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La mancata zona rossa

“Potevano chiudere Nembro e Alzano, ma gli dissero il contrario”: l’inchiesta non tocca i sindaci, ecco perché

I primi referenti sul territorio erano gli ultimi a ricevere i dati sui contagi. Cancelli, ex primo cittadino di Nembro: "Ats ci diceva di essere rassicuranti. A creare confusione sulla zona rossa fu anche la Prefettura"

Il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani è sicuro: secondo un decreto del 23 febbraio 2020, “in caso di urgenza”, c’era la possibilità “sia a livello regionale che locale di chiudere determinate zone”. In altre parole: tutti potevano istituire la zona rossa, osserva il pm: Governo, Regione e sindaci. Tutti potevano, ma nessuno lo ha fatto. Perché?

Attorno a questa domanda ruota parte della maxi inchiesta sulla gestione della prima ondata Covid in Bergamasca, che però non vede indagati i primi cittadini. Capirne il motivo è interessante. Tra le ipotesi di reato formulate nei confronti dell’ex premier Giuseppe Conte e del governatore lombardo Attilio Fontana c’è quella di epidemia colposa aggravata. Secondo i pm, non sarebbero state adottate “misure di contenimento e gestione adeguate e proporzionate all’evolversi della situazione”. Il riferimento è alla zona rossa nei comuni della Val Seriana, soprattutto Alzano e Nembro, nonostante avessero“piena consapevolezza – scrivono – che l’indice di contagio avesse raggiunto valore pari a 2, e che nelle zone ad alta incidenza del contagio gli ospedali erano già in gravi difficoltà per il numero di casi registrati e per il numero di contagi tra il personale sanitario”.

Anche i sindaci Camillo Bertocchi (Alzano Lombardo) e Claudio Cancelli (Nembro) avevano senza dubbio consapevolezza di ciò che stava accadendo nei loro paesi. Ogni giorno vedevano la gente ammalarsi, morire e chiedere aiuto, ma parliamo di una consapevolezza diversa: dettata più dall’esperienza sul campo che da una puntuale conoscenza dei dati, necessari per avere una visione il più possibile oggettiva della realtà.

Lo spiega anche il microbiologo Andrea Crisanti nella relazione consegnata alla procura, senza risparmiare ai sindaci qualche critica, anche molto diretta: “Dai messaggi acquisiti dalla procura, scambiati tra i sindaci della Val Seriana con il dottor Massimo Giupponi, all’epoca direttore generale di Ats di Bergamo, emerge come i primi cittadini avessero ricevuto istruzioni di non prendere iniziative personali, mentre avrebbero potuto autonomamente istituire la zona rossa”. I sindaci avrebbero “preferito allinearsi alle indicazioni delle autorità sanitarie e politiche di Regione Lombardia”, invece di prendere decisioni che avrebbero bloccato il contagio. Al tempo stesso, però, Crisanti sottolinea come non avessero “le conoscenze tecniche e scientifiche per valutare autonomamente l’efficacia e la durata dei provvedimenti da prendere”. Ragion per cui, secondo gli inquirenti, ad avere gli strumenti per agire sarebbero state altre istituzioni, in particolare Regione e governo.

“Cerchiamo di informare costantemente la cittadinanza perché pensiamo sia doveroso farlo, in base alle informazioni ufficiali che abbiamo a disposizione. Ciò che vi riportiamo ogni giorno è esattamente ciò che a noi viene comunicato dall’Ats di Bergamo“, scriveva il sindaco di Alzano il 27 febbraio 2020, in uno degli innumerevoli messaggi rivolti alla cittadinanza via Facebook. Per leggere in un suo post il numero esatto dei positivi bisogna però attendere il 3 marzo (la nota riservata del Cts che chiedeva al governo di istituire la zona rossa in Val Seriana è del giorno prima).

Bertocchi (centrodestra), contattato, sull’argomento preferisce non rilasciare dichiarazioni. A parlare liberamente, invece, è l’ex collega di Nembro Claudio Cancelli, ormai sgravato dagli impegni da sindaco. “Certo che li chiedevo i dati – racconta -. Non solo dei contagi, ma anche dei ricoveri e dei morti, ma averli era tutt’altro che semplice e immediato. La comunicazione con Ats iniziò ad essere accettabile soltanto agli inizi di marzo, quando il Covid circolava già da un pezzo. Prima, se un mio compaesano si ammalava, finiva in ospedale o peggio era deceduto, lo venivo a sapere col passaparola o dai social. La macchina epidemiologica di Ats (l’attività di tracciamento, ndr) non era per nulla efficiente”.

Secondo quanto riportato venerdì 3 marzo dal Fatto Quotidiano, i pm avrebbero anche acquisito delle chat nelle quali si parla di presunte indicazioni volte a nascondere i reali dati dei contagi ai sindaci. Il Pirellone lo avrebbe raccomandato alle Ats, forse per non scatenare il panico. Casualità o meno, “in quei giorni le comunicazioni che ci arrivavano e che quindi riportavamo ai cittadini erano sempre rassicuranti“, ricorda ancora Cancelli, ex professore di fisica che a metà marzo pubblicò uno studio sostenendo che i dati sui morti di Nembro fossero a dir poco sottostimati.

L’allora sindaco, infine, si riallaccia a una comunicazione ricevuta dalla Prefettura il 2 marzo (successiva, dunque, al decreto del 23 febbraio 2020, citato dal procuratore Chiappani e che conferiva ai sindaci la possibilità di fare la zona rossa). Tra le altre cose, si legge che “il potere sindacale contingibile e urgente si esaurisce nel momento in cui le circostanze dell’emergenza sanitaria richiedano un coordinamento di livello superiore, regionale o nazionale”. “In pratica – si domanda Cancelli – che cosa ci stavano dicendo? Che non potevamo fare nulla”. Parole che, forse, hanno aggiunto confusione alla confusione. Almeno nella testa dei sindaci, già alle prese con una situazione senza precedenti.

Generico marzo 2023
La comunicazione delle prefettura a cui fa riferimento l'ex sindaco di Nembro, datata 2 marzo 2020
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