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La testimonianza

Attentato di Tel Aviv, il bergamasco Nicoli: “Sto bene, perché sono vivo”

Ha poca voglia di parlare e di raccontare quanto accaduto durante le vacanze pasquali in Israele. Ma è a Bergamo, dove vive e lavora, stretto ai suoi affetti più cari

Bergamo. Quando lo senti al telefono, è di una educazione e di una gentilezza d’altri tempi. E, nonostante la stanchezza e l’essere riuscito a rientrare in Italia solo tre giorni fa, non si sottrae a una breve chiacchierata.

E, con lo stesso garbo con cui ti spiega il perché vuole parlare il meno possibile, ti racconta anche di come “stare bene”, in questo momento, sia un concetto decisamente relativo.

Roberto Nicoli, il 38enne originario di Gandino ma residente a Bergamo da anni, è il giovane scampato alla morte nell’attentato sul lungomare di Tel Aviv poco più di una settimana fa. Un episodio gravissimo, che lo ha visto protagonista e vittima nello stesso momento: diversamente da lui, infatti, l’avvocato romano Alessandro Parini non ce l’ha fatta, travolto mortalmente dall’auto che ha impazzato sulla folla.

Per lui non c’è stata nessun’altra possibilità. Diverso il destino del professore bergamasco che è miracolosamente sopravvissuto.

Che non abbia voglia di parlare di quanto accaduto, fatto salvo per le dichiarazioni rilasciate subito dopo il fatto e quanto riferito agli inquirenti, è pressoché normale. La voglia di lasciarsi alle spalle quanto di drammatico è successo, è certamente la cosa più naturale, quanto il desiderio di tornare alla normalità.

E le ferite non sono solo quelle riportate nello schianto: la gamba, operata, che fa male, gli acciacchi, le botte e la febbriciattola che va e che viene, ma anche e soprattutto quelle dello spirito.

Il tempo lenisce le ferite. Eh. C’è da augurarsi, che valga anche nel caso di Roberto che, al momento, è a casa, protetto dalle mura domestiche, il posto che ora gli sembrerà il più bello del mondo, e dall’affetto dei suoi cari, in primis il fratello e gli zii. In quella che ci tiene a raccontare è la sua casa da sempre, perché lui non è un uomo dal lavoro itinerante, tutt’altro. Era in Israele per trascorrere qualche giorno di vacanza, in occasione delle feste pasquali. Ma lui lavora e vive stabilmente a Bergamo. Quindi, nessuna partenza immediata. Piuttosto un ciclo importante di controlli medici per cercare di far fronte alle ferite riportate.

E c’è di certo che il suo “sto bene”, come racconta, è relativo. Sta bene perché poteva morire in una frazione di secondo, sta bene perché poteva andargli decisamente peggio, perché come dice lui, poteva già essere nell’Aldilà da parecchi giorni.

Ma sta bene. E quello che conta, ora, è solo questo.

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