

Oggi nel mondo ci sono quasi 200 Paesi riconosciuti dall’ONU e la Festa del Lavoro viene festeggiata in una sessantina di questi. Sommando il numero degli abitanti di questi 60 Stati, tra i quali figurano i paesi più popolosi al mondo come Cina, India o Brasile, possiamo affermare senza tema di smentita che oggi la Festa del Lavoro venga celebrata da oltre la metà degli abitanti del pianeta.

Per risalire alle origini di questa festa occorre volgere lo sguardo agli Stati Uniti e tornare indietro di oltre un secolo, esattamente al 1866. In quell’anno, mentre in Europa divampava lo scontro tra Austria e Prussia che coinvolgeva anche il Regno d’Italia con la Terza Guerra d’Indipendenza, a Chicago fu approvata la prima legge che riduceva a otto le ore lavorative giornaliere.

Vent’anni dopo, a causa del mancato rispetto di questa legge, sempre a Chicago, scoppia una protesta che si trasforma in tragedia quando la polizia decide di sparare sulla folla uccidendo e ferendo numerosi manifestanti. Alcuni anarchici che, secondo la polizia, avevano aizzato le folle vennero presi e condannati a morte. Quando la notizia arrivò in Italia e in particolare a Livorno, scoppiò una rivolta che si rivolse dapprima contro le navi statunitensi presenti nel porto e poi contro la Questura dove si credeva avesse trovato rifugio il console statunitense. Anche per questa protesta venne trovato un responsabile anarchico, si trattava di un certo Pietro Gori che verrà arrestato con le accuse di “ribellione ed eccitamento all’odio fra le diverse classi sociali” e di “eccitamento allo sciopero e resistenza all’autorità” nel maggio 1890.

Tre anni più tardi, a Bologna, un ferroviere anarchico si impadronì di una locomotiva lanciandosi ad una velocità per quell’epoca elevata verso la stazione di Bologna in segno di protesta, si dice, contro le dure condizioni di lavoro della sua categoria. La locomotiva verrà deviata su un binario morto e il ferroviere sopravviverà riportando tuttavia gravi menomazioni. Da questi fatti prende spunto la famosa canzone “La locomotiva” di Guccini: erano anni in cui l’industrializzazione cresceva a dismisura. E, di conseguenza, aumentava anche la coscienza di classe da parte dei lavoratori i quali “forse con più rabbia in corpo” pensavano fosse giunto il momento “di riparare a qualche torto” di vendicare “generazioni senza nome”.

A oltre un secolo dall’”epoca dei fatti” quanto è cambiato il mondo del lavoro e il mondo in generale? Moltissimo per certi versi; per altri potremmo dire che non è cambiato proprio per nulla! Oggi parliamo di lavoro agile e di riduzione della settimana lavorativa, di precarietà e di flessibilità e intanto la tecnologia “corre corre corre” peggio di una locomotiva ad alta velocità e le generazioni con un nome, ovvero la Generazione X, la Generazione Z, i Millenials si domandano quale sarà il loro futuro. E i Boomer si domandano se ci sarà una pensione per loro. Occorre cercare soluzioni e trovare risposte concrete perché la storia ci ha già mostrato, ahinoi, che la rabbia sociale può avere “un potere tremendo, la stessa forza della dinamite!”

Marco Parisi

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