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Al teatro sociale

Racconti e poesia: Ascanio Celestini con “Museo Pasolini” è testimone della nostra storia

Uno spettacolo fatto di reperti e memorie a raccontare il Poeta, grande icona del Novecento

Bergamo. La messa in scena è essenziale e piuttosto buia: non fosse per la luce di qualche lampadina, a stento si riuscirebbe a vedere qualcosa. Al centro del palco, una sedia rossa con attorno, sparsi per terra, diversi oggetti: una vaschetta, qualche scatola, dei contenitori. Poco più indietro, una porta in legno chiaro, rigorosamente chiusa – e mai aperta, confine netto tra quello che si conosce e ciò che si sa, ma di cui non si hanno le prove.

All’improvviso, dall’ombra emerge lui, Ascanio Celestini: l’ideatore, la guida e il custode del “Museo Pasolini”. D’un tratto, la scena si riempie di parole. Di racconti, storie, poesia. Quella “poesia inconsumabile” che resta anche quando tutto passa e va; quando la vita scorre inesorabile, gli uomini tramontano, i destini si arrendono. Quella poesia che ha fatto di Pier Paolo Pasolini un artista senza tempo e, della sua storia, “la storia italiana dalla fine degli anni del fascismo alla metà degli anni Settanta del Novecento”, per riprendere le parole di Vincenzo Cerami.

Celestini ripercorre la vita del Poeta prestando particolare attenzione alla cronologia degli eventi, senza tralasciare alcun dettaglio biografico e con un’accuratezza straordinaria. Le pause sono poche e sempre molto brevi, perché c’è troppo da raccontare e sono previste ‘solo’ due ore e mezza di spettacolo. La voce del regista e interprete riempie il teatro e la facilità con cui gli episodi si rincorrono non concede distrazioni al pubblico, attento e partecipe.

La narrazione si costruisce attorno a cinque reperti-chiave dell’esistenza dell’artista: la sua poesia scritta all’età di sette anni in dialetto friulano; il cimitero di Casarsa della Delizia, dove riposa con i famigliari; l’innocenza del comunismo in una bandiera piegata, stirata e riposta in un cassetto; la strage di Piazza Fontana; il corpo senza vita del Poeta.
Cinque reperti per un numero infinito di luoghi toccati, di spazi e tempi attraversati. Dalla casa materna in Friuli a Bologna, fino ad arrivare a Roma. La Roma in cui prendono vita i dialoghi tra Celestini e Pasolini che disegnano mondi e personaggi da cui l’intera narrazione non potrebbe in alcun modo prescindere. E allora, grazie alla maestria di un teatro di narrazione magistralmente portato in scena, allo spettatore pare di poter toccare con mano lo sporco realistico delle periferie della capitale; gli sembra persino di riuscire a comprendere come la storia di Pasolini finisca per essere anche la sua.

E tra i più disparati temi, dalla politica all’omosessualità, dagli spietati omicidi all’incoerenza di un mondo complicato, al visitatore-spettatore non resta altro che un lungo applauso al quale abbandonarsi.

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