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Dietro le quinte

“La Favorite”, viaggio nel mondo della sartoria tra pezzi unici e abiti che raccontano una storia fotogallery

Arte e genio si fondono in un laboratorio capace di dare forma ai pensieri tra pizzi, rocchetti, fili e stoffa

Bergamo. Un laboratorio di idee, magico, dove i pensieri, a suon di fili, spilli, aghi, rocchetti e tanta, tanta fantasia, prendono forma.

Entrare nella sartoria del Teatro Donizetti, a poco meno di una settimana dalla prima de “La Favorite”, il primo spettacolo che apre il cartellone della stagione lirica, è come entrare in un mondo a parte. Fantastico. Un andare e venire di costumiste e sarte, di maestri del fare, di artisti del cucire e del cucito che consumano passi lungo i corridoi e su e giù dai gradini delle svariate rampe di scale che dalla platea e dai palchi del teatro cittadino spalancano le porte di un universo parallelo. Un dietro le quinte speciale dove ogni piccolo pezzetto di stoffa, creato dal nulla o riadattato, racconta una storia e non solo quella dei protagonisti dell’opera, ma anche di chi ci mette ogni giorno genio e creatività.

Gli abiti che parlano la lingua degli attori, indumenti che esprimono, con i loro colori, stoffe, cuciture, bottoni e ricami, un pezzo della storia della lirica e, perché no, anche del teatro stesso.
Capi d’abbigliamento capaci di narrare, da guardare sì, ma anche da sfogliare, da leggere e da capire. Perché tutto deve far rima con perfezione. Tutto deve essere allineato con la trama, ma anche con i visi, con le espressioni, e quasi con i pensieri di chi li indossa e si trova ad impersonare un ruolo.

E il gioco di colori è tutt’altro che frutto del caso. Del resto, come il tenore e il mezzo soprano allenano le corde vocali durante le prove, accompagnati dalle note sapienti e potenti dell’orchestra che spunta alla vista nella fossa ma che riecheggia nell’animo e nella mente quando ci si allontana, anche la sartoria ha il suo da fare. E allora via alle prove di magia, un po’ come il cappello di Harry Potter, quando una semplice ciabatta Crocs diventa una scarpa col tacco dipinta di viola, un normalissimo cerchietto nero si trasforma in una parata di orchidee da mettere sul capo della Favorite, quando una normodotata giacca verde lime, “adattata” – come dicono loro -, prende vita giocando un ruolo di tutto rispetto nel vestiario dei teatranti. E la pennellata di colori non finisce certo qui.

Tutto trasuda arte, anche gli stand che ti accompagnano fino al cuore pulsante della sartoria. E, allora, come dimenticare l’azzurro e l’oro del vestito del Papa, l’ottanio che si mescola al cipria degli abiti col taglio stile impero, il tenue verde acqua di un abito che farebbe invidia a quello di una sposa, i cappotti in serie dai ricami irripetibili, fino ad arrivare al rosa e al salmone dei vestiti di raso che accompagneranno i tutù delle ventisette altre pretendenti.

Ed è tutto un misto di lavorio, professionalità e arte della manualità, tra giovani ragazzi indaffarati e mani esperte che si dividono tra mille fili colorati, macchine da cucire, spilli e metri. Il tutto in un vortice di emozioni di chi sa che ogni pezzo deve essere unico, come, del resto, anche ogni prova è unica e ogni serata è a sé. E a chiudere una serata unica, arriva lui. L’asso nella manica quando giochi l’ultima mano, la ciliegina sulla torta. Quello che non è ti è dato di fotografare, quello speciale. Interamente studiato e creato per lei: la Favorite. Quello capace di strappare gli applausi a sipario chiuso.

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