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Il processo

Omicidio di via Novelli, l’imputato rinuncia all’eredità. Le parti civili: “L’ha fatto per non risarcire”

Secondo i legali che assistono la moglie, le due figlie di 13 e 3 anni, la madre e i fratelli della vittima, Alessandro Patelli non si sarebbe pentito di ciò che ha fatto

Bergamo. Tre mesi dopo aver ucciso a coltellate Marwen Tajari in strada, sotto gli occhi della moglie e delle sue due figlie, Alessandro Patelli ha rinunciato all’eredità. Non ha beni questo ragazzo, difficile che, in caso di condanna, riuscirà a risarcire in qualche modo la famiglia del tunisino, quella originaria e quella che si era costruito qui in Italia.

Gli avvocati di parte civile, che assistono la compagna della vittima Eleonora Turco, le due figlie Benedetta, all’epoca 12enne e Sofia, 2 anni, la madre, la sorella e il fratello di Marwen, hanno potuto chiedere solamente una provvisionale alla Corte d’Assise, presieduta dal giudice Giovanni Petillo.

L’avvocato Loredana Marinacci, legale delle due bambine, durante le conclusioni ha chiesto di “distogliere per un attimo l’attenzione dall’imputato e porgerla nei confronti delle due figlie della vittima. Benedetta e Sofia hanno assistito all’uccisione del padre. Non voglio suscitare il pietismo, ma è forte l’urgenza di spiegare ciò che è successo attraverso gli occhi di due persone che hanno visto morire in modo violento il loro papà, tra le braccia della loro mamma, in una pozza di sangue. È un ragazzino anche l’imputato, ma le persone che assisto io hanno adesso 13 e 3 anni. Che danno possono aver subito le due figlie del Tajari?”.

Benedetta ha subito “un vero e proprio trauma, è stato difficile avvicinarla ad un percorso psicologico. Prova rabbia, non capisce perché il padre è morto, deve trovare il modo per elaborare quel che è accaduto. Non vuole essere una gara del dolore, ma il padre gli è stato tolto da un ragazzo di 19 anni che quel giorno ha voluto impugnare un coltello e uccidere. Se era spaventato, Patelli poteva rincasare, gridare aiuto, c’era una caserma dei carabinieri lì vicino”.

Sofia era piccolina, è vero, “ma da quel giorno fa fatica ad addormentarsi, ha una personalità irrequieta. La compagna troverà il modo di andare avanti, anche solo per le sue bambine, ma le figlie? Non c’è spiegazione per ciò che è successo”.

Gli avvocati di parte civile e lo stesso pubblico ministero Paolo Mandurino hanno più volte sottolineato, nel corso del processo, l’atteggiamento particolare di Alessandro Patelli e della sua famiglia. “Il dolore è universale, c’è chi lo esprime e chi lo mantiene dentro di sé. Ma il pentimento è uno: sia lui sia la famiglia non hanno mai avuto parole di cordoglio, mai una scusa, una lettera, una telefonata a Eleonora. Alessandro ha solo rinunciato all’eredità”, ha dichiarato l’avvocato Marinacci.

L’avvocato Gino Salvatori assiste la sorella, il fratello e la mamma di Tajari: “Come facciamo a quantificare il risarcimento del danno, a quantificare il dolore delle persone che volevano bene a Marwen? Il comportamento processuale dell’imputato può anche sembrare artefatto: sempre con la testa bassa, senza mai guardare nessuno negli occhi”.

Il legale evidenzia anche l’atteggiamento di clemenza che c’è stato nei confronti di Patelli: “Raramente chi commette un omicidio volontario sta agli arresti domiciliari. E lui non si è mai messo in discussione, anzi, ha rinunciato all’eredità, si è libearto dei beni perché le parti civili non prendano nessun risarcimento. L’8 agosto non si è fermata solo la vita di Marwen, ha una sorella di 25 anni, un fratello di 30 anni, una madre di 60 anni. Anche la loro vita si è fermata quel giorno”.

Nella sua requisitoria, il pm ha posto l’accento sul comportamento dell’imputato, quasi impassibile: “Non ho visto mai una lacrima, un’espressione di turbamento o di sofferenza, nemmeno la sera stessa in cui è accaduto il fatto e io l’ho interrogato. Per tutto il processo è stato a testa bassa, i giudici hanno visto i suoi occhi solamente il giorno in cui ha rilasciato le sue dichiarazioni. Prova vergogna? Può essere, ma avrebbe dovuto affrontarla”.

“Quello che è emerso è un atteggiamento di sfida nei confronti dell’autorità giudiziaria – ha proseguito Mandurino -. Non si ravvede nessun pentimento, non c’è stata mai una lettera dal carcere, non ha mai contattato la famiglia di Tajari, non ha mai chiesto scusa. Ha sempre assunto il comportamento di chi è convinto di aver ragione”.

Accusa e parti civili hanno invece elogiato la compagna di Tajari: “La moglie è sempre stata composta, non ha mai manifestato atteggiamenti di rivalsa, non ha mai esagerato, ha mostrato anche comprensione nei confronti della famiglia di Patelli. Cosa che non c’è stata dalla parte opposta”, ha concluso il pm.

Per i loro sei assistiti le parti civili hanno chiesto una provvisionale di 100mila euro a testa.

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