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Cinema

La recensione

L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice: una società può diventare tale solo abbattendo i pregiudizi video

Médéric si innamora di una prostituta ed accoglie in casa un giovane musulmano, mentre il centro di Clermont-Ferrand è sconvolto da un attentato

Titolo: L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice

Titolo originale: Viens je t’emméne

Regia: Alain Guiraudie

Paese di produzione/anno/durata: Francia/2022/100min.

Interpreti: Jean-Charles Clichet, Noémie Lvovsky, Ilies Kadri, Michel Masiero, Doria Tillier, Renaud Rutten, Philippe Fretun, Farida Rahouadj, Miveck Packa

Programmazione: Lab80 (Lo Schermo Bianco)

“Viens je t’emmène”, “Vieni, ti accompagno io”. Un’affermazione solidale e di attenzione che sottolinea un moto, un agire che può essere portato a termine solo con l’aiuto dell’altro. Affermazione con la quale Alain Guiraudie titola il suo ultimo film, distribuito in Italia come L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice, dal 27 aprile in sala.

Nel film, lo slancio solidale è messo a dura prova a causa di un attacco terroristico avvenuto nel centro della cittadina di Clermont-Ferrand. Qui Médéric (Jean-Charles Clichet), un uomo celibe con tratti da nerd, scopre l’attentato solo attraverso il telegiornale, mentre si trova in una stanza con Isadora (Noémie Lvovsky), una prostituta di mezza età di cui si è innamorato. L’attualità però gli bussa presto alla porta, quando decide di accogliere in casa il giovane Selim (Iliès Kadri), un ragazzo magrebino senzatetto, che viene ricercato dalla polizia perché sospettato di coinvolgimento nell’attentato.

Una decisione che turba il sonno del protagonista, molto combattuto sul da farsi: quando la polizia lo arresta, rilasciandolo poco dopo, Selim non avrà altro posto dove stare che il condominio di Médéric. In questo edificio, Guiraudie tratteggia un piccolo microcosmo della società, tra arabi che non amano i musulmani, fanatici della legittima difesa e ragazzi di periferia abili nel farsi giustizia da soli. L’attacco terroristico rimane fuoricampo, mentre sulla scena si affrontano in maniera comica ed intelligente le paranoie che seguono, le reazioni degli abitanti che danno sfogo al pregiudizio, rimanendo ben lontani dalla statua di Vercingetorige, il centro colpito dall’attentato.

Guiraudie affronta la paura senza lasciarsi andare a slanci emotivi, sovvertendo luoghi comuni che lasciano spazio, fin da subito, al desiderio. Se la paura del diverso si trasforma in accoglienza umana, è il desiderio che muove la pellicola. Un “accompagnare” che è accoglienza, porte aperte verso l’altro, desiderio di condivisione. Desiderio che diventa attrazione, nel colpo di fulmine di inizio film tra Médéric e la prostituta Isadora, che il protagonista desidera, ma volendo sedurla, “alla maniera tradizionale, senza pagare”. Un amore che va oltre le convenzioni e le convinzioni, dove la morale lascia spazio al piacere. Un piacere ricercato, anche all’interno di un confessionale nella cattedrale di Clermont, ma mai totalmente soddisfatto. Un desiderio mortificato, placato sul nascere, che nel caso del marito di Isadora diventa condanna, sentimento di attrazione che supera qualsiasi ostacolo morale.

La religione, sconfessata per amore, diventa pregiudizio e paura di fronte ad arabi in preghiera. Se Médéric non trova alcuna remora nel corteggiare una prostituta, rimane perplesso di fronte ad una preghiera in una lingua sconosciuta che rimanda alla paura generata dagli attentati. Una paranoia che colpisce un condominio per spostarsi nel centro storico, nei palazzi popolari fino alla zona residenziale, dove abitano Isadora con il marito, nella quale sono gli stessi abitanti a fungere da sorveglianti-sorvegliati.

Una paranoia che allontana dal desiderio e dal vivere appieno la vita, obbligando Médéric ad un perenne coito interrotto. La soluzione allora si può trovare solo all’interno di una società che, nella visione positiva di Guiraudie, trova la volontà di essere tale proprio allontanando pregiudizi e luoghi comuni per mettersi a servizio dell’altro.

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