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Arte

Bergamo

Doppi sensi, allegorie ed enigmi: alla Carrara il fascino di Cecco del Caravaggio fotogallery

La mostra sarà allestita fino al prossimo 4 giugno

Bergamo. Doppi sensi, allegorie, enigmi: il fascino di Cecco del Caravaggio sta nell’ambiguità delle sue soluzioni iconografiche oltre che nella sofisticata e prodigiosa abilità tecnica, che si non si ferma di fronte alle più ardite sfide compositive.

Basta l’incantatorio “Fabbricante di strumenti musicali”, opera-icona arrivata da Londra, di cui si dubita tutto, l’identità (artigiano? musicista?), ciò che stringe tra le labbra (fischietto? pallina?), ciò che regge nella mano (moneta? sonaglio del tamburello?) a stregare l’osservatore con la sua conturbante complessità allegorica, spettacolare nei dettagli della figura e della natura morta di strumenti e rebus d’oggetti in primo piano, fino al cassetto dischiuso che si apre ammiccante verso chi guarda.

Basta il suo omonimo pendant arrivato da Atene, che gli sta al fianco in mostra, un quadro a colpo d’occhio quasi uguale ma ricco invece di varianti, negli accessori del vestito, nel cappello, nella postura del tamburello, nell’espressività dei volti, per capire che con Francesco Boneri, detto Cecco del Caravaggio, siamo di fronte a un virtuoso della pittura, di raffinate e sfrontate doti intellettuali, che dipingeva per un’élite in grado di cogliere le valenze alluse, anche licenziose, volutamente criptate nei suoi dipinti.

La mostra allestita in Accademia Carrara fino al prossimo 4 giugno vale assolutamente la visita, anche perché dimostra una volta di più che oltre ai grandi nomi consacrati dalla tradizione, la storia dell’arte ha in serbo ancora molti tesori da attribuire e personalità da definire che possono competere nell’olimpo dei grandi.

Di Cecco, grazie soprattutto agli studi di Gianni Papi, esperto del Merisi e della sua cerchia e curatore della presente esposizione insieme a Maria Cristina Rodeschini, possiamo dire ora che fu lombardo e bergamasco, forse di Alzano. Che visse a lungo Roma a condividendo l’alloggio e l’intimità del Merisi, col quale ebbe un legame speciale, tanto che Caravaggio lo ritrasse almeno sei volte nelle sue tele. Che fu a Napoli nel 1606, quando il Merisi vi si rifugiò in fuga dalla pena capitale per omicidio, che tornò poi a Roma e da lì in poi non se ne seppe più nulla – anche se Papi ipotizza un suo rientro in Lombardia, come attesterebbero anche “Il San Francesco orante” e la “Decollazione del Battista”, parte integrante di una storica collezione privata bergamasca.

Nella ricostruzione biografica e artistica di Cecco sono stati indispensabili i confronti con altri pittori, le cui opere sono in mostra, simili per scelte iconografiche e stilistiche, tra cui il fiammigo Louis Finson, i pittori della schola del Merisi Bartolomeo Manfredi e Giovanni Antonio Galli detto Spadarino, il misterioso monogrammista RG così vicino a Cecco che due sue opere qui esposte erano state attribuite a lui, il precursore Giovanni Gerolamo Savoldo, di cui si possono ammirare due magnifiche “Adorazioni dei pastori”.

Il percorso si snoda così lungo 5 tappe, dalla Schola di Caravaggio, all’indagine sulla radice lombarda, al rapporto tra artisti comprimari in quel di Napoli, all’affermazione a Roma, all’influenza che Francesco Boneri esercitò su altri aristi, tra cui Evaristo Baschenis, le cui seducenti e illusionistiche composizioni di strumenti musicali devono forse non poco ai superbi brani di natura morta con strumenti di Cecco.
Le sezioni centrali della mostra sono le più nutrite e impressionanti perché mettono in fila opere di assoluta maestria, come il “Flautista” con la fastosa ed enigmatica tavola carica di frutti, il “San Lorenzo” dalla vigorosa presenza scenica, la “Decollazione del Battista” di cui colpisce la regia distaccata dei corpi e delle luci, le due perturbanti tele “Amore al fonte” e “San Giovanni Battista al fonte”, la cui seducente nudità e postura sono più che anticonvenzionali,la teatrale “Cacciata dei mercanti dal tempio”, con l’autoritratto in disparte di Cecco che si distacca infastidito dalla scena.

Ma la prima sala della mostra vale già di per sé la visita: fino al prossimo 26 marzo accoglie il visitatore il meraviglioso “San Giovanni Battista” di Caravaggio, dove si può riconoscere nel modello un Cecco quindicenne dal bel volto e dal corpo adolescente, mentre a partire dal 27 marzo gli darà il cambio il celeberrimo “David con la testa di Golia” della Galleria Borghese, dove un compassionevole David-Cecco regge la testa stravolta di Golia-Caravaggio. Del legame affettivo tra Francesco Boneri detto Cecco e Michelangelo Merisi detto Caravaggio si percepisce qui tutta la forza: un legame espresso con forme di grande modernità, “da lasciare sbalorditi” e che, afferma Papi, “trova in questo quadro una dichiarazione estrema, nel dolore e nello smarrimento di un tempo incerto di futuro”.

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