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Il commento

Opzione Donna, Peracchi: “La nuova ipotesi penalizza le lavoratrici e crea discriminazioni”

Il segretario generale della Cgil di Bergamo si esprime in merito ai possibili scenari relativi all’uscita delle donne dal mondo del lavoro

“La nuova ipotesi di Opzione donna penalizza le lavoratrici e crea discriminazioni”. Così il segretario generale della Cgil di Bergamo, Gianni Peracchi, si esprime in merito ai possibili scenari relativi all’uscita delle donne dal mondo del lavoro.

“Fermo restando che si deve ancora svolgere il dibattito parlamentare, ma è difficile che possano esserci modifiche significative, il nuovo testo di Opzione Donna penalizza le lavoratrici rispetto alla versione precedente. Quando è stata introdotta, prevedeva la possibilità che le donne potessero uscire dal lavoro a 57 anni d’età, poi questa soglia è stata spostata a 58 anni e in seguito a 60 con uno sconto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due. Quindi una donna che ha avuto due figli potrebbe andare in pensione a 58 anni mentre una senza figli a 60, creando di fatto una discriminazione tra le lavoratrici. Inoltre, in base al nuovo testo, si riduce molto la platea delle donne che possono usufruire dell’Opzione”.
Il segretario Peracchi prosegue: “Va considerato un altro aspetto: usufruendo dell’Opzione Donna, in termini economici, la pensione si riduce in modo significativo. Tutto questo porta a una riflessione: in un Paese in cui c’è bisogno di recuperare risorse, chi governa va a reperirle sempre dai lavoratori e dalle lavoratrici, non dagli autonomi con la flat tax per chi ha un reddito di 105mila euro e non con i vistosi ammiccamenti al nero a cui stiamo assistendo”.

LE STIME

Per finanziare Quota 103, Opzione donna e Ape sociale per il 2023 i milioni di euro stanziati dal nuovo esecutivo sono 726,4. Eppure le risorse che verranno effettivamente spese ammonteranno solo a poco più di un terzo: 274,3 milioni, con un risparmio di 452,1 milioni. È la stima dell’Osservatorio nazionale previdenza della CGIL e della Fondazione Di Vittorio, che hanno analizzato gli interventi sulle pensioni varati dal governo Meloni.
“Le ragioni di questo risparmio? Basta guardare le platee interessate dalle misure previste: complessivamente solo 25.615 lavoratori ne potranno usufruire in tutt’Italia, molti meno di quelli stimati dal governo nel Ddl Bilancio” riferisce Gianni Peracchi, segretario generale della CGIL di Bergamo. “Innanzitutto Quota 103 sarà davvero per pochi visto che, secondo la previsione della CGIL nazionale, consentirà l’uscita a 11.340 persone in tutto il Paese, di cui 9.355 lavoratori e appena 1.985 lavoratrici, rispetto alle 41.100 annunciate. Ancora meno persone usufruiranno di Opzione donna: solo 870 lavoratrici rispetto alle 2.900 previste, già poche in partenza. La modifica di Opzione donna si traduce in realtà in un’abrogazione dell’istituto, perché l’intervento è così radicale da determinare uno svuotamento della platea. Stesso trend per l’Ape sociale, di cui godranno 13.405 persone rispetto alla previsione di 20.000. Nel 2023 a fronte di quei 726,4 milioni previsti in manovra, poi, si sottraggono al sistema 3,7 miliardi tra taglio della rivalutazione delle pensioni in essere (-3,5 miliardi) e abrogazione del fondo per l’uscita anticipata nelle Pmi in crisi (-200 milioni). Se si considera il triennio, le mancate rivalutazioni ammonteranno a 17 miliardi”.
“Ecco perché il giudizio sulle scelte dell’esecutivo in materia previdenziale è per la CGIL nettamente negativo” conclude Peracchi. “Torniamo a chiedere una vera riforma del nostro impianto pensionistico, così come indicato nella piattaforma sindacale unitaria, attraverso l’uscita flessibile a partire dai 62 anni, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, la pensione di garanzia per i giovani e per chi ha carriere discontinue e povere, il riconoscimento del lavoro di cura e della differenza di genere, l’uscita con 41 anni di contributi senza limiti di età”.

LO SCIOPERO

Cgil, Cisl e Uil nazionali hanno proclamato uno sciopero generale contro “una manovra che va cambiata perché colpisce i più poveri, premia gli evasori e non prevede piani né industriale né energetico”. Per il territorio lombardo la mobilitazione è prevista per venerdì 16 dicembre.
In ciascuna provincia la protesta si svolgerà seguendo modalità e orari articolati a livello locale. A Bergamo sarà organizzato un presidio di fronte alla Prefettura di via Tasso (l’orario verrà comunicato all’inizio della prossima settimana).
Si scende dunque in piazza e per le strade di tutto il Paese per chiedere al Governo di modificare la legge di bilancio in discussione in Parlamento.
“Il Governo non ci ha ascoltati e ha deciso di varare una legge finanziaria che colpisce i poveri” si legge in una nota sindacale regionale. “Il Governo sta scegliendo la strada sbagliata per affrontare i problemi concreti delle persone in carne ed ossa. Contrasteremo queste scelte con tutti i mezzi a nostra disposizione con l’obiettivo di far cambiare le sue decisioni verso soluzioni adeguate a tutelare i soggetti relativamente più deboli, quelli che ormai da troppo tempo stanno pagando per intero gli effetti delle ripetute crisi”.

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