• Abbonati
La riflessione

“Scopri la pace”, un gioco in scatola per imparare a vivere senza guerra

Per mia figlia e per tutti coloro che sono adesso nelle scuole dell’obbligo... che bagaglio mai, che vocabolario mai si porteranno appresso dentro un’Europa capace non più di dialogare ma solo di armare le genti e di finanziare mercanti d’armi e di morte?

Mia figlia di dodici anni oggi risistemando il vecchio lo scatolone dei giochi ne estrae una scatola che non vedevo da anni, dalla grafica un po’ vintage e dal titolo commovente: “Scopri la pace”.

Svuotiamo il contenuto, allestiamo il piano di gioco e leggiamo le istruzioni. Semplici, anzi semplicissime. Si compone un puzzle “pace-guerra”, si dispone il piano di gioco con 63 caselle e vi si distribuiscono in ordine sparso, col dorso rivolto in alto, 9 presidenti, 9 chiavi, 9 televisioni, 10 missili, 1 bomba atomica, 25 foglie, 60 fiori, i segnaposto e un dado. Scopo del gioco è togliere, uno alla volta, i 9 tasselli che formano il puzzle della guerra e arrivare a “scoprire la pace”. Per toglierne uno occorre che i giocatori, anche condividendo i propri pezzi, formino una combinazione di tre dischetti: con una TV, una chiave, un presidente si può togliere un tassello di guerra, ma solo a condizione che nel frattempo non siano state scoperte armi che rappresentano la minaccia alla Pace. In tal caso occorrerà prima neutralizzare le armi scoperte trovando sul tabellone le foglie: 2 foglie eliminano un missile, 5 foglie la bomba atomica. Ogni giocatore che avrà contribuito a formare una combinazione riceverà tanti fiori quanti sono i dischetti che ha offerto. Per ogni foglia utilizzata per eliminare le armi si riceve un fiore. Quando tutti i tasselli del puzzle della guerra saranno tolti, sarà proclamato vincitore chi avrà più contribuito alla pace, cioè chi avrà più fiori.

Giochiamo per mezz’ora, ci arrabbiamo quando finiamo col dado su un missile e tanto più resto male io quando pesco l’atomica. Esultiamo ogni volta che troviamo una foglia, facciamo a gara ad accumulare fiori e a eliminare ordigni, finché alla fine siamo felici alla pari, anche se io ho accumulato più fiori di lei, per avere riportato insieme la pace sul piano di gioco.

Che meravigliosa leggerezza in quella mezz’ora, giocando all’abc della pace, con parole che sembrano uscite dai racconti e dalle canzoni di Gianni Rodari e Sergio Endrigo (“per fare tutto ci vuole un fiore”). Una logica talmente intuitiva da essere lapalissiana. Per costruirla, la pace, occorre toglierle di mezzo, le armi. Se tu metti due foglie, togliamo un missile. Quando abbiamo abbassato tutte le armi, grazie alla TV (diremmo oggi ai media) facciamo sentire la nostra voce e parliamo con i presidenti, che sono padroni delle chiavi della pace e della guerra. Un gioco per grandi e piccini, lo capiscono tutti.

Questa logica sembrava semplice anche ai grandi, quando io ero ragazzina. Si stava costruendo l’UE di Maastricht, si parlava solo di pace, di spirito di amicizia europea, di unione nelle diversità. Ricordo che alle scuole medie, metà anni Ottanta, ci facevano partecipare ai concorsi “I giovani incontrano l’Europa” indetti annualmente dalla Rai Radiotelevisione Italiana. Con un tema io vinsi un cappotto , una t-shirt e un viaggio a Berlino. Qualche anno dopo, nel 1992, Toto Cutugno rappresentò l’Italia all’Eurovision Song Contest con la canzone “Insieme”, che vinse sulle ali di parole come “Con te, così lontano e diverso / con te, amico che credevo perso / io e te, sotto lo stesso cielo / insieme, unite unite Europe /L´Europa non è lontana / c´è una canzone italiana, per noi / insieme, unite unite Europe”.

L’integrazione europea era innanzitutto un progetto di pace e questo lo si apprendeva fin dal primo anno di scuola, con i temi assegnati dai maestri sul “sogno europeo” e sulla “fratellanza tra i popoli”.

Noi, cresciuti nell’ultimo strascico di guerra fredda, siamo venuti su nel segno del disarmo e nell’orizzonte della pace. Personalmente, ne sono stata talmente imbevuta su tutti i banchi di scuola che ho occupato da studente, che risvegliarmi nel 2022 e apprendere, come ci è toccato di leggere e sentire a più riprese in questi mesi, che “l’Europa non è stata mai così unita come oggi”, oggi che invia barcate di armi a Kiev, ogni volta mi fa raggelare – e stento a credere a ciò che accade.

Che cosa ci avevano insegnato allora? E dunque, se ci avevano insegnato una cattiva lezione, a noi nati negli anni Settanta e cresciuti alle scuole dell’obbligo con l’esame di quinta elementare e col voto in sessantesimi alla maturità, allora ditecelo voi oggi che ci governate e che ci correggete, quale è la buona lezione?

Mia figlia ha 12 anni adesso. Che parole devo usare per spiegarle quello che stiamo facendo? Ditemelo voi, che affermate che “gli aiuti militari a Kiev servono a far cessare la guerra non ad alimentarla”, spiegatemelo voi come fare a spiegarlo a lei. Tanto più che la guerra imperversa.

Inventate il nuovo gioco “Scopri la pace” che dimostri in modo intuitivo, comprensibile per tutti, grandi e piccini, che inviando le armi si giunge alla pace.

Inventate la nuova canzone “Insieme” in cui chiarite il concetto condiviso di Europa che oggi ci sfugge.

È passato quasi un anno da quando le armi hanno cominciato a sparare e da quando l’Europa ha iniziato a rifornire l’Ucraina di ordigni. Possibile che nessuno senta pietà per tutta una generazione di gente spinta al macello, da una parte e dall’altra, sotto il tiro di questi armamenti?

“Arma virumque cano”, “canto le armi e l’uomo” recita il più famoso incipit della letteratura latina.. ecco, siamo forse tornati alle origini, quando l’epos dei popoli cantava i cataloghi delle armi e la lista dei morti ogni giorno più lunga. Credevo che, tra secoli lunghi e secoli brevi, da allora fossero passati duemila anni.

E invece siamo ancora fermi lì, a giocare al vecchissimo gioco della guerra e a sperare che il sangue che scorre faccia prima o poi gridare “vittoria” al nostro alleato.

Io so solo che “SCOPRI LA PACE” l’ho rimesso nella sua scatola, dopo una partita. E’ una perversione giocare alla pace con strumenti e parole di pace, mentre pratichiamo la guerra, inviamo razzi, puntiamo il nemico. E’ un paradosso che fa troppo male, che svuota quel poco di senso rimasto depositato nella coscienza di chi ha imparato un concetto d’Europa che ora è introvabile se non nei ricordi.

E non lo dico per me o per noi cresciuti mentre cadeva il muro di Berlino, che abbiamo fatto a tempo a vivere almeno una fase di speranza. Ma per mia figlia e per tutti coloro che sono adesso nelle scuole dell’obbligo.. che bagaglio mai, che vocabolario mai si porteranno appresso dentro un’Europa capace non più di dialogare ma solo di armare le genti e di finanziare mercanti d’armi e di morte?

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI