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A caravaggio

Sparatoria in cascina, gli altri due indagati: “Non ci aspettavamo che spuntasse una pistola”

Interrogati in carcere hanno ammesso la loro presenza nella spedizione punitiva dello scorso 5 settembre, ma non erano a conoscenza dell'intenzione del terzo arrestato di utilizzare l'arma

Caravaggio. Hanno ammesso la loro presenza alla spedizione punitiva nei confronti del 42enne marocchino che occupava abusivamente una cascina a Caravaggio. Ma non si aspettavano che spuntasse una pistola né tantomeno che l’uomo venisse gravemente ferito alle gambe in seguito all’esplosione di diversi colpi.

È la versione di due dei tre cittadini italiani di origine sinti, L.E. e C.E., rispettivamente 46 e 76 anni di Calvenzano, arrestati lo scorso 25 gennaio con l’accusa di lesioni aggravate con l’uso di arma da fuoco, tentata estorsione, detenzione e porto illegale di arma da sparo in luogo pubblico.

Lunedì mattina i due uomini sono stati sottoposti all’interrogatorio di garanzia nel carcere di Bergamo, dove sono detenuti. Assistiti dagli avvocati Andrea Pezzotta e Matteo Acquaroli, hanno scelto di rispondere alle domande del giudice delle indagini preliminari Massimiliano Magliacani per chiarire la loro posizione.

I fatti che vengono loro contestati e che hanno portato all’arresto in seguito all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare risalgono allo scorso 5 settembre. I tre arrestati, insieme ad altre 7 persone indagate ma a piede libero, si erano presentati alla cascina abbandonata in un podere di via Pirola. Il 42enne e la sua compagna, peraltro incinta, vi abitavano abusivamente e si erano più volte rifiutati di abbandonare l’alloggio.

Quella mattina si erano presentati in dieci per minacciare la coppia. Il terzo indagato, G.D.H., 53enne di Monza, avrebbe esploso un primo colpo di pistola da distanza ravvicinata, 4 metri appena, sfiorando la guancia sinistra del marocchino, poi gli avrebbe puntato la calibro 6 75 alla tempia. Infine gli avrebbe conficcato due proiettili nelle gambe, uno nella destra e un altro nella sinistra. Tutto questo mentre L.E. e C.E., padre e figlio, armati di spranga, colpivano e schiaffeggiavano ripetutamente la vittima, minacciandola di morte qualora non avesse lasciato al più presto la cascina. Il gruppo di persone, infatti, era interessato all’acquisto dell’immobile e del terreno adiacente, operazione che andava a rilento proprio a causa della presenza abusiva del marocchino e della sua compagna.

I due legali nelle prossime settimane valuteranno se presentare un’istanza per chiedere una misura meno afflittiva del carcere.

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