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Bergamo

Disagi nelle case Aler alla Malpensata: “Strutture senza ascensore, anziani bloccati in casa” fotogallery

Immobili di quasi cinquant’anni senza alcuna ristrutturazione, barriere architettoniche e problematiche strutturali: “Non esiste un referente, richieste inascoltate”.

Bergamo. M.I. vive da solo al secondo piano delle case Aler della Malpensata, su via San Giovanni Bosco, una struttura che include 48 appartamenti. Ha 69 anni e da 9 è affetto da una malattia degenerativa che lo rende invalido al 100%, limitandolo nei movimenti. Vorrebbe poter uscire di casa in autonomia, ma non lo può fare, a causa delle barriere architettoniche.

“La scala in cui vivo non ha un ascensore”, afferma, “ho fatto richieste che Aler non ha accettato perché ha già programmato gli investimenti per i prossimi tre anni”. Il suo grido d’aiuto inascoltato segue una serie di richieste nella stessa palazzina: “Qui si fanno le cose a metà. Io vivo al civico 58. Al 52 hanno fatto richiesta anni addietro ed è stata esaudita, così come al 56A, quando è arrivata una persona invalida motoria”. Le case, costruite nel 1974, hanno la predisposizione per l’ascensore.

Si è fatta tramite della situazione Oriana Ruzzini, candidata al consiglio regionale per Alleanza Verdi Sinistra Italiana, che a più riprese ha denunciato la situazione: “Ci sta dando una mano importante, portando avanti le nostre richieste. Quello che vorremmo è considerazione. Avere un referente, qualcuno con cui parlare, essere ascoltati. Cosa che Aler non fa”.

“Io vivo nel quartiere da sempre, sono nato qui di fronte”, prosegue M.I. indicando il complesso di via Luzzatti, 203 appartamenti, le case popolari più antiche d’Italia, erette oltre un secolo fa per regio decreto e oggi protette dalle belle arti, ragion per cui gli interventi strutturali sono più complessi e non è possibile aggiungere l’ascensore, nemmeno esterno. “Quando ho fatto richiesta ad Aler mi è stato proposto il cambio alloggio, se ce ne sono disponibili, ma nelle mie condizioni non posso certo affrontare un trasloco”.

Il caso di M.I. è solo uno dei tanti che si riscontrano nella zona: anziani con gravi situazioni di invalidità che vivono in appartamenti ai piani superiori e sono bloccati in casa a causa della mancanza di interventi — che non rientrano nel PNRR per una mancata richiesta di Aler. Oltre a un’asfaltatura al piazzale e la sistemazione delle grondaie, non sono stati effettuati interventi strutturali nei cinquant’anni di esistenza degli edifici.

“Abbiamo tantissimi problemi”, aggiunge A.M., 62 anni, che vive nella stessa struttura dal 1974, in un’altra scala. “Io ogni notte sento il vento che passa tra i muri e gli infissi. Entrano gli spifferi. Sono ancora le stesse finestre originali di quasi cinquant’anni fa, non c’è stato alcun intervento, ma l’azienda che aveva fornito questi infissi ora è fallita e non esistono più pezzi di ricambio. In casa sento il freddo. E se alzo il termostato devo pagare le bollette, che continuano ad aumentare. Dovevamo essere i primi ad avere le termovalvole sui radiatori: mai viste”.

“Altro esempio sono i citofoni: il tecnico ha detto che andavano cambiati. Io posso segnalare che il citofono è rotto, ma poi dovrebbe intervenire Aler. Ho dovuto metterci una vite per evitare che cada a pezzi. Le cassette delle poste sono esterne solo in metà delle scale”. L’elenco dei problemi è lungo, dalle fosse biologiche alle aree verdi mal gestite: “Ci sono lastre in giro per il giardino, si sono staccate dal portico e sono abbandonate da mesi. Foglie ovunque, rami tagliati, altri che a momenti entrano nelle finestre: vengono delle imprese, poi per problemi di appalti vanno via a metà giornata lasciando il lavoro incompleto”.

La lamentela principale che arriva dagli inquilini riguarda l’assenza di una figura che faccia da riferimento, qualcuno che possa essere una sorta di amministratore che porti i problemi ai piani più alti. Fino a pochi anni fa esisteva una persona che si occupava delle questioni di portinariato: era un dipendente di Aler, inserita su richiesta del Comune.

“Per un periodo abbiamo fatto l’autogestione, ma poi sono nati dissapori ed è saltato tutto. Chi gestisce la pulizia ora lo fa di sua spontanea volontà”, spiega M.I., “poi qui sotto vengono persone a bivaccare e fare rumore, disturbando anche di notte. Abbiamo chiesto alla Locale di passare ogni tanto e fare un presidio, ma non cambia nulla”.

“Qui c’era una ragazza che portava tante richieste ai piani alti, ma non venivano ascoltate. A volte prendeva iniziative da sola, con la speranza che nessuno se ne accorgesse. Quando è venuta a galla la verità, cioè che lei agiva senza il consenso dei vertici, non l’hanno più fatta lavorare”, spiega Cristina, una vita nelle case popolari di via Luzzatti, che oggi cerca di dare un supporto concreto con l’Associazione ‘Una Mano Per Tutti’ che raccoglie vestiti, mobili, cibo, stoviglie e quant’altro. Qualunque cosa raccolta nel quartiere da destinare alle famiglie più bisognose.

“Siamo collegati all’albergo popolare, grazie ad una convenzione con l’opera Bonomelli. Prima raccoglievamo i vestiti in uno spazio al piano terra delle case popolari, per noi era anche un punto di ritrovo. Aler è intervenuta per dire che quelle stanze gli servivano e ci ha mandato via. Abbiamo trovato una sistemazione qui di fronte in uno spazio vicino alla biblioteca. Il luogo in cui eravamo prima è ancora libero”.

Attraversando il complesso di via Luzzatti si nota uno stato di degrado. dai sacchi dell’immondizia abbandonati negli spazi verdi alle trappole per topi piazzate in tutto il cortile, oltre oggetti abbandonati da persone esterne (tra cui un divano). “Qui ci sono tante etnie diverse, 19 nazionalità, accogliamo tutti, stiamo bene tra noi”, continua Cristina, “ci sono famiglie di 4 persone che vivono nei bilocali”.

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