Bergamo. Nuovo capitolo nella lunga e intricata vicenda della richiesta di revisione dei reperti del caso Yara Gambirasio avanzata dai legali di Massimo Giuseppe Bossetti, il carpentiere di Mapello condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne di Brembate Sopra.
Lunedì (21 novembre) la Corte d’Assise presieduta dal giudice Donatella Nava si è riunita per decidere sulla richiesta di opposizione alla revisione dei vestiti che Yara indossava la sera della scomparsa e ritrovati sul suo cadavere, ma anche delle provette utilizzate per analizzare il Dna, presentata dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini (e già bocciata in tre gradi di giudizio).
Una richiesta che arriva dopo che la stessa Corte, nel maggio del 2021, aveva detto no al ricorso dei due legali. Un diniego di fronte al quale Salvagni e Camporini si erano rivolti alla Corte di Cassazione di Roma, la quale aveva riqualificato il ricorso in opposizione, passando così di nuovo la parola a Bergamo.
Lunedì oltre ai due avvocati si sono così presentati in aula (a porte chiuse) anche il pubblico ministero che ha condotto le indagini sul caso Yara, Letizia Ruggeri, affiancata dal procuratore capo Antonio Chiappani.
E non è mancato un nuovo acceso scambio di vedute. Da un parte Salvagni e Camporini che hanno spiegato al giudice come la revisione dei reperti sia l’unico modo per poter chiedere una revisione del processo che ha portato alla condanna di Bossetti. Dall’altra il pm Ruggeri che ha ricordato il caso di Olindo Romano e Rosa Bazzi (i coniugi della strage di Erba) i cui avvocati avevano avanzato la stessa richiesta e che non è mai stata accolta. La Corte si è riservata la decisione.
Nell’udienza del 29 novembre si discuterà invece del ricorso in cui i difensori del muratore di Mapello chiedono di conoscere lo stato di conservazione dei reperti. In particolare le provette, conservate a lungo all’ospedale San Raffaele di Milano, che vennero poi sequestrate dalla Procura bergamasca e trasportate nell’Ufficio corpi di reato del Palazzo di giustizia.
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