• Abbonati
Il caso

“Le mura di Bergamo”, quel film sul Covid che i bergamaschi disertano

Nei primi quattro giorni di programmazione sale semivuote in città alla proiezione del film "Le mura di Bergamo" del registra Stefano Savona, presentato anche al festival di Berlino

Immaginate: a Wuhan, in Cina, la città da cui è partito il coronavirus, è uscito nelle sale un film documentario che scava e ripercorre i primi tempi della pandemia. Quando ancora il mondo ignorava la gravità del virus. Il film, il primo su questo argomento, è stato presentato ad un festival internazionale raccogliendo elogi. Ebbene: nella sala dove viene proiettato, capienza 3.000 posti, solamente 700 biglietti sono stai venduti al primo spettacolo. Al secondo, quello delle 20.30, va poco meglio.

Mi piacerebbe sentire i vostri commenti ed il dibattito che ne seguirebbe.

Ma fermiamoci un attimo e torniamo invece alla realtà. A Bergamo, la “Wuhan occidentale” con oltre 6mila morti a causa del Covid nella prima ondata, è stato programmato il film “Le mura di Bergamo” del regista Stefano Savona. Ebbene nella sala dell’auditorium di piazza della Libertà che conta 300 posti sabato sera sono stati venduti 70 biglietti. Domenica allo spettacolo delle 18 un’ottantina e domenica sera qualcosa di meno.

La conclusione è subito tratta: i bergamaschi ignorano e disertano il primo film sulla più grande tragedia del secolo che si è abbattuta su di loro.

Film bello? Film brutto?
Non sono un critico cinematografico, ma fermo sulla soglia della sala dell’auditorium e intercetto la stessa domanda: perché nessuno viene a vedere questo film che è su di noi?

La domanda è legittima e necessaria. Tanto più che domenica, nella sfilata di mezza quaresima, è spuntato uno struscione dei No Vax. C’è da chiedersi se prima di una inchiesta della Procura di Bergamo, non sia necessario per tutti noi bergamaschi, che quella tragedia l’abbiamo vissuta in prima linea, un processo sociale per rielaborare un lutto e capire fino in fondo che cosa ci è successo? Come abbiamo reagito? Davvero ne siamo usciti migliori? Che cosa ci ha insegnato questa tragedia?

Risposte che servono soprattutto a noi che abbiamo assistito impotenti all’ondata di un virus che ci ha strappato affetti cari in pochi giorni. Una epidemia che ha messo a nudo tutte le nostre sicurezze e certezze. Sicurezze e certezze di una società considerata solida, sviluppata e progredita.

Se il dolore e la sofferenza non ha reso una persona migliore, allora non è servito a niente.
Forse non abbiamo pianto abbastanza i nostri morti o forse fuggiamo dalla morte? Resta il fatto che saremo dannati a comprendere che tipo di vita vogliamo. Ed è quella che ci resta da vivere.

E adesso buio in sala.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
Generico marzo 2023
Al cinema
“Le mura di Bergamo”, il documentario sulla tragedia pandemica a Lab80
Generico marzo 2023
41ª bergamo film meeting
La lezione de “Le mura di Bergamo”: una società forte conosce e soccorre i fragili
le mura di bergamo
Il dibattito
“Le mura di Bergamo”, il Covid e i bergamaschi: i lettori rispondono “Diamo una tregua alla nostra memoria”
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI