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Trekking e rifugi

La Val Vertova, un Paradiso a due passi da casa fotogallery

Le acque cristalline del torrente omonimo, la vegetazione rigogliosa e le pareti a strapiombo hanno reso celebre la valletta incastrata fra i monti Alben, Suchello e Cavlera tanto da valergli il titolo di “Maldive di Bergamo”

Vertova. Il Paradiso non è così lontano da quanto ci si possa aspettare.

Più di quanto raccontato da Dante Alighieri nella “Divina Commedia” che, passeggiando lungo i sentieri della Val Vertova, avrebbe probabilmente trovato l’ispirazione per il suo capolavoro.

Le acque cristalline del torrente omonimo, la vegetazione rigogliosa e le pareti a strapiombo hanno infatti reso celebre la valletta incastrata fra i monti Alben, Suchello e Cavlera tanto da valergli il titolo di “Maldive di Bergamo”.

A rendere particolarmente appetibile l’area non sono soltanto i colori variopinti delle pozze, ma anche la presenza di stretti “canyon” modellati nel corso dei millenni dallo scorrere inesorabile dell’acqua e oggi meta di appassionati di trekking e kayak.

In pochi tratti è infatti possibile individuare diverse tipologie di rocce, frutto di un lungo processo geologico che ha visto un radicale cambiamento di paesaggio caratterizzato da climi tropicali con mari calmi, bassi e limpidi.

Un paesaggio che milioni di anni fa è stato sconvolto dai movimenti tellurici che hanno portato allo sprofondamento dei fondali che progressivamente si sono uniti fra loro costituendo estese scogliere composte da coralli e alghe.

Questo procedimento ha portato alla costituzione della Dolomia principale, caratterizzata dal colore rosa o grigio chiaro, a cui si sono aggiunte progressivamente l’Argillite, di colore grigio scuro o nero formatasi da un sollevamento del fondo costituendo bacini chiusi e lagune; la Dolomia a Conchodon, di colore grigio chiara, e ulteriori rocce calcaree stratificate e ricche di selce come la Calcare di Sedrina e di Moltrasio.

Con il processo di formazione della catena alpina, immani forze di compressione hanno portato al sollevamento e al “trasporto” di masse di roccia che hanno comportato una serie di fratture e di faglie decisive per la produzione dell’attuale paesaggio.

La morfologia aspra e accidentata della zona ha costituito una serie di forme di carsismo che hanno portato alla comparsa di voragini e di grotte a cui si aggiungono una serie di canali sotterranei, alla base delle note “sorgenti”.

L’importanza della zona venne compresa dagli uomini sin dai tempi più antichi, come dimostrato da uno statuto risalente al 1235 nel quale si sanciva il divieto di “togliere le pietre dal muro del torrente, gettare pelli di animali nelle sue acque, lavare drappi, panni o lana nella Valle Vertova, mettere lino smazzolato o da smazzolare nel corso d’acqua”.

Documenti che dimostrano l’attenzione riposta dagli abitanti nei confronti dell’area verde complice anche la possibilità di sfruttare le sorgenti per scopi alimentari e agricoli oltre che come fonte di approvvigionamento per i paesi circostanti complice la costruzione di un acquedotto nel corso degli Anni Ottanta.

La ricchezza idrica della vallata ha favorito la costruzione di una serie di edifici dediti all’industria tessile come mulini e magli a cui si aggiunsero con il passare dei secoli anche segherie, fornaci e centrali idroelettriche, decise a sfruttare la forza dell’acqua.

Questo aspetto ha reso particolarmente florida la conca con la comparsa di una serie di filande e impianti di fibratura e persino di una fabbrica di ghiaccio e di una cartiera della quale si fa menzione alla fine dell’Ottocento.

Da un punto di vista naturalistico la presenza di alcune d’aria fresche consentono alla Val Vertova di godere di un microclima particolarmente favorevole anche nei periodi più caldi agevolando così la ricca presenza di specie floreali che vanno dal rododendro alla genziana passando per l’endemica “primula albenensis” sino alla cinquefoglie pendula e all’aquilegia.

Fra i gruppi di frassini, aceri, faggi e carpini che costeggiano il letto le ripide del torrente Vertova si nascondono numerose specie animali fra le quali spiccano il merlo acquaiolo e il toporagno d’acqua a cui si aggiungono una serie di anfibi come il rospo comune, l’ululone dal ventre giallo, la salamandra pezzata e il tritone crestato, ma anche di mammiferi come il capriolo, la faina, la volpe e la donnola.

Questo spettacolo è possibile scorgerlo partendo dal centro di Vertova e risalire via Cinque Martiri dove inizia il sentiero CAI numero 527 che dolcemente risale lungo il letto del corso d’acqua consentendo agli escursionisti di osservare lo spettacolo offerto dal movimento dell’acqua.

Attraversando una serie di guadi a cavallo incassati fra pareti di roccia, gli appassionati di trekking possono camminare per circa due ore senza faticare eccessivamente prima di iniziare a salire più rapidamente verso il bivacco Dante Testa, posto al Passo di Pradaccio a 1489 metri sul livello del mare.

Una struttura utilizzata in passato come ricovero per i pastori e che ha ripreso vita grazie al Gruppo Alpinistico Vertovese che nel 1979 decise di investire le proprie forze regalando un punto d’appoggio ai gitanti che hanno intenzione di raggiungere il Monte Alben.

Ampliato progressivamente nel corso degli anni, il bivacco Testa rappresenta l’arrivo di un percorso lungo quasi quattro ore spalmato su nove chilometri di cammino e 1100 metri di dislivello positivo da superare.

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