• Abbonati
L'intervista

Giada, fumettista: “Folgorata da Tom e Jerry e la Gabbianella e il Gatto, ora collaboro con Netflix”

Bolognese, ha studiato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Torino. Negli anni si è fatta strada nel mondo dell'editoria fino ad approdare nell'universo dell'animazione: tra i suoi clienti anche grandi produzioni

Giada Carboni è una fumettista bolognese che ha studiato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Torino. Negli anni si è fatta strada nel mondo dell’editoria fino ad approdare nell’universo dell’animazione: tra i suoi clienti anche grandi produzioni, come Netflix e Sky kids. Conosciamola meglio!

Come è nata la passione per l’animazione?

Come per tutti coloro che decidono di entrare in questo mondo: davanti alla tv. Mia madre mi racconta spesso due aneddoti molto carini al riguardo. Quando ero piccola guardavo di continuo i cartoni di Tom e Jerry, avevo tutta la collezione di videocassette fino agli anni 80/90. Un giorno decisi di prendere il vasino e di portarlo in camera prima di iniziare un episodio; avevo due anni, non capivo il concetto di pausa nel videoregistratore e quindi mi sembrò la cosa più intelligente da fare: così, se avessi avuto bisogno, non mi sarei spostata per evitare di perdere la puntata. Il secondo accadde quando i miei mi portarono al cinema a vedere “La Gabbianella e il Gatto”: ancora oggi mi raccontano che rimasi tutto il tempo a bocca aperta in silenzio e finito il film mi rifiutai di alzarmi dalla poltrona.

Ricordi il primo disegno che ti ha fatta pensare: “forse questa è la carriera che voglio percorrere”?

Ti dirò… non lo ricordo, ma ho impresso nella mente il primo momento di crisi. Ho sempre disegnato bene, tanto che mio nonna mi diceva che spesso mi esprimevo tramite disegni, ma ho avuto un momento di tentennamento in terza elementare: quando la maestra mi chiese di disegnare un bruco con la griglia, mi bloccai dal terrore; ero l’unica della classe che non riuscivo a fare. Il pomeriggio ho avuto un momento di estrema tristezza e sfogo con mio padre che, ridendo affettuosamente, mi spiegava che si trattava di un esercizio molto semplice.

E il primo post su Instagram?

Sono due, legati al mio percorso di studi. Il primo è un disegno fatto durante una vacanza a Dublino: una ragazza dai capelli biondi e blu; l’altro, una piccolissima animazione: dopo aver dipinto con gli acquerelli su un foglio di carta, avevo scansionato i disegni uno sopra l’altro, poi montati con un vecchio programma di Windows: funzionò! Erano due bambini a tavola, uno dei quali dispettoso; l’altro, per vendicarsi prendeva una delle polpette che aveva nel piatto e gliela lanciava sulla fronte col cucchiaio. Adesso potremmo definirlo un prototipo di una gif, ero davvero orgogliosa! Oggi, per entrambi i post, avrei tante critiche costruttive, però allora ero contenta e li ricordo con affetto.

Hai degli artisti a cui ti ispiri?

Certamente! Primo fra tutti, Jean Jacques Sempé, un vignettista francese di una comicità semplice, ma d’ effetto. Poi Miroslav Sasek, illustratore di una serie di libri per bambini che raccontano diverse città e i loro monumenti: “This is Venice”, “This is Edinburgh” e molte altre… I personaggi di questi libri sembrano ritagliati con le forbici, mi piacciono veramente troppo! Inoltre, i due fondatori della Tonko House Robert Kondo e Dice Tsutsumi, che considero i miei papà artistici: attraverso i loro colori raccontano un mondo; nel 2022 hanno anche collaborato con Netflix per l’uscita della serie animata ONI! Infine, Brad Bird, il sommo re. Ha uno stile narrativo meraviglioso con il quale riesce a dare vita ai suoi personaggi; per me, volendo intraprendere la carriera da storyboard artist quello che lui dice o fa è legge.

Le tematiche a cui sei più affezionata?

Non so se si possano definire tematiche… Tutti i miei post devono riuscire a trasmettere gioia ed emozioni positive, anche quando le vignette trattano temi difficili: credo che il massimo che si possa provare, se si parla di tristezza, sia una sensazione agrodolce. Il mio obiettivo è far entrare gli adulti nel mondo dei bambini. È anche un esercizio personale: so quanto la società in cui viviamo possa a volte essere dura e snervante e disegnare mi aiuta a rientrare nella “dimensione bambina” che cerco di trasmettere attraverso i miei contenuti.

