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L'intervista

Elisa Longo Borghini: “Tra automobilisti e ciclisti dovrebbe esserci più rispetto” fotogallery

La campionessa di ciclismo all'inaugurazione del Trek Store: "Chi è in auto deve sapere che è più forte e può fare del male a qualcuno: manca l'educazione stradale per crescere adulti consapevoli"

Lallio. Il 2 settembre ha aperto a Lallio il primo Trek Store della Lombardia, il quarto in Italia dopo quelli di Massa, Verona e Arezzo. L’azienda americana fondata nel 1976 è una presenza forte sul territorio orobico, complice la cultura ciclistica e proprio in città ha la sede centrale italiana.

Nel tardo pomeriggio di venerdì si è tenuta l’inaugurazione ufficiale del negozio alla presenza di Elisa Longo Borghini, plurimedagliata stella italiana del ciclismo su strada e dal 2019 membro della Trek-Segafredo, che ha voluto rimarcare anche la sua passione per Bergamo: “Ho gareggiato qui nelle categorie giovanili, ma sono innamorata di Città Alta, è un posto che ha molto fascino”.

Arriva a fine anno dopo aver vinto una classica come la Parigi-Roubaix. Che emozione è stata?

“Una grandissima emozione e soprattutto inaspettata, perché era una corsa a cui non dovevo neanche partecipare. Non ho avuto nessun tipo di incidente meccanico, è stata una giornata da leoni che capitano ogni tanto.

Inoltre una delle caratteristiche che rendono iconica della Roubaix è quella delle docce. Ogni vincitore ha una placchetta nel proprio nome delle docce e dall’anno scorso, da quando è stata introdotta l’edizione al femminile, ci sono anche le nostre targhette. L’anno prossimo quando mi presenterò vedrò il mio nome nelle docce. È una cosa molto iconica, quelle di Roubaix sono docce storiche, in cemento, ci sono foto storiche di corridori che si tolgono il fango che fanno”.

 

Lo definirebbe uno dei momenti più alti della sua carriera?

“Penso sia stato uno dei punti più alti per la portata emotiva della vittoria, ma anche per il prestigio che sta acquisendo la corsa per le donne”.

Un altro segnale dei progressi che sta compiendo il movimento.

“Il movimento è cresciuto in maniera esponenziale, anche grazie a realtà come Trek che ha investito nel nostro ciclismo, squadre World Tour che hanno seguito a ruota l’esempio”.

Qual è la chiave per riuscire a crescere ancora?

“Sono nate nuove corse nella versione femminile, dalla Liegi alla Roubaix fino all’Amstel Gold Race. Io mi auguro che il Giro femminile possa diventare un’appendice del maschile, come è stato il Tour quest’anno, portandolo a inizio giugno e allungandolo. Secondo me le chiave di svolta è la visibilità e tutto ciò che i media possono fare per noi: aumentano gli sponsor, la visibilità. Io mi batterei per il minimo salariale a livello contrattuale, perché questo permetterebbe di essere atlete al 100% ed escluderebbe le ragazze dal dover lavorare e fare l’atleta. Già nelle categorie Continental è all’ordine del giorno”.

Il 2022 è in archivio, quali sono gli obiettivi personali per il 2023?

“Definiremo bene il calendario a dicembre, ma sono sicura che farò Giro e Tour e cercherò di fare molto bene al Tour. E poi avremo una Nazionale molto forte e sarebbe bello vincere il Mondiale. Soprattutto Bergamo ci può dare tanto”.

La tragica scomparsa dell’ex campione del mondo Davide Rebellin, travolto da un camion, ha riaperto un argomento purtroppo sempre attuale, quello della sicurezza stradale per i ciclisti.

“Penso che ci debba essere più consapevolezza da parte di tutti, bisogna sapere che la strada non è solo delle auto ma anche degli utenti deboli come biciclette o anche pedoni. In questo momento c’è poco da fare, bisognerebbe partire dalle basi, fare educazione stradale ai bambini e crescere adulti consapevoli. Io sono negativa e pessimista, perché mancano sia la cultura della bicicletta che il rispetto degli utenti deboli”.

In alcune zone di Bergamo avrà notato la presenza di linee tratteggiate che demarcano una zona della strada.

“L’ho notato mentre ero in auto ferma ad un semaforo: c’era un camion che occupava lo spazio e una signora non è potuta passare. Sono linee di demarcazione che dovrebbero dare all’automobilista un’idea di dove dovrebbero stare i ciclisti, ma sono un’arma a doppio taglio, perché viene portata via una fetta di carreggiata. Ma alla base di tutto, in ogni caso, ci dovrebbe essere alla base il rispetto, chi è in auto deve sapere che è più forte e può fare del male a qualcuno. Invece sembra quasi che debba a maggior ragione avere il sopravvento”.

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