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Le indagini

Il mattino dopo Gherardi cercò notizie sulla possibile morte di Bonomelli: “L’avevano messa in conto”

L'imprenditore narcotizzato e rapinato a Entratico. Tra i "gravi indizi di colpevolezza" elencati nell'ordinanza di arresto, anche le ricerche effettuate su internet da uno dei quattro indagati, quando il cadavere della vittima non era ancora stato ritrovato

Bergamo. C’è un particolare che gli inquirenti ritengono significativo. Già a partire dalle 9.52 dell’8 novembre, Matteo Gherardi cercò sul suo cellulare notizie sulla possibile morte di Angelo Bonomelli, l’imprenditore di 80 anni narcotizzato e rapinato la sera prima a Entratico. In particolare, risultano le seguenti ricerche: “notizie oggi Bergamo e Provincia”, “bonomelli bergamo pompe funebri” e “morti oggi trescore balneario”, paese dove abitava la vittima.

La necessità di ottenere queste informazioni – quando non era ancora stato rinvenuto il cadavere e ben prima che la notizia trapelasse sui media – suggerisce che il 33enne di Gaverina Terme ritenesse quantomeno plausibile la morte dell’anziano. Un evento “concreto e prevedibile” riporta l’ordinanza di convalida dell’arresto firmata dal gip Maria Beatrice Parati, che parla di “gravi indizi di colpevolezza”.

Li elenca, uno dopo l’altro. La sera stessa, tra le 20 e le 20.30, Gherardi racconta di essersi recato insieme al padre Luigi e alla fidanzata Jasmine Gervasoni nel parcheggio di via Mattei dov’era stato abbandonato Bonomelli, trovandolo ancora privo di coscienza nella sua auto, nonostante fossero passate almeno due ore da quando gli era stato somministrato il rivotril, un farmaco a base di benzodiazepine – in Italia approvato ufficialmente come antiepilettico – da far assumere nella “minor dose possibile” a un anziano, specifica espressamente il bugiardino (ad ogni modo, solo gli esami tossicologici potranno stabilire con esattezza in quali quantità sia stato somministrato il farmaco, la cui dose massima giornaliera è pari a 20 mg).

Non solo. Matteo Gherardi, stando alle dichiarazioni rese durante l’interrogatorio, torna a controllare anche il giorno dopo: intorno alle 12 osserva nuovamente il corpo di Bonomelli, immobile all’interno del suo Fiat Freemont nero. Informa quindi l’amico Omar Poretti, 24 enne di Scanzorosciate: tra i quattro arrestati, quello che avrebbe materialmente versato il rivotril nel caffè poi servito alla vittima. C’è poi un altro comportamento sul quale si soffermano gli inquirenti: il fatto che il corpo dell’uomo – durante il tragitto dal bar Sintony di Entratico al parcheggio – sia stato spostato dal lato passeggero al lato guidatore (forse per far credere che si trovasse da solo in auto e simulare un malore) porta a pensare che i quattro fossero perfettamente consapevoli della gravità della situazione e delle eventuali conseguenze.

Percezione che sembra trovare riscontro anche nelle intercettazioni. Da quanto emerge, Matteo Gherardi e la fidanzata commentarono quanto stava accadendo ragionando sulle loro possibili responsabilità. La ragazza, in particolare, accusa Gherardi di non avere chiamato l’ambulanza. “Dal tenore delle conversazioni – si legge nell’ordinanza – si evince come fossero tutti preoccupati per lo stato di incoscienza di Bonomelli, ma avessero deciso di portare a termine l’azione criminosa senza allertare i soccorsi per timore di essere identificati”. Inoltre, tutti e quattro gli indagati erano presenti sia al momento della somministrazione del farmaco (poco dopo le 17.30) sia quando comincia ad avere i primi visibili effetti sull’anziano, tant’è che alle 17.56 le telecamere lo riprendono vistosamente barcollante – con le gambe che cedono e toccano l’asfalto -, trascinato e caricato sulla sua auto da Matteo Gherardi e Omar Poretti, mentre Luigi Gherardi e Jasmine Gervasoni salgono a bordo della Volkswagen Polo, diretti verso il parcheggio dove gli avrebbero sottratto circa 120 euro in contanti, il cellulare e l’orologio d’oro prima di allontanarsi definitivamente alle 18.24.

In estrema sintesi, in una ipotetica scala gerarchica delle priorità, la buona riuscita della rapina (e, ne consegue, l’impunità dei quattro) sembrava venire prima di tutto il resto, compreso lo stato di salute della vittima. “Si ritiene, quindi, che gli indagati avessero accettato il rischio di verificazione dell’elemento morto”, mostrando a tratti una certa indifferenza verso quell’anziano abbandonato al freddo, di notte, in stato di incoscienza. La sera stessa – si legge sempre nell’ordinanza – Gherardi, temendo di essere stato imbrogliato, cercò su internet il valore dell’orologio d’oro sfilato dal polso di Bonomelli: un Longines da 8-9 mila euro, rivenduto poche ore prima a 1.300 euro in un ‘Compro Oro’ a Bergamo.

 

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