Hai un processo creativo preciso o ti lasci più facilmente ispirare?

Dipende: a volte mi viene un’idea immediata e quindi capisco da subito dove voglio arrivare, in altri casi parto da un concetto che ho nella testa e mi lascio ispirare da altri artisti online, oppure ci sono momenti in cui apparentemente non ho idee, poi semplicemente mi lascio trasportare dalla matita.

Qualche rito scaramantico prima di disegnare?

Un piano di lavoro preciso potrebbe essere definibile come rito scaramantico? (ride) A parte gli scherzi, ne ho uno per i progetti in cui vengo coinvolta: non ne parlo a nessuno finché non sono usciti e finiti al 100%, altrimenti mi viene l’ansia che il meccanismo si possa inceppare e che succeda qualcosa per cui la collaborazione non possa più avvenire.

Nella tua pagina hai anche raccontato la convivenza con le suore: hai infatti vissuto per un periodo alla Casa della Giovane di Torino. Come è stata questa esperienza?

È una storia complicata, ma bella! Dovevo trasferirmi a Torino per frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia, ma si era creata una sovrapposizione di un mese con il Master che stavo seguendo a Treviso; quindi, mi sono trovata a dover cercare una casa con molto ritardo. Tutti i miei compagni di corso erano già sistemati, mi è stata proposta una stanza in convitto alla Casa della Giovane: ho accettato volentieri! Ho bellissimi ricordi: i cori delle suore che la mattina mi svegliavano dolcemente, gli incontri in cucina con le mie coinquiline… Dopo qualche mese di convivenza, ho iniziato a condividere parte della mia esperienza sui social attraverso degli storyboard: c’è stato un riscontro davvero inaspettato, diverse persone mi chiedevano di raccontare di più, e così ho fatto! Ci sono molti pregiudizi verso le figure ecclesiastiche femminili: partendo dal presupposto che ognuno ha avuto le sue esperienze e che quindi si possono avere riscontri positivi e negativi, ricordo che molti miei compagni pensavano che vivessi sotto una sorta di dittatura. Per quanto mi riguarda ho potuto riscontrare una comunità di donne che oltre ad aver trovato nella fede una ragione di vita, è anche aperta a dialogare con ragazze dalla fede diversa o agnostiche. È un ambiente che consiglio!

Raccontaci i retroscena che ti hanno portato a illustrare il libro “Amore, sesso e altre cose così” di Elena Pedruzzi e Fiore Manni.

Nel giugno 2021 Fiore mi contattò chiedendomi di preparare un mood board di vignette con uno stile simile a quello utilizzato per le suore: inviai il Pdf e dopo qualche mese venni contattata dalla Rizzoli, che mi presentò il tema del libro. Il risultato è stato carino e divertente, per i bambini in Italia non ci sono tanti libri di questo genere. La casa editrice e l’ art director mi hanno lasciata abbastanza libera di disegnare i personaggi come volevo. Ammetto che all’inizio non sapevo come affrontare l’argomento: ci sono volute un po’ di chiamate, anche divertenti, per capire a fondo lo stile; è stata una bella sfida!

Avresti piacere di raccontarci qualcosa riguardo al tuo contributo nella serie Netflix “Strappare Lungo i bordi”?

“Strappare Lungo i Bordi” è stata la mia prima vera esperienza nel campo dell’animazione. Come per ogni progetto a cui collaboro ho dovuto superare una selezione: mi sono occupata della colorazione dei personaggi, oggetti di scena ed effetti speciali, una parte del lavoro di preparazione che avviene prima dell’animazione. Sicuramente l’aspetto più importante e formativo è stato capire e “vivere”  una produzione in prima persona. Mi sono “bagnata i piedi” in un mondo, che fino a prima di questa serie, mi era solo stato raccontato. Spero di poter collaborare nuovamente in futuro con Movimenti: un ambiente lavorativo bellissimo che ha prodotto una serie 100% italiana, durante una pandemia, riuscendo a far lavorare circa 200 persone da remoto. Ritengo che stia pian piano ridando vita all’animazione in Italia.

Un’ultima domanda, un po’ particolare: ti è mai capitato di sognare a fumetti?

(ridendo) Non sogno di notte, o se lo faccio, la mattina dopo non ricordo assolutamente ciò che la mia mente ha prodotto.

E a occhi aperti, invece?

A occhi aperti, sì. Parto da una nuvola di una certa forma, i colori del soffitto, le piastrelle del bagno… ad un certo punto vedo un’immagine, non sempre ben definita, da cui, nella mia mente, prende forma una storia animata: sono le cose semplici che mi ispirano sempre.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI