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Il personaggio

Salvioni, l’allenatore bergamasco che ha conquistato Nizza: “Mi acclamavano tutti”

L'amichevole con l'Atalanta riporta in voga Bergamo nella città francese, nella quale l'allenatore di Gorlago ha trascorso anni memorabili

L’arrivo dell’Atalanta per l’amichevole fissata per venerdì 16 dicembre riporta a Nizza un po’ di Bergamo. Non per una questione di precedenti diretti con i nerazzurri, ma perché nella città francese proprio un allenatore bergamasco è stato acclamato dai tifosi e ha lasciato un segno in città. Parliamo di Sandro Salvioni, oggi 69 anni, alla guida del club dal 2000 al 2002.

Nella sua esperienza in panchina il tecnico originario di Gorlago ha lavorato nelle giovanili del Parma e con le prime squadre di Verona, Lumezzane, Ancona, Triestina, AlbinoLeffe, Cosenza, Monza e Lugano. Ha allenato Buffon, Belotti e Balotelli quando erano ancora in rampa di lancio.

La sua migliore esperienza, però, rimane quella con il Nizza in seconda serie francese, portato alla promozione in Ligue 1 nella sua seconda e ultima stagione.

Dal Parma alla seconda serie francese. Cosa l’ha portata a Nizza?

“Quando allenavo nelle giovanili il direttore sportivo era Giambattista Pastorello. Conoscevo bene anche il figlio Federico, che faceva il procuratore, frequentava il centro sportivo perché aveva dei giocatori. Mi aveva segnalato che c’era questa opportunità. In più il proprietario del Nizza in quel momento era italiano: Franco Sensi, al tempo anche presidente della Roma, che aveva altri progetti in città tra cui il nuovo stadio. E anche il direttore sportivo, Grillo, era italiano”.

Lei anche da calciatore ha sempre giocato in Italia. Come fu l’ambientamento in un paese nuovo?

“Sono andato a Nizza con mia moglie. Non parlavo francese, fortunatamente la presenza di italiani nel mio staff ha facilitato tutto, mi aiutavano con le traduzioni. Intanto io studiavo a casa la lingua. Il primo anno non fu facile perché giocavamo per salvarci e c’era un ambiente difficile: l’anno prima volevano essere promossi e invece sono rimasti in seconda serie. Non è stato facile. Anche con me al primo anno ci siamo salvati alla penultima giornata”.

E in quell’estate Sensi decise persino di vendere la società.

“Io poco prima del termine della stagione gli avevo detto di aspettare, perché avevo fiducia nel gruppo, pensavo che saremmo stati promossi nella stagione successiva. Però Sensi non aveva più interessi e alla fine ha venduto comunque”.

Siete comunque rimasti al timone.

“Sì, anche se nel mentre una persona ha cercato di mandarmi via. Il direttore sportivo Grillo mi disse che volevano un allenatore tedesco, Gernot Rohr, per avere relazioni sui giocatori, dato che da tempo allenava in Francia e conosceva bene il calcio francese. Dopo che Sensi ha venduto, l’allenatore tedesco era andato a chiedere alla nuova proprietà di prendere il mio posto, provando a mandarmi via”.

Non ci sono riusciti, fortunatamente: al secondo anno ha ottenuto la promozione.

“Sapevo di avere una squadra forte e giovane. Quando sono arrivato avevano un’alimentazione disastrosa, mangiavano di tutto alle 17 e poi la partita era alle 20. Io ho cambiato tutte le loro abitudini, sentivo che i ragazzi mi seguivano. Avevamo preso Pitau a centrocampo, proprio grazie alle relazioni di Rohr, e avevamo promosso il giovane Ayeli dalla primavera. E poi c’era Patrice Evra, che fu decisivo già alla prima partita”.

Come fu allenare un futuro campione come lui?

