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L'intervista

Barbui: “Non sottovalutate le infiammazioni”. Una ricerca apre nuove strade

Il direttore scientifico di From illustra gli aggiornamenti sui processi infiammatori

Bergamo. Il progetto RICO può avere un grande impatto sulla prevenzione e sulla terapia dei malati. Si tratta di una ricerca collaborativa (RICO è l’acronimo di Ricerca Collaborativa) promossa da FROM, Ospedale Papa Giovanni XXIII e ATS Bergamo che intende indagare il ruolo dell’infiammazione cronica sullo sviluppo di gravi malattie quali l’infarto, l’ictus, i tumori. Ne parliamo con Tiziano Barbui, Direttore Scientifico FROM Fondazione Ricerca Ospedale di Bergamo – ETS.

Perché l’argomento “infiammazione” è oggi meritevole di progetti di ricerca da parte di FROM e del nostro Ospedale?

Negli ultimi 7-8 anni sono stati pubblicati numerosi lavori scientifici che hanno dimostrato come alcuni geni che regolano la formazione delle cellule del sangue sono mutati e che il meccanismo che spiega molte complicazioni o cause di alcune frequenti malattie, come le trombosi e i tumori, riconoscono in maniera preponderante l’infiammazione.

Cosa si intende con il termine “infiammazione”?

L’infiammazione è un processo fisiologico di difesa che il nostro organismo attiva per contrastare le diverse situazioni di pericolo quali: batteri, virus, sostanze tossiche, traumi. Lo strumento che il nostro organismo utilizza per questo processo è il sistema immunitario, che coinvolge cellule specializzate nell’autodifesa.

Quali sono le differenze tra infiammazione acuta e cronica?

L’infiammazione acuta è normalmente è un processo che dura poco (ore o giorni), si associa a febbre e dolore nelle aree infiammate e coinvolge le diverse famiglie dei globuli bianchi e altre componenti del sistema immunologico. Il risultato, in condizioni di normalità, è la guarigione, attraverso il processo che ha causato dolore, rossore, calore, rigonfiamento e che riporta alle condizioni primitive della funzione lesa. L’infiammazione cronica, invece, è un processo che ha gli stessi protagonisti della infezione acuta ma che persiste per mesi o anni, dal momento che il sistema immune del singolo individuo non riesce a eliminare l’agente responsabile di questa condizione.

Quali danni possono derivare dalle due diverse tipologie di infiammazione?

Quando l’infiammazione acuta avviene in aree pericolose quali cervello, cuore, polmoni ed è fuori controllo dal nostro sistema immunitario, può causare danni permanenti e talvolta letali. L’esperienza del Covid-19 è un esempio di danno d’organo (polmonite massiva) dovuto ad uno stato di iper-infiammazione che richiede l’utilizzo di farmaci antiinfiammatori per limitare il danno causato da questa esagerata risposta infiammatoria. Per quanto riguarda l’aggressione cronica, invece, molto spesso non sono presenti segni o sintomi che sottostanno a questo subdolo meccanismo patologico, apparentemente non causato da agenti esterni al nostro organismo. È dovuta alla produzione di anticorpi diretti contro le cellule del nostro organismo, e le malattie autoimmuni che ne derivano sono persistenti e di difficile risoluzione. In altri casi, lo stato di infiammazione può avvenire sotto traccia e negli ultimi anni è stato ritenuto un killer silenzioso responsabile di molte malattie quali ictus, infarti, trombosi venose, artrite reumatoide, diabete, asma, malattia di Alzheimer, tumori maligni.

Quali sono le cause dell’infiammazione cronica?

Vi sono alcune condizioni che maggiormente possono essere responsabili di infiammazione cronica. Alcune riguardano lo stile di vita (fumo, dieta alimentare), altre dipendono da patologie (malattie croniche polmonari, diabete, menopausa prematura) o da trattamenti a cui si è sottoposti (cure per tumori, radiazioni). Questi fattori sono ben noti alla comunità scientifica, ma non spiegano se essi rappresentano la prevalente causa dello stato cronico di infiammazione o se invece contribuiscono con altri fattori maggiormente implicati nella genesi delle malattie.

Quali sono questi fattori? È stato menzionato che alcune lesioni o mutazioni di geni che regolano la emopoiesi (formazione delle cellule del sangue) possono essere implicate nella generazione di infiammazione cronica?

