“La lotta alla violenza stradale sarà difficile tanto quanto la lotta alla violenza di genere. Serve una rivoluzione culturale centrata sul rispetto dell’altro”. Se nella violenza di genere “è difficile perché ci sono di mezzo le passioni”, in quella stradale “c’è un’incoscienza troppo sottovalutata, dai singoli e dalla collettività. E non è neppure possibile intervenire con quegli strumenti di tutela preventiva ben collaudati contro la violenza di genere”, come il codice rosso e i centri antiviolenza.
È l’opinione del pubblico ministero Giancarlo Mancusi, in forze alla Procura di Bergamo, nel commentare la morte dell’ex campione di ciclismo Davide Rebellin in un incidente stradale nel vicentino. Mercoledì (30 novembre) il 51enne era in sella alla bicicletta quando è stato urtato e travolto da un camion, nei pressi dello svincolo autostradale di Montebello Vicentino. Il camionista non si sarebbe accorto dell’incidente, proseguendo la sua corsa.
Mancusi, oltre che magistrato, è un grande appassionato di ciclismo e per questo il suo intervento è tutt’altro che casuale. “Forse andrebbe anche rivisto il paradigma della responsabilità colposa – aggiunge il pm -. Viviamo in una società dove tutto è complesso, tutto richiede attenzione e abilità. L’imperizia, la negligenza, l’imprudenza che non siano lievissime non possono più essere ridotte a peccati veniali. Ma questo, forse, nel lungo periodo. Prima, e soprattutto, si impone una rivoluzione culturale. Deve passare il messaggio che il rispetto delle regole è l’essenza del rispetto dell’altro. Ben vengano le sanzioni – conclude -. Ma non rendono la vita a chi l’ha persa”.
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