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I dettagli dell'agguato a caravaggio

“Facciamo la pace”, poi gli sparano alle gambe davanti alla compagna incinta fotogallery video

Padre e figlio di Calvenzano in cella dopo la brutale aggressione dello scorso settembre. Si sarebbero serviti di un 53enne pregiudicato di etnia sinti per convincere un 42enne marocchino ad abbandonare il casolare sul quale avevano messo gli occhi: "Un proiettile non lo colpì in faccia per mera fatalità"

Caravaggio. Un primo colpo di pistola lo avrebbe esploso da distanza ravvicinata, 4 metri appena, sfiorando la guancia sinistra di B.A., senza sfigurargli la faccia per “mera fatalità”. Poi gli avrebbe puntato la calibro 6 75 alla tempia, prima di invitarlo in cortile “per fare la pace”. Il tempo delle strette di mano, però, non era ancora arrivato: anzi, gli avrebbe conficcato due proiettili nelle gambe, uno nella destra e un altro nella sinistra. Tutto questo mentre altre due persone, padre e figlio armati di spranga, colpivano e schiaffeggiavano ripetutamente la vittima, minacciandola di morte qualora non avesse abbandonato al più presto la cascina di via Pirolo a Caravaggio.

È lì che dal maggio 2021 un piccolo spacciatore marocchino di 42 anni, arrivato dalla Germania, viveva abusivamente con la compagna incinta. Ed è lì che lo scorso 5 settembre sarebbe stato brutalmente gambizzato dai tre, arrestati mercoledì all’alba dai carabinieri di Treviglio e ora in carcere con l’accusa di lesioni aggravate, tentata estorsione, detenzione e porto illegale d’armi.

Quella mattina si sarebbero presentati in via Pirolo con dei nomi fittizi, intimando a B.A. di lasciare subito il casolare. Ma dopo un primo rifiuto le cose hanno cominciato a mettersi male. A sparare – si legge nell’ordinanza del gip Massimiliano Magliacani – sarebbe stato G.D.H, 53enne di Monza. A darsi da fare con mani e spranghe di ferro lunghe trenta centimetri, invece, L.E. e C.E., rispettivamente 46 e 76 anni di Calvenzano. Tre italiani di etnia sinti, secondo il gip contraddistinti da una “spiccata capacità a delinquere”, visto il loro comportamento violento e i numerosi precedenti penali. Considerazioni che il giudice estende in particolare a G.D.H, a cui padre e figlio si sarebbero rivolti per spaventare e ferire la vittima (senza volerla uccidere, osserva il gip, che non li accusa di tentato omicidio). Altre sette persone – compreso un minorenne – sono invece indagate a piede libero, in quanto considerate complici a vario titolo della spedizione punitiva.

Le indagini condotte dal pm Letizia Alosio hanno permesso di far luce sulle ragioni dietro all’aggressione che a settembre fece scalpore nella Bassa. Ovvero la volontà di “sfrattare” il 42enne e la compagna (che nel frattempo era rimasta nascosta in cascina) “traendone un ingiusto profitto – scrive il gip – dato dal possesso dell’immobile e dei terreni limitrofi senza averne alcun titolo”. Una volontà che emergerebbe chiaramente anche dalle conversazioni degli indagati. A tal proposito, le intercettazioni dimostrerebbero “con gravità indiziaria l’interesse personale ed economico di liberare la cascina per acquistare il terreno”, di proprietà di una donna di Varazze, in Liguria. Decisive, inoltre, le immagini delle telecamere che hanno ripreso le auto degli indagati in transito a Caravaggio, collocandoli nelle immediate vicinanze del casolare abbandonato prima e dopo l’aggressione. Nei prossimi giorni i tre arrestati avranno modo di spiegare la loro versione al gip.

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