Negli ultimi anni la ricerca si è concentrata nel riconoscere se le lesioni genetiche indotte da fattori esterni quali fumo, stili di vita, altre malattie, infezioni virali, Covid-19 etc. possano avere un ruolo nella causa delle malattie. L’alterazione di questi geni avviene nelle cellule che generano il sangue (emopoiesi) ma, almeno negli stati iniziali, non è associata a malattie ematologiche. Le mutazioni avvengono durante la vita delle persone e devono essere distinte dalle mutazioni che i genitori trasmettono al loro figlio e che causano invece malattie ereditarie. I geni mutati di cui parliamo sono pertanto acquisiti e la ricerca ha dimostrato che sono implicati nella attivazione di sistemi
che portano ad uno stato persistente di infiammazione subdola e continua con conseguenti complicazioni vascolari ( infarto, icutus, embolie etc..) e tumorali. Però non è del tutto noto a quali altre conseguenze potrebbero portare: per questo motivo vengono definite Mutazioni clonali di Indeterminato Potenziale (CHIP). Negli Stati Uniti, presso la Harvard University, sono iniziate le ricerche con grossi investimenti alla scoperta di correlazioni tra CHIP e malattie, con l’idea che solo distruggendo la radice causativa o la infiammazione ad essa correlata si può ridurre l’incidenza di ictus, infarto, trombosi, tumori, Alzheimer.

Quale è il contributo dei medici ricercatori dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e di FROM – Fondazione per la Ricerca Ospedale di Bergamo all’approfondimento delle cause e degli effetti dell’infiammazione sull’organismo?

Tra le aree di ricerca di FROM e dell’Ematologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo l’argomento della emopoiesi patologica, come causa di malattie ad alta componente infiammatoria, ha avuto negli anni un grande sviluppo e ha portato a riconoscimenti scientifici internazionali. I risultati di numerosi progetti di ricerca nei casi con Covid-19 associati alle malattie clonali con lesioni genetiche acquisite, come detto hanno consentito di contribuire a migliorare la terapia e a ridurre la mortalità da Covid-19 in questi pazienti. Le linee guida di trattamento si basano pertanto anche sulle acquisizioni della ricerca effettuata a Bergamo, dalla FROM e dalla Ematologia del nostro Ospedale in collaborazione con numerosi centri europei.

Il Progetto RICO. Cos’è?

“Infiammazione e malattie: Progetto RICO Ricerca Istituzionale Collaborativa”, un progetto di ricerca promosso da FROM Fondazione per la Ricerca Ospedale di Bergamo ETS che coinvolge diverse specialità dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII (Ematologia, Cardiologia, Neurologia, Pediatria, Pneumologia, Gastroenterologia, Laboratorio di Biochimica) oltre che il Servizio Epidemiologia di ATS Bergamo. Per l’avvio del progetto è stato determinante il sostegno di BCC Milano. Lo studio si concentra sui fattori che portano ad infiammazioni persistenti e sui danni che ne conseguono. Si tratta di una ricerca trasversale, ampia, per indagare a fondo come i meccanismi di immunità naturale di difesa contro le infezioni possono trasformarsi in una causa di gravi malattie quali infarto, ictus, malattie croniche polmonari, trombosi venose, artrite reumatoide, diabete, asma, malattia di Alzheimer, tumori maligni, etc.

Come si articola lo studio?

Abbiamo discusso con i colleghi cardiologi del nostro Ospedale il primo protocollo del progetto RICO che intende capire se nell’infarto del miocardio si possono riconoscere i casi ad alta probabilità di possedere lesioni genetiche acquisite. Il protocollo è stato approvato dal Comitato Etico e i primi dati prodotti in collaborazione con i ricercatori della unità di Ricerca clinica, Sviluppo e Innovazione del nostro Ospedale, sono promettenti. Il progetto successivo riguarderà l’ictus nel quale, studi precedenti hanno dimostrato la presenza di emopoiesi clonale e infiammazione nel 15-20% dei casi. Ogni studio del progetto RICO dovrà obbligatoriamente comprendere valutazioni successive alla ospedalizzazione della durata di almeno 3-5 anni. Questi sono pertanto studi longitudinali che comportano il coinvolgimento del Servizio di Epidemiologia di ATS di Bergamo. Solo così sarà possibile tracciare la storia del paziente con queste lesioni genetiche e infiammatorie croniche in modo che la terapia possa essere diretta a mitigare i fattori di rischio, l’infiammazione e sperabilmente ad abbattere le mutazioni emopoietiche.

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