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I discorsi al caminetto

Provincia, Gandolfi: “Lavoro, 10mila incontri e più di 3mila hanno trovato impiego” video

Il presidente in carica si racconta tra analisi politiche, numeri, impegni presi e traguardi raggiunti

Bergamo. Brilla la spilla che ritrae l’effige della Provincia, sberluccica sulla giacca di un elegantissimo completo blu. Lui la porta sempre. E non serve solo a dare un tocco in più alla mise di un uomo sempre impeccabile e dall’indubbio buon gusto, il che non guasta mai, ma anche a ricordare un ruolo che, da dicembre 2021, lo vuole alla guida dell’istituzione chiamata più di tutte a fare da trait d’union sul territorio, collante e osservatorio speciale di una serie di tematiche su cui si gioca la partita della vita di ciascun cittadino, come il lavoro, la formazione, la scuola e molto altro ancora.

Ma lui, Pasquale Gandolfi, numero uno del palazzo storico di via Torquato Tasso, la prima opera pubblica realizzata a Bergamo dopo la proclamazione del Regno d’Italia, è molto altro ancora. Politico di lungo corso nelle fila del Partito Democratico, che ha vantato anche un posto di prim’ordine nella Commissione Paesaggistica del Parco dei Colli – ne è stato il presidente – è sindaco, ancora in carica, al suo secondo mandato, del Comune di Treviolo, e vice segretario provinciale Dem. E chi più ne ha, più ne metta. Vale a dire, di strada ne ha fatta. E tanta.

Politico preparato e serio, con un background da far invidia anche a chi guarda da gradini più alti. Nulla da inviare, dunque. Tutt’altro. Ha visione e capacità di essere sempre sul pezzo, anche quando il discorso si fa squisitamente politico e si affrontano temi nazionali, come il lavoro femminile e l’immigrazione.

E più che un complimento, il nostro, è un fatto da annotare.

Non sono lusinghe, dunque, ma l’analisi lucida di chi si trova a interrogare un politico competente che si è messo in gioco nel gestire, guidare e rilanciare un’istituzione finita forse un po’ in soffitta, rendendola, e ci scuserete il gioco di parole, il meno provinciale possibile. Non fosse altro per il fatto che, in questo momento, è espressione di un’unità d’intenti che mette insieme anime e colori differenti, frutto di un connubio di linee politiche che, proprio nella loro diversità, devono necessariamente trovare punti d’incontro e strategie comuni per il bene dei bergamaschi. Eh. Mica robetta così.

Fare il giocoliere, lanciando contemporaneamente più palline diverse e riuscire a non farle cadere, garantendo pure uno spettacolo da applausi, non è così facile. Ma lui ci sta riuscendo benissimo. Certo, nelle segrete stanze non mancheranno le discussioni, i mezzi sorrisi e, forse, ogni tanto, qualche mugugno, ma l’arte del saper fare politica e farla bene è anche questo: riuscire a conciliare le posizioni, per garantire il risultato. Sempre.

Che è arrivato. Basta guardare i numeri. Le politiche attive e fattive di Provincia, specie quando si tratta di lavoro, parlano chiaro. Trasformata in un vero e proprio osservatorio, degno della Torre del Sole, è infatti riuscita a fotografare e mappare le necessità, lavorando in concerto con le richieste del mondo dell’imprenditoria, per aiutare i cittadini a scoprire la loro strada per e verso il futuro.

Lo ha fatto talmente bene che si è guadagnata la medaglia d’oro, a livello nazionale, per la missione 5, ovvero per i progetti finanziati dal PNRR: un meccanismo all’apparenza molto semplice, ma al tempo stesso altrettanto impegnativo, soprattutto in termini di politiche di governance volte a mettere al tavolo tutti gli attori coinvolti, a fare rete, garantendo la compartecipazione e la finalità dell’obiettivo.

E dietro questa sinfonia ben suonata c’è lui, il maestro d’orchestra che, bacchetta alla mano, ora può voltarsi al cospetto del suo pubblico e prendersi tutti gli apprezzamenti del caso. E se è vero, come dice lui, che il lavoro, per quanto ben fatto, è solo agli inizi, c’è da giurare che si vedrà il bis.

Un impegno macroscopico che ha dato i suoi frutti: solo negli ultimi 3 mesi, i centri per l’impiego hanno incontrato oltre 10mila persone, disoccupate, di cui il 28%, quindi quasi 3000, ha trovato un lavoro.

“Meriti non decantati ma acquisiti sul campo”, ricorda un Gandolfi giustamente orgoglioso. Tanto che la stessa Simona Tironi, la neo eletta assessore al Lavoro e alla Formazione di Regione Lombardia, ha voluto incontrarlo per capire ed esportare il “Gandolfi style”.

La discussione corre veloce, zeppa di spunti interessanti.

Gandolfi fa dei collegamenti che qualunque professore, ai tempi della laurea, avrebbe certamente premiato. Il suo pensiero spazia infatti dai numeri sul lavoro, alla disoccupazione e al precariato, passando dalla condizione giovanile e femminile fino ad arrivare alla piaga dell’inverno demografico, alle connessioni urbanistiche e alle politiche della casa e della famiglia. Ne esce un quadro completo, in un puzzle che si visualizza, tassello dopo tassello, mentre il presidente articola il suo discorso.

“Sono 4000 i posti di lavoro in più trovati solo nel 2022, con una disoccupazione che si attesta attorno al 3,4%, nello specifico il 2,8% per gli uomini e poco più del 3% per le donne. Mentre rispetto al tema dei giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti neet, nella nostra provincia sono circa il 16%, un dato che sta sì sotto il livello lombardo e nazionale, ma che non si equipara a quello europeo. Rispetto a questo argomento, che molto mi sta a cuore, ho dato mandato di studiare metodi nuovi e alternativi per arrivare ai giovani prima che il fenomeno si verifichi, partendo proprio da incontri fatti nelle scuole medie e superiori”.

E mentre mescola sapientemente cifre e parole, l’integerrimo politico tutto d’un pezzo si sveste anche un po’ dei panni istituzionali, specie quando regala agli ascoltatori intervalli sul suo privato, per far capire che i suoi non sono solo massimi sistemi ma anche pensieri frutto del suo stesso vivere quotidiano: aneddoti e affettuosi episodi di un uomo comune che ha scelto di essere padre a 46 anni. E il suo sguardo si illumina quando racconta del suo Federico, di appena 17 mesi, e sorride quando nei discorsi porta con sé tutto lo spaccato di una vita certamente segnata dall’impronta istituzionale, ma anche ricca di una stupenda normalità.

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