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Il dramma

Inala gas dal fornelletto della cella: un altro detenuto muore in carcere a Bergamo

Non è chiaro se si tratti di un gesto estremo, o di un tentativo di ricercare ebbrezza finito in tragedia

Bergamo. Un uomo di 49 anni, F.C., è morto pochi giorni fa in una cella del carcere di Bergamo, dopo aver inalato il gas del fornelletto in dotazione. Al momento non è chiaro se si tratti di un gesto estremo del detenuto, oppure di un tentativo di ricercare ebbrezza finito in tragedia.

Condannato per reati connessi a problemi di tossicodipendenza e a una delicata situazione familiare, F.C. si trovava in carcere da poco più di un anno, ma dalla poche informazioni disponibili era nelle condizioni di poter usufruire di una misura alternativa e aveva presentato istanza di accesso ai benefici penitenziari in vista di un affidamento ai servizi sociali. L’Associazione Carcere e Territorio, in particolare, si era spesa con il Comune di Solto Collina (il 49enne era residente a Credaro) per una possibilità di tirocinio lavorativo.

Un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti era stato aperto a inizio mese dopo la morte di S.B.: originario di Valnegra, in alta Valle Brembana, avrebbe compiuto 60 anni il 26 dicembre. Condannato per rapina, si era sentito improvvisamente male nella notte tra il 2 e 3 dicembre, mentre giocava a carte insieme ai compagni di cella.

Episodi ravvicinati, ma non per questo isolati. A giugno, nel giro di pochi giorni, erano morti due uomini di origini nordafricane: detenuti nella quarta e ottava sezione, avrebbero fatto abuso di psicofarmaci.

“Sono tutte situazioni sintomatiche della situazione complessiva del carcere – osserva Gino Gelmi, vicepresidente dell’Associazione Carcere e Territorio che si occupa del reinserimento sociale dei detenuti -. Oltre ai noti problemi di sovraffollamento (si parla di 520 reclusi a fronte di una capienza massima di 290, ndr) c’è il tema della dilagante situazione di sofferenza psicologica. I servizi di supporto sono fragili – spiega Gelmi – come le tante professioni che dovrebbero gestire la quotidianità in un luogo complesso come il carcere”. Sotto organico di almeno 70-80 unità – fanno sapere fonti sindacali – anche gli agenti di polizia penitenziaria. Con tutto ciò che può conseguirne in termini di sicurezza e controllo.

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