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Le opinioni

Decreto anti-rave, i dubbi di avvocati e magistrati: “Perché una nuova norma? Non urgente e difficile da applicare”

Secondo il pm Giancarlo Mancusi, il presidente della Camera penale Enrico Pelillo e quello dell'ordine degli avvocati Francesca Pierantoni, la normativa solleva diverse perplessità

Bergamo. Fa discutere il nuovo decreto legge in materia di “occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali”, varato dal Governo Meloni in seguito allo sgombero del rave-party di Modena.

Il nuovo articolo del codice penale, il 434-bis, punisce le persone coinvolte nell’”invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. Una norma, ribattezzata fin da subito ‘anti-rave’, che fa molto discutere, sia in ambito politico sia tra gli addetti ai lavori.

La presidente dell’ordine degli avvocati di Bergamo Francesca Pierantoni, nel pomeriggio di mercoledì ha affrontato l’argomento all’interno del Consiglio, dove sono emerse diverse incertezze in merito alla novità. “In termini penali è discutibile ricorrere a un decreto legge per una norma incriminatoria – dichiara -. Si fa fatica a vedere l’urgenza in questo caso, il rave party di Modena è stato comunque sgomberato applicando le leggi già esistenti, quindi non si ravvisa un vuoto normativo. Non ci esprimiamo sulla scelta politica, ma abbiamo dei dubbi sul metodo”.

Concorda Enrico Pelillo, presidente della Camera penale di Bergamo Roberto Bruni: “Se in Italia c’è un’emergenza rave io non me ne sono accorto – dichiara -. I presupposti per ricorrere al decreto legge sono “i casi straordinari” e “la necessità e l’urgenza”, che in questo caso non sussistono. Non discutiamo la questione a livello politico-legislativo ma ci sono grandi perplessità per quanto riguarda il perimetro che coinvolge i giuristi”.

Il concetto di pericolosità al quale fa riferimento la nuova normativa, secondo l’avvocato Pelillo “è molto vago e troppo discrezionale. Mi auguro quindi che, in sede di conversione della legge, vengano inserite modifiche ponendo dei limiti alla genericità della norma. Inoltre il reato, così com’è formulato, rischia di toccare i diritti costituzionali di libera riunione e manifestazione. Non da ultimo, non si comprende perché il trattamento sanzionatorio sia così elevato, tanto da giustificare anche l’utilizzo di intercettazioni. Crediamo quindi sia necessario un vaglio serio su questi tre punti fondamentali”.

Il pubblico ministero Giancarlo Mancusi, avanza perplessità dal punto di vista pratico: “Un aspetto problematico sarà quello di dimostrare il dolo da parte degli organizzatori rispetto alla pericolosità dei raduni. Bisogna dimostrare che fossero consapevoli di creare un potenziale pericolo. Il rischio che si corre è quello di arrivare a processi con un’enorme mole di indagati, tra organizzatori e partecipanti ai raduni, che poi rischiano di naufragare in quanto la norma, così come è formulata, è molto interpretabile”.

Per diventare legge a tutti gli effetti, il decreto deve passare al vaglio del Parlamento entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che lo deve votare proponendo eventuali modifiche. Se ciò non avviene, essendo un atto normativo di carattere provvisorio, perde la sua efficacia.

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