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Cinema

La recensione

“As bestas”, la violenza ancestrale nello scontro tra due idee opposte di natura

Sorogoyen mostra il conflitto tra una coppia francese stabilitasi nella campagna spagnola della Galizia e gli abitanti. Una lotta per l’installazione di nuove pale eoliche diventa lotta atavica degli uomini per la sopravvivenza

Titolo: As bestas – La terra della discordia

Titolo originale: As bestas

Regia: Rodrigo Sorogoyen

Paese di produzione/anno/durata: Spagna, Francia/2022/137min.

Interpreti: Marina Foïs, Denis Ménochet, Luis Zahera, Diego Anido, Marie Colomb, Luisa Merelas, José Manuel Fernández y Blanco, Federico Pérez Rey, Javier Varela

Programmazione: Cinema Conca Verde Bergamo, UCI Cinema Orio al Serio

Homo homini lupus. Un motto latino (letteralmente “l’uomo è un lupo per l’uomo”) che descrive una natura umana egoista, guidata dall’istinto di sopravvivenza e di sopraffazione. Una natura umana egoista e brutale che caratterizza As Bestas – La terra della discordia, il nuovo film di Rodrigo Sorogoyen, in sala dal 13 aprile.

Una Natura protagonista lungo tutta la pellicola, dove risulta sia attrazione che motivo di scontro. In Galizia, nel nord-ovest della Spagna, l’insegnate francese Antoine (Denis Ménochet) insieme alla moglie Olga (Marina Foïs) trovano il proprio luogo ideale, dove vivere in armonia con la natura, coltivando la terra e ristrutturando case diroccate. Un progetto che vorrebbe permettere un ripopolamento del territorio, quasi del tutto abbandonato a causa delle dure condizioni di vita, circoscritta ad agricoltura e allevamento.

Un ideale di vita rurale che si scontra presto con gli abitanti del luogo, abituati da sempre a sopravvivere con i soli frutti della terra, che può essere fertile, ma che nulla regala rispetto all’impegno ed alla fatica necessari nel lavorarla. Una vita di fatiche che può cambiare, quando una compagnia eolica propone di acquistare le terre degli abitanti per installare delle nuove pale eoliche. Mentre gli abitanti autoctoni prevedono già di migliorare le proprie condizioni dopo la vendita dei terreni, la coppia (ultima arrivata) si oppone al progetto, attirandosi l’antipatia della popolazione e in particolare dei due fratelli vicini di casa. Un’avversione che viene mostrata sin dall’inizio in maniera strisciante e che prosegue in un crescendo della tensione graduale ma costante.

Tensione che ha origine nelle visioni opposte degli abitanti e dello stesso insegnante. Antoine si sposta dalla Francia alla Galizia per ritornare ad un ambiente naturale, privo delle pressioni urbane e che, per questo, diventa indice di migliore qualità della vita. Una scelta radicale, quella di coltivare la terra e ristrutturare case diroccate, possibile però solo grazie ai risparmi messi da parte negli anni. Disponibilità economica mai esistita invece per gli abitanti locali, abituati a sopravvivere grazie alle poche coltivazioni ed al commercio di bestiame. Una differenza incolmabile, paragonabile anche al diverso livello culturale e relazionale. Se per Antoine il rispetto dell’ordine naturale è fondamentale, per gli abitanti originari la vendita dei terreni può diventare mezzo di un riscatto sociale da sempre desiderato.

Queste profonde differenze si traducono in uno scontro violento, in una zona rurale dove la legge, di fatto, non esiste, mentre l’unica giurisdizione possibile è quella naturale ed ancestrale, la violenza atavica dell’homo homini lupus, che mostra gli uomini come “bestie” (richiamate anche nel titolo del film). Una violenza necessaria alla sopravvivenza, che permea la pellicola, attraverso movimenti della macchina da presa che descrivono in maniera apparentemente scarna ed asettica le azioni ed i movimenti dei protagonisti e degli abitanti. Fotogrammi essenziali e snervanti allo stesso tempo, che non perdono il filo della trama e che, nella loro essenzialità, descrivono la tensione perenne che si respira nello svolgersi del racconto.

Un racconto nel quale Sorogoyen sembra non parteggiare né per la modernità e l’ambientalismo di Antoine né per la ricerca di riscatto degli abitanti: ognuno argomenta le proprie idee attraverso azioni e parole permesse dal singolo background culturale.

Alla brutalità dell’uomo ed alla propria lotta per la sopravvivenza, poi, il regista contrappone la gentilezza e la risolutezza femminili. Nel corso del film, un importante punto di svolta porterà le donne ad ergersi al di sopra degli istinti primigeni. Grazie alla forza delle immagini, Sorogoyen scioglie quindi la tensione costante che, attraverso il non-detto, troverà, proprio nella natura umana, una nuova declinazione.

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