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25 aprile

Le parole della Resistenza: il coraggio partigiano nella letteratura

Da Fenoglio a Calvino, da Pavese a Viganò: tante le voci che raccontano la nostra storia. E la conquista di una nuova libertà

Coraggioso e difficile – ne abbiamo testimonianza – è stato fare la Resistenza. Viverla. Importante è conoscerla, comprenderla, afferrarla. Anche per questo esistono le parole. Soprattutto per questo.
Ed è proprio grazie alla letteratura che ci arriva molto di quello che è stato: di uomini e donne che con forza hanno fronteggiato le brutture di uno dei più tristi capitoli della nostra storia e, con la determinazione di chi ha i giusti intenti nel cuore, hanno contribuito alla sconfitta del nazifascismo.
Partigiani che non si sono piegati al male del tempo e alla paura di soccombere, capaci – appunto – di resistere e segnare così, per sempre, la storia di tutti noi.

Di questi partigiani, e di quel turbolento periodo, hanno scritto molti autori. Dei tanti, se ne ricordano soprattutto alcuni che, la Resistenza, l’hanno vissuta in prima persona; altri, ne hanno subito intuito l’importanza.

Di seguito, alcune delle opere maggiormente ricordate:

Beppe Fenoglio – Una questione privata (1963)
Pubblicato postumo nel 1963, pochi mesi dopo la morte dell’autore, “Una questione privata” narra le vicende di Milton, giovane partigiano, e della sua disperata ricerca di Giorgio, anch’egli impegnato nella Resistenza, al fine di sapere di più del sentimento che lega quest’ultimo a Fulvia, donna da lui amata. “Una questione privata” racconta la storia di giovani ragazzi in balia dei primi amori, in una quotidiana spensieratezza d’un tratto sbaragliata dalla guerra. Da una cruda, distruttiva guerra.
Di quest’opera, semplicemente esemplare in ogni sua parte, Italo Calvino scrive – e sarebbe impossibile dargli torto –: “Il libro che la nostra generazione voleva fare, adesso c’è, e il nostro lavoro ha un coronamento e un senso, e solo ora, grazie a Fenoglio, possiamo dire che una stagione è compiuta, solo ora siamo certi che è veramente esistita: la stagione che va dal Sentiero dei nidi di ragno a Una questione privata. […] c’è la Resistenza proprio com’era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente dalla memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione, e la furia”.

Italo Calvino – Il sentiero dei nidi di ragno (1947)
Inevitabile ricordare quest’opera, per la sua travolgente bellezza e la forza espressiva. “Ogni volta che si è stati testimoni o attori d’un’epoca storica – scrive lo stesso autore – ci si sente presi da una responsabilità speciale. A me, questa responsabilità finiva per farmi sentire il tema della Resistenza come troppo impegnativo e solenne per le mie forze. E allora decisi che l’avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli occhi d’un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l’aspro sapore, il ritmo”. Calvino riesce nel suo intento e lo fa presentandoci il lato più umano della Resistenza. In una storia fatta di piccole, grandi persone in cerca di una nuova libertà, la voce di Pin ci guida in vicende di uomini – non di eroi – pronti a combattere dalla parte giusta.

Cesare Pavese – La casa in collina (1949)
Un romanzo sulla Resistenza, ma diverso da tutti gli altri romanzi sulla Resistenza. Un’opera fortemente autobiografica (lo stesso Pavese non partecipa alle lotte partigiane e proprio come Corrado, il protagonista, si rifugia in un luogo sicuro) in cui emergono prepotentemente la mancata azione e profonde riflessioni sulla responsabilità umana. Riflessioni che portano protagonista e autore a interrogarsi sull’insensata sofferenza della guerra. A fuggire dai suoi orrori, restituendo così la Resistenza da un punto di vista differente: quello di chi non ha saputo scegliere. E, passivamente, si è arreso alla vita.

Renata Viganò – L’Agnese va a morire (1949)
L’opera di Renata Viganò – vincitrice del premio Viareggio nel 1949, anno di pubblicazione del romanzo – nasce dall’esperienza diretta dell’autrice, partigiana tra i partigiani nelle valli di Comacchio.
“L’Agnese va a morire” merita un posto privilegiato tra i romanzi simbolo della Resistenza per la verità con cui la racconta. I fatti sono riportati e documentati con una precisione rara e preziosa e l’atmosfera di quegli anni è descritta per com’era realmente: cupa, terribile, densa di tragedia. Il destino della protagonista è segnato, ma il suo coraggio è degno di nota e il suo sacrificio non attenua la sua forza. Fino all’ultimo.

Luigi Meneghello – I piccoli maestri (1964)
Fascista prima, antifascista poi, dopo l’armistizio del 1943 Luigi Meneghello fonda un gruppo di giovani partigiani denominati i “Piccoli maestri” – da qui il titolo del romanzo – e partecipa in prima persona alla Resistenza. Le vicende narrate si insediano in una prospettiva antieroica, nei gesti e nelle parole di ragazzi alle prese con precarietà e paure. “Ciò che mi premeva – scrive l’autore – era di dare un resoconto veritiero dei casi miei e dei miei compagni negli anni dal ’43 al ’45. Veritiero non all’incirca e all’ingrosso, ma strettamente e nei dettagli […]. Come per ciò che ho scritto sul mio Paese, non prendevo nemmeno in considerazione la possibilità di adoperare altra materia che la verità stessa delle cose, i fatti reali della nostra guerra civile così come li avevo visti io dal loro interno”. Ed è proprio l’aderenza alla realtà, scarna di sentimentalismi, la vera e autentica forza di questo romanzo.

Meritevoli di un accenno e di un’attenta lettura sono anche altre opere, quali: “Fausto ed Anna” di Carlo Cassola (1952), “Uomini e no” di Elio Vittorini (1945), “I ventitré giorni della città di Alba” di Beppe Fenoglio (1952), “Diario partigiano” di Ada Gobetti (1956). E molte altre.

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