Da qualche settimana nei Paesi dell’Unione Europea può essere commercializzata la farina parzialmente sgrassata di grillo domestico (Acheta domesticus). Il 26 gennaio, inoltre, è entrato in vigore il regolamento che autorizza la commercializzazione delle larve di Alphitobius diaperinus (verme della farina minore) congelate, in pasta, essiccate e in polvere.
Prima della farina parzialmente sgrassata, l’ok dell’Ue per i grilli in polvere e per quelli congelati, in pasta ed essiccati era già arrivato nel marzo 2022. Nelle stesse forme sono già commercializzati la locusta migratoria, dalla fine del 2021, e la larva gialla della farina (larva di Tenebrio molitor, o tenebrione mugnaio) dal marzo 2022.
Nei giorni scorsi l’Università degli Studi di Bergamo ha presentato i dati di una ricerca dalla quale emerge che un italiano su tre è favorevole all’utilizzo della farina di grillo e degli insetti in cucina.
Un tema che divide anche gli chef bergamaschi che, per la maggior parte, sono scettici o contrari:
Mario Cornali, lo chef del ristorante Collina di Almenno San Bartolomeo, afferma: “Qualche anno fa, in un’occasione istituzionale a Bergamo, mi venne dato il compito di allestire un corner dove avrei dovuto proporre quattro preparazioni a base di insetti, più precisamente un grillo, una cavalletta e due diversi tipi di larve. Sorprendentemente constatai che furono apprezzate dai presenti, anche se io, personalmente, non riuscii a mangiarle. Ritengo che, da un punto di vista culturale, manchi la nostra considerazione verso questi alimenti: i nostri nonni nei tempi più difficili – come la guerra – hanno mangiato anche i ratti, ma non i balores, che in bergamasco sono i maggiolini, a indicare che non si sarebbero cibati con gli insetti. È una questione sociologica, antropologica, storica e culturale a legittimare il rifiuto. Non ho nulla contro chi decide di mangiarli, anzi sotto il profilo della logica avrebbe senso consumarli, ma l’uomo non è un soggetto logico, ha dei pregressi che lo condiziona. Nel menù del mio ristorante non li inserirei perché rispecchia la mia filosofia e non punterei mai su qualcosa che non mi rappresenta”.
Giuliana D’Ambrosio, titolare dell’omonima e storica trattoria in via Broseta a Bergamo evidenzia: “Non userò la farina di grilli e nemmeno gli insetti. Non fanno e non faranno parte del menù della mia trattoria perché non si addicono a questo tipo di locale, che propone cucina tipica. Forse potrebbero trovare spazio in ristoranti più ricercati, che offrono piatti sperimentali. Personalmente non mangerei mai gli insetti e non proporrei alla clientela qualcosa che non mi piace. Preferisco salame, polenta e gorgonzola”.
Dal canto suo, Chicco Cerea, executive chef del ristorante “Da Vittorio” a Brusaporto, spiega: “Finora non ho mai preso in considerazione la possibilità di adoperare farina di grillo o insetti perché non fa parte della mia formazione ma in futuro chi lo sa. Mai dire mai. Sono open mind e la curiosità è tanta. Personalmente li ho già assaggiati in Brasile e in Oriente: non è escluso che si possano fare esperimenti con queste farine”.
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