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L'intervista

Regionali, la batosta di Carretta: “Che delusione! E a chi mi vuole sindaco di Bergamo dico: no, grazie”

Il racconto, tra un misto di delusione e amarezza, per una mancata rielezione da consigliere al Pirellone: "Ora una pausa di riflessione, poi si vedrà"

Bergamo. Quando ti apre la porta di casa, ti arriva addosso un senso, vero e profondo, di delusione e di magone. Tanto il rammarico, troppo. Ma tante anche le manifestazioni di stima e di affetto ricevute in meno di 48 ore.

Giura che il telefono continua a suonare, che i messaggi che gli sono arrivati sono tantissimi. E infatti è così. Mentre, seduta al bancone della sua cucina, ti prepara il caffè, due per la precisione, e ti regala un cioccolatino, effettivamente, da lontano, si sente un trillo ininterrotto, incessante, a ricordare che, se da una parte, nonostante 2410 persone abbiano scelto consapevolmente di scrivere il suo nome e cognome sulla scheda elettorale delle Regionali, dall’altro non è bastato perché lui, Niccolò Carretta, non ce l’ha fatta. Consigliere uscente, in questo prossimo governo ancora a firma Attilio Fontana non ci sarà.

Perché? Eh. Perché il suo partito, Azione, che ha tirato la volta a Letizia Moratti, candidata Presidente al Pirellone, non è riuscito a prendere abbastanza voti. E fa strano, perché a settembre, alle politiche, quando lui era nuovamente in pista per entrare in Parlamento, lo stesso partito ha sfondato quota 10%, mentre questa volta si è fermato al 3,54. Strano, ma vero. E non è che la sua campagna sia stata tanto diversa da quella fatta a cavallo con l’estate: sempre in mezzo alla gente, pronto a distribuire migliaia di volantini, macinando chilometri dalla bassa fino alle valli, battendo praticamente tutta la provincia bergamasca. Oltre che la città. Ma Bergamo, che è la sua roccaforte, grazie anche agli stretti rapporti tenuti con l’attuale amministrazione comunale, questa volta gli ha voltato le spalle.

Una sconfitta che fa male e che brucia. Non è stato facile convincerlo a raccontarsi. Ma quando lo ha fatto, aprendo la porta di casa e dei suoi pensieri, nel racconto non è emersa solo la consapevolezza di aver fatto tutto l’umano possibile, come del resto chiunque si sia candidato alla tornata elettorale, ma anche che, fin dal principio, la scelta di digerire Moratti come candidata era veramente difficile. Faticosa, ecco.

Tanto che, a metà campagna, Carretta non solo ha scelto di chiudere i commenti della sua pagina Facebook perché “all’inizio credevo che fosse solo la mia bolla a raccontare il dissenso”, ma ha anche cominciato a percepire come, incontri alla mano, il rifiuto della gente non fosse solo verso la politica. E le ultime due settimane le ha giocate in solitaria, in tutti i sensi.

Delusione dunque messa in conto, sì, ma pur sempre cocente. Tanto da dare le dimissioni, seduta stante, come segretario regionale perché “era un atto dovuto e le persone serie fanno così”. E mentre lo racconta, ti dice anche di un Carlo Calenda, il suo leader, che le ha accettate subito, senza fare una piega. Ma che poi si è incazzato da morire. A telefoni spenti, ovviamente.

E se fino a lunedì sera giurava di non voler stracciare la tessera del partito, ora dice che “ci sta pensando, soprattutto se non cambiano certi equilibri. Il Terzo Polo è e resta quello che è stato fino a settembre, senza nuove intromissioni o nuovi progetti”.

“Vediamo. Adesso ho bisogno di una pausa, lunga – racconta – non solo per metabolizzare, ma anche per disintossicarmi dalle tante cose che ho visto e che non mi sono piaciute. Ho bisogno di staccare, ho anche tanta voglia di dedicarmi alla mia famiglia. Basta sere fuori, sempre di corsa, sempre al telefono. È tempo di cominciare a pensare al mio futuro, anche lavorativo. Il fatto di impegnarmi al massimo per il bene comune non ha pagato. Il fatto di spendermi per la comunità non mi ha consentito, alla luce dei fatti, di raccogliere quanto avevo seminato. E due sconfitte così, quella di settembre per un pugno di voti, e quella di adesso, non lasciano spazio all’interpretazione. Senza dimenticare, poi, le tante persone che mi hanno deluso, le invidie e le cattiverie che ho bellamente percepito e vissuto sulla mia pelle, le manovre calcolate e mai capite che poi hanno trovato una spiegazione. Negativa, ovviamente”.

Ma i pensieri fanno giri immensi, e poi ritornano. Come gli amori, diceva una canzone. Ed è così che, quando mette in fila quanto ha fatto e lo racconta si commuove e si lascia scappare la frase che dice tutto: “io quella cosa lì ce l’ho dentro”.

E allora, forse, questo è il motivo per cui la politica non deve perdere un giovane bravo e preparato come lui.

E allora, forse, questo è il motivo per cui conviene che vada a cena con il sindaco Giorgio Gori, con cui dovrebbe vedersi la prossima settimana.

E allora, forse, questo è il motivo per cui conviene ascoltare le voci dei molti che gridano ad una sua discesa in campo in città.

Lui spegne subito gli entusiasmi. “Io primo cittadino? Mai”. Ma a parlare, forse, è ancora la botta a caldo o l’eccesso di pudore, la ferita troppo aperta, il rigetto per un mondo, quello della politica, che l’ha profondamente deluso. E si badi bene, “non perché non sono entrato io ma un altro. Solo perché questa è la prova che è stato vanificato quanto di buono ho cercato di fare, lavorando sempre e solo per la comunità e per la mia terra”.

Ma il tempo è galantuomo, così si dice. E a noi non resta che aspettare.

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