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L'intervista

Ascom a sostegno del Terziario: “Un osservatorio permanente sul lavoro per colmare il gap domanda-offerta”

Il direttore Oscar Fusini illustra i contorni dell'iniziativa che si propone di connettere il mondo delle imprese con quello della scuola: "Il nostro piano sarà pronto a inizio 2023, per scelte più consapevoli e meno istintive"

Bergamo. “Creare un Osservatorio permanente che monìtori il ‘sistema lavoro’ in provincia; rendere strutturale la relazione tra il mondo delle circa 6mila imprese operanti nel comparto del turismo, che noi rappresentiamo, e quello delle Scuole; costruire, infine, un ‘ponte’ che avvicini il settore produttivo a quello della formazione”.

Questi i cardini del progetto che Ascom Bergamo sta predisponendo, allo scopo di iniziare a limare il più possibile il gap tra chi offre e chi ricerca un’occupazione nel Terziario provinciale.

“Il nostro Piano – esordisce Oscar Fusini, direttore dell’associazione che fa capo a Confcommercio – sarà pronto ad inizio 2023. Illustrarlo ad Istituzioni, scolastiche e non, ai nostri associati e, più in generale, a Città e provincia, sarà il nostro contributo all’individuazione di soluzioni locali, a problemi assai diffusi e, per questo, altrettanto ‘sentiti’. Questioni che, se non adeguatamente affrontate, rischiano di frenare e ingessare il Paese, in modo irrimediabile”.

“Non abbiamo alcuna intenzione di calare dall’alto alcuna ricetta” sgombra subito il campo Fusini. “Piuttosto – aggiunge – puntiamo a proseguire nell’ascolto dei vertici degli Istituti superiori della provincia, soprattutto quelli ad indirizzo tecnico, da cui esce la maggior parte delle ragazze e dei ragazzi che poi cercheranno occupazione nel nostro Terziario”. “Due incontri con i Dirigenti di alcuni Istituti – prosegue il direttore di Ascom Bergamo – ci sono già stati. Nei giorni scorsi ne è seguito un altro, a tre, in cui abbiamo coinvolto alcuni nostri associati. Abbiamo raccolto idee, proposte e suggerimenti. Alcuni di essi saranno certamente inseriti nel progetto che presenteremo a breve”.

La strategia è chiara: trovare una soluzione, la più condivisa possibile, ben consapevole del fatto che “a taluni difetti riscontrati nel percorso di formazione dei ragazzi, ne fanno da contrappeso altri riscontrati nei comportamenti di qualcuno dei nostri imprenditori” aggiunge Fusini.

Puntualizzato che “responsabilità e cose da correggere stanno da entrambe le parti, oltre che nei contesti familiari dei giovani”, Fusini risponde che, secondo lui, “il problema di fondo risiede, più che altro, nella fase dell’orientamento che si fa alle Medie”.

Ne è convinto, il direttore di Ascom, perché le indicazioni arrivategli da alcuni prèsidi sono convergenti. E cioè: com’è possibile che ad un (relativamente) alto numero di adolescenti che iniziano corsi di studio superiori, corrisponda un basso numero (“con percentuali ad una sola cifra”) di chi completa l’iter, conseguendo il diploma? Andando così ad accrescere il fenomeno della dispersione scolastica (prima) e ad ampliare (poi) il bacino dei Neet?

E a riprova di ciò, cita un dato: “Nella ristorazione, manca per lo più personale di sala. Ma di aspiranti cuochi ne abbiamo a bizzeffe”. Effetto ‘MasterChef’, lo definisce Fusini. Che aggiunge: “Un buon Orientamento, invece, illustrerebbe a ragazzi e rispettive famiglie il reale stato dell’arte in cui si trova il settore. Senza creare illusioni o falsi miti. Ne conseguirebbe che le scelte degli indirizzi di studio sarebbero decisamente più consapevoli e meno istintive”.

È da queste considerazioni che ha preso il via prima la riflessione in Ascom e poi i confronti con i Dirigenti di alcuni Istituti superiori bergamaschi e, da ultimo, anche quello con alcuni operatori del Terziario. Un lungo lavoro preparatorio, in vista della presentazione dell’annunciato Osservatorio permanente sul lavoro.

C’è però un’altra spada di Damocle che incombe sul settore dell’istruzione (e, in prospettiva, del mondo del lavoro): la denatalità. L’inverno demografico, come lo ha definito di recente il presidente dell’Istat a Bergamo, è destinato a mordere non poco, nei prossimi anni. E se la curva decrescente non invertirà la rotta, inevitabilmente gli imprenditori bergamaschi, al pari dei loro colleghi sparsi per la Penisola, dovranno cercare altrove le persone cui fare una proposta di lavoro.

“Una possibile soluzione, ma solo temporanea – suggerisce Fusini – potrebbe essere rappresentata dal varo di modelli formativi ad hoc per i Neet (i giovani che non studiano, non lavorano e nemmeno sono in training, nda)”, che l’Istat stima siano un paio di milioni, a livello nazionale: un quinto della popolazione lombarda.

“In provincia, il loro numero si aggira sulle 25mila unità: circa il 2% della popolazione residente. Nei loro confronti – suggerisce il direttore di Ascom Bergamo – si potrebbero mettere a punto metodi di apprendimento più vicini a quelli con cui la Generazione Z (cioè i giovani tra i 10 e i 25 anni) ha maggiore confidenza e dimestichezza: come i videogiochi reperibili in rete”.

Un’idea. Ma si può fare altro ancora. Oscar Fusini riconosce che anche da parte degli imprenditori del Terziario vadano fatti passi avanti. “C’è bisogno di impostare l’alternanza Scuola-Lavoro con nuove modalità” dice. E aggiunge: “Le imprese devono giocare un ruolo più proattivo. E noi, Ascom, dobbiamo aiutare gli imprenditori in tal senso. L’idea di fondo è di costruire un solido “ponte” al centro del quale fare incontrare giovani in cerca di un’occupazione e chi è disposto ad offrire loro tali opportunità”.

Numerosi, però, gli aspetti di cui tener conto. Dal versante datori di lavoro: al deficit delle competenze riscontrato tra chi risponde alle offerte, da qualche tempo si è aggiunto anche un deficit dei profili. Cioè, sempre meno candidati. Da qualitativo, cioè, il problema si è fatto anche quantitativo. “E per questo, noi dobbiamo aiutare gli associati ad accrescere le competenze nell’essere attrattivi” suggerisce il direttore di Ascom Bergamo.

Indispensabile, poi, una maggiore attenzione alle ‘competenze trasversali’ dei candidati. Altro fronte, altre riflessioni: per alcuni giovani è più facile rapportarsi alle persone tramite device piuttosto che col contatto diretto. Un’elevata competenza tecnologica che però cozza con lacune sul fronte comportamentale: “Alcuni imprenditori – sottolinea ancora Fusini – mi hanno detto che, certi atteggiamenti odierni, trent’anni fa non sarebbero stati minimamente tollerati”. Un monito indiretto, ma evidente, a certuni contesti familiari.

Il lavoro da fare, dunque, non manca. Quello che Ascom Bergamo ha messo in agenda è uno: “Riportare, quanto prima, le persone in grado di farlo, a lavorare. Guai a lasciarle troppo a lungo fuori dal ciclo produttivo. C’è il rischio che qualcuno viva quel periodo di distacco dal lavoro come una parentesi di riposo”.

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