Bergamo. Niente legittima difesa, come invocato dall’avvocato Enrico Pelillo, per Alessandro Patelli, il ventenne che l’8 agosto 2021 ha ucciso sotto casa a coltellate Marwen Tajari, tunisino di 34 anni, davanti alla compagna e alle loro due figlie.
La Corte d’assise, presieduta dal giudice Giovanni Petillo, nel condannare l’imputato a 21 anni di reclusione ha riconosciuto le attenuanti generiche (la giovane età e l’incensuratezza dell’imputato) equivalenti alle aggravanti, ovvero l’aver commesso l’omicidio in presenza di due minori e aver agito per futili motivi.
Ed è proprio quest’ultimo punto che contestano i parenti e gli amici di Patelli, riuniti in gruppo fuori dal tribunale dopo la lettura della sentenza. “Pato si è solo difeso, è stato provocato ed ha avuto paura. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere altrimenti. Lo conosciamo fin dalle scuole medie, è un tipo tranquillo, il più pacifico di tutti”.
Alla zia tremano le mani, si asciuga le lacrime: “Futili motivi? Ma se è stato il tunisino ad andargli incontro. Si è anche sollevato la maglietta in segno di sfida, per fargli vedere le cicatrici, gli ha messo paura e lui ha reagito”.
Dal tribunale esce Eleonora Turco, la compagna della vittima, accompagnata dai genitori e dalle due avvocatesse di parte civile. Sorride, ma il suo è un riso amaro: “Se sono contenta? Sono più soddisfatta che contenta. Questa sentenza non riporta indietro mio marito, ma almeno giustizia per adesso è stata fatta”.
Durante le varie udienze del processo la vedova, pur mantenendo sempre un contegno che è stato sottolineato anche dal pubblico ministero durante le conclusioni, è uscita più volte dall’aula: “La ricostruzione dei fatti spesso mi ha innervosito, quello sì. Io so cos’è successo, ero presente e sentirmela raccontare in un modo che non corrispondeva alla verità, mi ha ferito parecchio”.
Parla delle sue figlie la vedova, Benedetta di 13 anni e Sofia di 3: “Benedetta è seguita da tre psicologi, non da uno solo. Sta avendo diversi problemi, questo trauma dalla testa, dagli occhi e dal cuore non andrà più via. Io mi faccio forza e vado avanti, loro fanno più fatica. La piccolina ricorda meno, ma quando sente un’ambulanza la collega a quel giorno, dice che stanno portando via il suo papà, che lui è in cielo con gli angioletti”.
Le scuse da parte della famiglia Patelli non sono mai arrivate, né a voce né attraverso un aiuto, magari economico. Anzi, l’imputato dopo pochi mesi dal fatto ha scelto di rinunciare all’eredità, quindi sarà difficile che potrà risarcire i parenti di Tajari. La Corte ha stabilito comunque una provvisionale di 80mila euro per la compagna, 100mila euro a testa alle due bambine, 20mila a testa per la madre e i due fratelli, oltre al pagamento delle spese processuali.
“Dispiace perché non mi ha mai contattata nessuno di loro, non mi hanno mai chiesto se avevo bisogno di aiuto. Sono rimasta sola con due figlie da crescere, abbiamo dovuto cambiare casa perché in quella dove vivevo con Marwen non ci sentivamo più tranquille, sentivamo la sua voce, ci assalivano i ricordi e la tristezza. Non è affatto facile per noi, ma nessuno ci ha teso la mano, a parte la mia famiglia”, spiega Eleonora Turco.
“Ventun anni? Sono solo numeri, così come le cifre del risarcimento, che verosimilmente non verranno mai versate – dichiara l’avvocato Loredana Marinacci, che assiste le due figlie -. Siamo soddisfatte, anche se non ci può essere gioia in una sentenza del genere proprio perché Tajari non tornerà in vita e l’imputato è un ragazzo molto giovane”.
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