Chi canta con voce e cuore le musiche della Resistenza tramanda la storia di un Paese, di una intera generazione che, antifascisti o meno, ci riguarda. Tutti e tutte. Il sangue versato, la giovinezza perduta, le montagne, i sentieri nascosti, le scelte di quelli che hanno preso una posizione.
È la storia di chi cercò “la libertà tra rupe e rupe, contro la schiavitù del suol tradito”, come quella narrata da “I ribelli della montagna”, canto partigiano di origine ligure conosciuto anche come “Dalle belle città”.
“Siamo i ribelli della montagna,
Viviam di stenti e di patimenti,
Ma quella fede che ci accompagna
Sarà la legge dell’avvenir”, recita il ritornello.
Il brano divenne l’inno della III Brigata d’assalto garibaldina in Liguria che venne quasi completamente distrutta il 6 aprile 1944 ed è oggi uno dei pochissimi canti partigiani originali di cui sia rimasta traccia. Autore del testo è Emilio Casalini “Cini”; la musica, invece, viene attribuita ad Angelo Rossi, detto “Lanfranco” che la compose durante i turni di guardia.
Un altro gioiello del patrimonio della Resistenza è sicuramente “Oltre il ponte”, il luogo in cui “oltre il fuoco comincia l’amore”, testo scritto da Italo Calvino nel 1958 e musicato da Sergio Liberovici l’anno successivo. È una poesia di una bellezza disarmante contro la guerra in cui Calvino racconta la sua narra i vent’anni di un ragazzo che si unisce alla lotta in nome dell’avvenire “di un mondo più umano, più giusto, più libero e lieto”.
“Avevamo vent’anni e oltre il ponte
oltre il ponte ch’è in mano nemica
vedevam l’altra riva, la vita
tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte
tutto il bene avevamo nel cuore
a vent’anni la vita è oltre il ponte
oltre il fuoco comincia l’amore”.
Nel 2005, per il 60° anniversario dalla Liberazione, “Oltre il ponte” è stato interpretato da Moni Ovadia insieme ai Modena City Ramblers nell’album collettivo “Appunti Partigiani”, con un arrangiamento musicale ispirato alla musica originale di Sergio Liberovici e al tradizionale irlandese “The Blacksmith”.
Altro pezzo meraviglioso che testimonia la Resistenza ma scritto dai GANG (Sandro e Marino Severini) nel 1995 è “La pianura dei sette fratelli”, canzone ispirata alla vicenda dei sette fratelli Cervi, trucidati dai fascisti il 28 dicembre 1943 a Reggio Emilia.
“E terra e acqua e vento
non c’era tempo per la paura,
nati sotto la stella
quella più bella della pianura
Avevano una falce
e mani grandi da contadini
e prima di dormire
un “padre nostro” come da bambini.
Sette figlioli sette
di pane e miele a chi li dò.
Sette come le note,
una canzone gli canterò”.
Gelindo (classe 1901), Antenore (1906), Aldo (1909), Ferdinando (1911), Agostino (1916), Ovidio (1918), Ettore (1921) pagarono con la vita la loro militanza. Il loro sacrificio è stato cantato anche dai Modena City Ramblers (in “Appunti Partigiani”, album del 2005 ) in una rivisitazione del brano originario.
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