“Il suo procuratore era Pastorello. Si è presentato come un attaccante, ma come centravanti non mi piaceva, lo vedevo meglio come esterno alto. Lui però non era convinto. Provavo a spiegargli che si sarebbe trovato bene viste le sue caratteristiche, ma insisteva per giocare davanti. Nel primo anno infatti ha fatto poche partite. Nel secondo anno durante il ritiro ha iniziato a cambiare registro anche a livello personale, si è adattato. E ha fatto una grande stagione. Il resto è storia”.

Lo sente ancora?

“Mi manda sempre i messaggi, ricordandomi che l’ho convinto a giocare terzino… Doveva addirittura andare subito al Barcellona, poi è andato al Monaco. E da lì è iniziata la sua carriera straordinaria, che lo ha portato anche al Manchester United e alla Juventus”.

Anche Lei sicuramente a Nizza ha lasciato un ricordo meraviglioso.

“Abitavo in centro, sulla promenade. Appena ero arrivato quando andavo a prendere il pane facevo 150 metri per strada e non mi riconosceva praticamente nessuno. Dopo che siamo saliti in Ligue 1 invece mi acclamavano tutti”.

Sandro Salvioni Nizza

Chi erano gli altri giocatori che furono protagonisti di quella promozione?

“Era arrivato Meslin che aveva fatto 16 gol, c’erano altri giocatori forti come Rodriguez, Tamazout, Aulanier, Varrault, Pamarot che poi due anni dopo è andato al Tottenham. C’era un ragazzo algerino che si chiamava Cherrad, che è arrivato anche in nazionale. E a metà stagione avevo anche cambiato il portiere titolare. La squadra aveva una mentalità incredibile. Siamo stati promossi alla penultima giornata e all’ultima abbiamo vinto 3-4 contro il Laval arrivando anche al terzo posto”.

Come mai dopo quella promozione non è rimasto?

“La società ha rischiato il fallimento e poteva finire in terza serie. Io comunque avevo l’accordo per rimanere ancora un anno se la società si fosse salvata. Alla fine è andata bene, avremmo giocato in Ligue 1. Aspettavo l’ok per andare in ritiro ad Aosta con i ragazzi, che erano felici che fossi rimasto, ma ho scoperto che quattro giorni prima Gernot Rohr li aveva portati da un’altra parte, a mia insaputa. Alcuni giorni dopo ero in corridoio in sede, aspettavo di parlare col presidente per firmare il contratto e chiarire l’accaduto: Rohr passa e va in sala stampa dove c’erano tutti i giornalisti ad aspettarlo. Aveva preso il mio posto. Mi dissero di aspettare, ma me ne sono andato”.

Un colpo di stato. È quell il suo grande rimpianto?

“Sì, e non l’unico. Mentre aspettavo il verdetto sulla salvezza del Nizza ho avuto un’altra grande opportunità: ero andato a vedere alcuni allenamenti di Didier Deschamps al Monaco e si era creata l’opportunità di lavorare con lui. Ma io volevo fare l’allenatore del Nizza in prima squadra”.

La squadra come aveva vissuto questa situazione?

“I ragazzi erano dalla mia parte. Cinetti, che avevo avuto alla Vastese in C2, ex Inter, mi ha chiamato e mi ha spiegato che la società aveva chiesto ai ragazzi di votare per la nomina del nuovo allenatore: in 24 su 26 hanno votato per me. La società ha stracciato tutto”.

È tornato spesso a Nizza, nonostante questo?

“Molto di frequente, soprattutto quando ci giocava Mario Balotelli, che ho avuto con me al Lumezzane quando lui era poco più che un ragazzino: andavo a trovarlo insieme alla sua famiglia. Sarei dovuto tornare ad agosto 2022 per celebrare il ventennale della promozione, ma ho deciso di non andarci perché non mi andava di vedere persone che mi avevano trattato male”.

E come allenatore?

“Mi cercarono quando ero all’Ancona, ma avevo un rapporto solido col club e stavamo andando bene. Ne avremmo riparlato nella nuova stagione, ma intanto avevano chiamato un nuovo allenatore che era partito bene. E non li ho più sentiti”.

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