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La denuncia

Bergamo, i sindacati: “Inflazione alle stelle, ma per i lavoratori del terziario nessun aumento di stipendio”

Le sigle del comparto orobico: “In pandemia fatturati aumentati, ma per i lavoratori buste paga invariate. In provincia oltre 20mila addetti in attesa dei rinnovi contrattuali”

Bergamo. Sono trascorsi quasi tre anni dalla scadenza dei contratti nazionali del terziario. “Eppure nessun rinnovo è alle porte, mentre sempre più pesanti si fanno i colpi dell’inflazione”, osservano i sindacati. “Più che mai è diventato prioritario affrontare il tema del rinnovo dei contratti per dare finalmente una risposta salariale. Nel comparto del commercio sono quattro quelli già ampiamente scaduti” dichiarano Mario Colleoni, Claudia Belotti e Anila Cenoli, segretari generali di Filcams Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs di Bergamo.

“Il mancato rinnovo della contrattazione nazionale, in particolare nel terziario dove ampie sono le quote di lavoro povero, rappresenta un problema ormai strutturale nel nostro paese, con un’inflazione che corre, recentemente acuita anche dalla crisi energetica e dalla guerra in Ucraina – aggiungono i tre sindacalisti -. A peggiorare il quadro ci sono poi una moltitudine di contratti pirata e di part time involontari, una diffusa presenza di lavoro grigio e nero e politiche di gestione (a partire dal pubblico) del massimo ribasso negli appalti e nella scelta dei fornitori. Tutti fattori, questi, che anche nella provincia di Bergamo si concentrano soprattutto nei settori della ristorazione, delle pulizie e della vigilanza”.

“Le politiche dei sostegni temporanei e i bonus di carattere emergenziale non rappresentano una soluzione perché corrono il rischio di assegnare risorse a pioggia senza ottenere effetti duraturi di redistribuzione della ricchezza a vantaggio di chi ne ha più bisogno – proseguono Colleoni, Belotti e Cenoli -. È oggi necessario riflettere su come revisionare un modello di redistribuzione della ricchezza che non sta dando risposte a milioni di lavoratori dipendenti e non solo. La povertà lavorativa è aumentata negli ultimi vent’anni anni anche a Bergamo perché i redditi da lavoro giornalieri sono diminuiti. Nelle fasce più fragili della popolazione, risulta essere povero più di 1 lavoratore su 10”, dato calcolato sulle dichiarazioni dei redditi presentate.

“Occorre dunque sostenere con urgenza la capacità di spesa di singoli e famiglie, favorendo la contrattazione anche per aumentare le retribuzioni – concludono -. Oggi l’unico dato di fatto è che continuano a crescere i prezzi ma per lavoratrici e lavoratori del terziario ancora non c’è alcun aumento contrattuale. In questo contesto la povertà è vissuta sempre più come una negazione dei principali diritti umani. Non può non far riflettere il fatto che la partecipazione alle elezioni delle fasce più povere della popolazione sia in costante calo, così come la disaffezione verso tutte le istituzioni sia diventata un fenomeno sempre più di massa”.

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